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Rapporto Oasi-Bocconi: Ssn già implicitamente "razionato"per un sistema sanitario universale non solo a parole

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24 Esclusivo per Sanità24

L’offerta del Servizio sanitario nazionale (Ssn) è gia implicitamente razionata e nei prossimi
anni l’evoluzione demografica è destinata a peggiorare la situazione se l’Italia manterrà
l’assetto di Welfare attuale, che vede una quota preponderante di spesa pensionistica.
L’allarme viene lanciato dall’edizione 2023 del Rapporto Oasi (Osservatorio sulle aziende e
sul Sistema sanitario Italiano), presentato all’Università Bocconi.
Le pensioni assorbono il 15% del Pil italiano e questa spesa, secondo le previsioni dell’ultima
Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza (Nadef), aumenterà di 64
miliardi (+22%) da qui al 2026. Una simile quota limita inevitabilmente le possibilità di
investimento pubblico in tutte le altre forme di welfare – in primis la spesa per la salute.
La crescita della spesa in sanità , infatti, non compenserà neppure l’inflazione, passando dal
6,7% del Pil del 2022 al 6,1% nel 2026, nonostante un aumento pari a 8 miliardi. «Già oggi
metà delle visite specialistiche e un terzo degli accertamenti sono a carico dei cittadini - afferma Francesco Longo, uno dei due coordinatori del Rapporto Oasi curato dai ricercatori
del Centro di Ricerche sulla Gestione Sanitaria e Sociale (CERGAS) di SDA Bocconi School of Management -. Ci troviamo nella paradossale situazione di riconoscere agli anziani pensioni relativamente generose, che sempre più spesso saranno spese in quelle cure mediche che il servizio sanitario fatica a erogare».
Con le limitate risorse a disposizione (il 6-7% del Pil in Italia è da comparare con il 10-11% di
Francia, Germania e Regno Unito), il Ssn deve prendere in carico una popolazione tra le più
anziane del mondo: il 24% degli italiani è over 65; il 40% dichiara almeno una patologia
cronica, il 21% una poli-patologia. Si stimano quasi 4 milioni di persone non autosufficienti «e il tasso di copertura dei loro bisogni e insufficiente», calcola Longo. «Anche adottando un
criterio ottimistico, il tasso di copertura del bisogno si ferma al 37%. Almeno il 62% della
popolazione con limitazioni funzionali, stimabile in 2,4 milioni di persone, non riceve alcun
servizio pubblico».
Questi dati e quelli sulle sempre più lunghe liste d’attesa segnalano che «l’offerta del Ssn e già razionata, ma implicitamente - sostiene l’altro coordinatore, Alberto Ricci -. Siamo di fronte a un universalismo dichiarato che, in realtà, è selettivo. Cio pone la questione, da valutare a livello di singolo servizio, se definire delle priorità consapevoli, orientate a individuare i bisogni più intensi e a rispondervi in maniera efficace, o continuare ad accettare un razionamento dettato, il più delle volte, dal caso o dalla capacita individuale di navigare il sistema burocratico».
I passi non indolori, ma necessari per raggiungere questi obiettivi: un’analisi dettagliata dei consumi di pazienti con profili di salute omogenei, per individuare le aree di over- e under-treatment, considerando nel conteggio anche quanto ottenuto in regime privato; la limitazione delle prescrizioni a quanto effettivamente erogabile; lo snellimento
delle procedure, facendo coincidere i momenti della prescrizione e della prenotazione.
Una riorganizzazione dei servizi dalla logica prestazionale alla logica di presa in carico sarebbe una modalità di spendere i fondi del Pnrr più efficiente di un potenziamento dei servizi a modello invariato, che non avrebbe possibilità di rivelarsi sostenibile nel lungo periodo.


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