Sentenze

Cassazione: la sedazione profonda non può essere praticata dal medico che esegue l'endoscopia

di Pietro Verna

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24 Esclusivo per Sanità24

La sedazione profonda non può essere praticata dal medico che esegue l’endoscopia, ma dallo specialista in anestesia e rianimazione, altrimenti si configura l’ipotesi di reato di esercizio abusivo della professione. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione ( sentenza n. 40847 del 2023) secondo cui risponde del reato di cui all'articolo 348 del codice penale "il medico gastroenterologo che eserciti abusivamente la professione di medico anestesista [...] nel corso della esecuzione di un esame endoscopico in cui vengono somministrati farmaci sedativi per i quali è prescritto il ricovero ospedaliero e la presenza di un anestesista-rianimatore".

La pronuncia della Cassazione

I Supremi giudici hanno dichiarato inammissibile il ricorso contro la sentenza con la quale la Corte di appello di Palermo aveva inflitto ad un gastroenterologo di Marsala la pena di due mesi di reclusione “per l’utilizzo di un sovradosaggio di sedativi ricompresi nella famiglia di benzodiazepine al fine di indurre la sedazione profonda dei pazienti sottoposti ad esami endoscopici”. Pronuncia che "suggella" le raccomandazioni del Gruppo di studio per la sicurezza in anestesia e terapia intensiva della Società Italiana Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia- SIIARTI, secondo cui:

- la scelta e la condotta dell’atto anestesiologico sono di esclusiva competenza del medico anestesista, che decide la tecnica di anestesia e la preparazione alla procedura, prendendo in considerazione le richieste formulate dal paziente (o dai genitori ove questo sia un minore, ovvero dal tutore se si tratta di soggetto sottoposto a tutela) e le indicazioni fornite dal medico richiedente;

- la decisione di eseguire esami di laboratorio, indagini strumentali o visite specialistiche supplementari prima di procedure diagnostico-terapeutiche richiedenti l’intervento di un medico anestesista deve essere presa dallo stesso anestetista, sulla base di indicazioni cliniche che includono l’età del paziente, la sua storia clinica, fattori di rischio presenti e tipo di procedura;

- il medico anestesista può ritenere controindicata l’anestesia, o decidere di posticipare la procedura diagnostico-terapeutica.

Fermo restando che a favore della sentenza della Corte di Cassazione milita il decreto del Ministro della salute 2 aprile 2015, n. 70 (Regolamento recante la definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera) nella parte in cui stabilisce che "per chirurgia ambulatoriale si intende la possibilità clinica, organizzativa ed amministrativa di effettuare [....] procedure diagnostiche e/o terapeutiche invasive e semi-invasive praticabili senza ricovero in anestesia topica, locale, loco-regionale e/o analgesia(fino al II grado della scala di sedazione) su pazienti accuratamente selezionati”.


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