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Farmacie: le prestazioni sanitarie di “autoanalisi” non sono esenti Iva in assenza di finalità terapeutica

di Federico Ragazzini e Alberto Santi*

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24 Esclusivo per Sanità24

Il servizio reso nell’ambito di un programma di “autoanalisi” non rientra nel regime di esenzione IVA previsto dall’art. 10 comma 1 n.18) D.P.R. 633/1972. Questo chiarimento è stato fornito dall’Agenzia delle Entrate con la recente risposta n. 466/2022 all’istanza di interpello proposta da una farmacia, la quale chiedeva delucidazioni in merito al regime IVA applicabile ad un servizio reso ai propri clienti consistente nell’elaborazione da parte di un laboratorio specializzato terzo di un referto - basato sulla valutazione di un campione prelevato in autoanalisi - accompagnato da un parere finalizzato al miglioramento del benessere della persona.

Il quesito
La società istante (farmacia) chiedeva all’Agenzia delle Entrate se la fornitura di un servizio consistente nell’elaborazione di un referto (da parte di un laboratorio specializzato esterno) basato su un campione ematico e buccale effettuato in autoanalisi e accompagnato da un protocollo personalizzato contenente consigli di stili di vita appropriati e assunzione di appositi prodotti (firmato da un medico), potesse rientrare nell’ambito di applicazione del regime di esenzione IVA ex art. 10 comma 1 n.18) D.P.R. 633/1972. Inoltre, la società istante chiedeva se anche la prestazione di servizi di laboratorio resi dal laboratorio terzo alla farmacia potesse rientrare nell’ambito di applicazione dell’esenzione ex art. 10 comma 1 n.18) D.P.R. 633/1972.

La risposta fornita dall’Agenzia delle Entrate è negativa per entrambi i quesiti.L’Agenzia motiva il proprio diniego richiamando il contenuto dell’art. 10 del D.P.R. 633/1972 il quale, al punto 18) del primo comma, dispone che sono esenti dall’imposta “le prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona nell’esercizio delle professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza...”.

Tale disposizione deriva dal recepimento nella normativa nazionale di quanto previsto dall’art. 13 della sesta Direttiva IVA (in particolare, articolo 13, n. 1, lettera c) - Direttiva 2006/112/CE), la quale prevede l’esenzione per “le prestazioni mediche effettuate nell’esercizio delle professioni mediche e paramediche quali sono definite dallo Stato membro interessato...”.

Come è noto, il regime di esenzione IVA deve essere interpretato restrittivamente in quanto costituisce una deroga al principio generale di imponibilità, secondo cui ogni prestazione di servizi resa in Italia a titolo oneroso da un soggetto IVA è soggetta ad imposta sul valore aggiunto.

In questo senso si è sempre espressa anche la Corte di Giustizia UE la quale (con le sentenze C-307/01 e C-212/01) ha affermato il principio per cui non sono esenti tutte le prestazioni sanitarie che possono essere effettuate nell’esercizio delle professioni mediche e paramediche ma solo quelle corrispondenti alle prestazioni mediche rivolte alla diagnosi, cura e, ove possibile, alla guarigione di malattie. In altri termini, le prestazioni mediche devono avere uno scopo “terapeutico” per poter beneficiare del regime di esenzione IVA; in assenza di questo scopo o, in alternativa, laddove tale scopo terapeutico non sia dimostrato, la prestazione sanitaria deve essere assoggettata ad IVA.

Questo approccio è stato fatto proprio anche dall’Agenzia delle Entrate la quale - nel caso trattato nell’interpello - pur riconoscendo la finalità sanitaria della prestazione, ha ritenuto mancante la finalità terapeutica. In un precedente interpello (Risposta n. 56 del 2020) - riguardante anch’esso l’“autoanalisi” del sistema microbiotico del cliente al quale l’Istante rilasciava, sulla base dei risultati di laboratorio, un rapporto redatto da un biologo contente suggerimenti nutrizionali per correggere/ottimizzare la configurazione microbiotica - l’Agenzia delle Entrate si era invece espressa favorevolmente per l’applicazione del regime di esenzione IVA. In questo precedente caso, infatti, l’Agenzia Entrate aveva ritenuto che la documentazione prodotta dall’istante fosse sufficiente per dimostrare la natura diagnostica dell’analisi di laboratorio.

*Pirola Pennuto Zei & Associati Medical & Pharma Industry


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