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Stabilità 2016/ Le Regioni al Governo: «Non assorbibili ulteriori tagli senza una riduzione dei servizi»

di B.Gob.

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24 Esclusivo per Sanità24

Anteprima. «Non sono assorbibili ulteriori tagli del comparto regionale senza una riduzione dei servizi (qualsiasi politica di revisione della spersa ha tempi tecnici di applicazione e di ritorni in termini di risparmio soprattutto perché le manovre di risanamento della finanza pubblica hanno già compresso la spesa primaria regionale del 55%)». Questo l’avvertimento lanciato dalle Regioni nel paper - messo a punto dalla commissione Affari finanziari e ora all’esame dei Presidenti - di “Valutazione dei rapporti in materia finanziaria con il Governo con particolare riferimento alla legge di Stabilità 2016”.

Il documento in 5 punti - che nella sua versione definitiva sarà portato al tavolo con il Governo fissato per martedì prossimo, in vista della presentazione della legge di Stabilità forse in Consiglio giovedì 15 ottobre - ricorda innanzitutto come i tagli per le Regioni a legislazione vigente nel 2016 siano pari a 4,2 miliardi, coperti per 2 miliardi dalla riduzione del Fondo sanitario nazionale (Intesa Stato-Regioni del 2 luglio, poi inserita nel Dl Enti locali entrato in vigore a metà agosto). Inoltre, gli assessori alle Finanze ricordano come le Regioni a partire dal 2016 non dispongano delle risorse né del Fondo Sviluppo e Coesione né del contributo del Patto di stabilità incentivato. Al momento i trasferimenti a favore delle Regioni nel bilancio dello Stato a legislazione vigente nel 2016, su cui ricadrebbero i tagli, valgono circa 2,3 miliardi (al netto di Fsn e Fnt) e riguardano tutti materie sensibili: dal Fondo Politiche sociali alla non autosufficienza, dal Tpl materiale rotabile all’istruzione.

La Sanità è il primo dei temi caldi: al netto della decurtazione di 2,352 miliardi prevista a partire dal 2015, il Fsn per il 2016 è già sceso dai previsti 115.444 milioni (legge 190/2014) a 113.092 milioni (+3% rispetto al 2015). «Tenuto conto - si legge nel documento - che nel 2015 il livello di finanziamento, pari a 109.710 milioni, è stato inferiore a quello del 2014, ed è stato oggetto finora di tagli fino a 15 miliardi, il sistema sanitario non è in grado di reggere tagli superiori al 50% dell’incremento del livello di finanziamento.
Senza contare che ci sono spese incomprimibili: il rinnovo del contratto; i farmaci innovativi, le prestazioni da privato, che sono ergate in regime di contratto e quindi, se ridotte, esposte al contenzioso. Di «comprimibile» appare solo il capitolo della spesa per beni e servizi, «dove si sono scaricati solo con le ultime recenti manovre il 15% dei tagli».

Poi, la proposta di un «piccolo Fondo» da ripartire fra le Regioni per il miglioramento dell’efficienza organizzativa, correlato a «un adeguato livello di qualità Lea». Tenendo conto che, oggi, i Livelli essenziali di assistenza presentano una qualità «ancora molto diversificata tra le Regioni».
Al capitolo 4, breve e laconico, l’introduzione dei costi standard: «eventuali risparmi» andrebbero «mantenuti all’interno del comparto Regioni per lo sviluppo di investimenti e della competitività». E in ogni caso, al Governo si ricorda che la spesa sanitaria grava sui bilanci regionali per circa l’80% e «quindi, ovviamente, gli apporti di risparmio su materie diverse dalla sanità hanno un peso qualitativamente meno importante ai fini del risanamento della finanza pubblica».


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