Aziende e regioni

Appalti, un poker di contraddizioni

di Marco Molinari

Con la trasposizione nel nostro ordinamento della nuova Direttiva comunitaria 2014/24/Ue si spera che possano essere superate alcune contraddizioni dell'attuale sistema normativo sugli appalti. Sono almeno 4 i punti da chiarire e sui quali intervenire.

1° - Le PMI faticano a convivere con la centralizzazione degli acquisti
Al fine di favorire l'accesso agli appalti pubblici delle Pmi, l’art. 2, comma 1/bis del D. Lgs 163/2006, così come la L. 180/2011 (c.d. “Statuto delle imprese”) avevano stabilito che le stazioni appaltanti dovessero suddividere gli appalti in lotti funzionali e prevedere dei criteri di partecipazione alle gare tali da non escludere le piccole e medie imprese.
Purtroppo sono rimaste lettera morta.
Eppure, se le Pmi potessero aggiudicarsi gli appalti pubblici, potrebbero impiegare la manodopera locale rilasciando nei luoghi di esecuzione delle commesse la ricchezza che ne deriva. In questo modo farebbero da traino alla ripresa economica dando linfa alle economie territoriali che presidiano con la loro parcellizzazione, visto che il 94,9% hanno meno di 10 addetti e la percentuale sale al 99% se si considerano quelle fino a 50 unità.
La creazione di 35 Centrali di acquisto finalizzate a concentrare la domanda per ottenere economie di scala favorirà gli oligopoli a discapito delle Pmi visto che comporterà necessariamente l'aumento dei requisiti per la partecipazione agli appalti. Ciò ridurrà drasticamente la partecipazione delle Pmi, anche qualora si riunissero in Rti con altre imprese della stessa dimensione, restando loro l'unica possibilità del subappalto o dell'aggregazione in Rti con grandi imprese che però imporranno le loro condizioni come si è già avuto modo di sperimentare con gli appalti dei ticket restaurant e delle pulizie.

2° - Il criterio di aggiudicazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa mal si concilia con prezzi di riferimento
L’8^ Commissione lavori pubblici del Senato ha predisposto il testo base di delega per la compilazione del nuovo “Codice degli appalti pubblici e delle concessioni” attuativo della Direttiva 2014/24/Ue, prevedendo l'utilizzo preferenziale del criterio di aggiudicazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa misurata sul “miglior rapporto qualità/prezzo”, in sintonia con le disposizioni della Direttiva. Ciò dovrebbe far riflettere su come stimare i prezzi di riferimento (o costi standard), la cui introduzione ha innescato un processo di deriva verso prezzi sempre più bassi e quindi l’adeguamento delle offerte verso standard qualitativi conseguenti. Se poi si ridurrà anche la concorrenza in conseguenza della centralizzazione degli acquisti, non sarà più necessario dare il necessario peso al livello di qualità delle forniture, in contrasto con le disposizioni di cui sopra. In ogni caso, non devono essere più sottaciuti nè assecondati i “falsi non innocui” degli affabulatori della standardizzazione dei prezzi perché, come si sa, il diavolo fa le pentole ma non i coperchi. Ci sono infatti molti altri prodotti che potrebbero venire trattati come le siringhe di cui ci sono 2.980 tipi e per cui si spende circa 300 milioni di euro; ma nell'88% dei casi costano 0,11 centesimi mentre quella da 113 euro è una sola, molto particolare e usata solo in casi eccezionali. Bisogna sapere cosa si mette a confronto…

3° - Spending review per tagliare i prezzi che lievitano con la revisione
Il meccanismo della spending review/rinegoziazione prevista dell'accordo tra Governo e Regioni del 23 aprile 2015 che impone “la ridurre del 4% i prezzi unitari di fornitura o i volumi di acquisto rispetto a quelli contenuti nei contratti in essere e senza che ciò comporti modifica della durata del contratto”, contrasta con i principi dell'Unione Europea, con quelli nazionali e con quelli di ogni stato civile perché rispettare i prezzi stabiliti nei contratti non dovrebbe essere una facoltà, ma un obbligo giuridico. Ciò nonostante è la quarta volta che succede per cui sarà anche difficile tagliare ulteriormente ….
Ma che senso ha continuare a rinrgoziare per abbassare i prezzi se poi si continua a mantenere la revisione prezzi altrettanto sconosciuta al legislatore Europeo, per cui agli stessi fornitori obbligati a tagliare i prezzi viene annualmente riconosciuto un aumento degli stessi prezzi sulla base degli indici Istat dei prezzi al consumo per famiglie di operai ed impiegati (il cosiddetto indice F.O.I.) ?
Siamo alla schizofrenia pura, con il rischio che i tagli racimolati con le rinegoziazioni siamo inferiori alle maggiori spese derivanti dalle revisioni, come già trattato per difetto nell'articolo pubblicato su Il Sole 24 ore sanità n. 37 del 14/20 ottobre 2014

4° - Se nel più sta il meno...
Il Codice dei contratti approvato con D. Lgs 163/2006 ha uniformato la normativa degli appalti pubblici di lavori, servizi e forniture estendendo di fatto la Legge Merloni sui lavori pubblici (L. 109/1994) agli altri settori dei servizi e forniture.
Le conseguenze non sono state positive, essendosi appesantite le procedure per gli acquisti di beni e servizi che hanno altre esigenze e specificità rispetto ai lavori. Sono state poi ulteriormente aggravate dall'assoggettamento al controllo dell'Autorità di vigilanza dei lavori pubblici all’uopo trasformata in Autorità di vigilanza sui contratti pubblici (ora Anac) che a forse a causa delle sempre nuove competenze assegnatele, non è riuscita a svolgere neanche quella principale, alla luce dei casi di corruzione segnalati giornalmente dalla stampa, tanto che Cottarelli ne aveva previsto la soppressione… Ciò premesso ed avendo preso atto che nel corso del 2013 l'incidenza sulla spesa pubblica degli appalti di servizi è stata di circa 39 miliardi di euro (pari al 44%); quelli per forniture circa 27 miliardi di euro (pari al 31%) e quelli per lavori circa 22 miliardi di euro (pari al 25%) e che la forbice si è ulteriormente ampliata nel primo trimestre del 2014 (servizi 52%, forniture 27,2% e lavori 20,8%), sarebbe opportuno che fosse uniformata la normativa sui lavori a quella dei servizi/forniture che rappresentano ormai quasi l'80% dell'importo degli appalti pubblici. In alternativa, è necessario «smerlonizzare» i servizi e le forniture normandoli autonomamente rispetto ai lavori ed assegnandone la competenza al ministero dello Sviluppo economico anziché a quello delle Infrastrutture e Trasporti.


© RIPRODUZIONE RISERVATA