Lavoro e professione

Atto di indirizzo, Smi: il nodo dell'emergenza sanitaria territoriale, 4mila medici tagliati fuori dalla prossima convenzione

L'atto di indirizzo viaggia in direzione opposta rispetto alla necessità di potenziare il territorio e la medicina generale, senza contare l'assenza di una strategia di integrazione con l'Emergenza sanitaria territoriale, che taglia fuori dalla prossima convenzione 4mila medici. E' l'appello alla ministra della Salute Beatrice Lorenzin dalla segreteria del Sindacato dei Medici Italiani.

«E' stato dimenticato del tutto - spiega Fabiola Fini, responsabile Nazionale Smi (area convenzionata) - uno degli elementi portanti del territorio: la rete dell'emergenza-urgenza. È un dato innegabile: il sistema-118 in questi anni ha inciso profondamente nella capacità di dare riscontro adeguato alla domanda di salute, migliorando il follow-up di numerosi pazienti coinvolti sia in eventi traumatici che colti da malore. Se si parla dunque di ottimizzazione delle risorse e dei servizi, è indubbio quanto sia fondamentale il "ruolo di cerniera" tra il sistema ospedaliero e quello territoriale svolto dall'Emergenza. Nonché la tempestiva e qualificata risposta che offre sia in ambito intraospedaliero, che extra. Eppure nell'atto di indirizzo per i rinnovi dell'Acn mai si cita il 118, tagliando fuori, quindi, circa 4mila medici convenzionati che operano tutti i giorni sul territorio».

Un altro problema irrisolto sollevato dallo Smi è quello del percorso di accesso all'area della dirigenza. «La specializzazione in urgenza-emergenza - continua Fini - individua la figura professionale che in modo progressivo sarà deputata al sistema delle emergenze urgenze in ambito extra e intraospedaliero, superando le varie appartenenze alle discipline dei professionisti medici attualmente operanti nel sistema e individuando, dunque, un percorso di accesso all'area della dirigenza. A fronte di tutto ciò, voglio evidenziare la necessità che si disciplini il percorso per l'accesso all'area con un solo profilo, la dirigenza medica, ma che contestualmente si uniformi lo stato giuridico degli operatori che attualmente, a vario titolo, vi operano».

Poi c'è l'accesso alla specializzazione. «Rimane, inoltre, da risolvere - continua la dirigente Smi - un enorme problema: alla maggioranza dei medici 118 attualmente operanti nel sistema, in quanto convenzionati, è precluso l'accesso alla specializzazione che tra l'altro non prevede più di 50 posti l'anno in ambito nazionale».

Fabiola Fini, quindi, rivolge un appello diretto alla ministra e agli assessori Regionali: «È indispensabile pertanto, signora Ministro e Signori Assessori Regionali, per la tenuta del sistema, inserire al tavolo della convenzione per la Medicina Generale, un momento di transizione per l'emergenza-118 che porti progressivamente al passaggio alla dirigenza di tutti i medici in servizio convenzionati, precari, con contratti atipici, che abbiano maturato 5 anni di anzianità di incarico, prevedendo comunque i nuovi accessi in area convenzionata (necessari per garantire il turn-over dei professionisti) con in ordine prioritario:
- il corso di idoneità sec art. 96 dell'ACN e graduati con le modalità previste dall'accordo;
- il conseguimento del Master in Emergenza-Urgenza, se presente, secondo la graduatoria di medicina generale,
- il conseguimento del Master in emergenza-urgenza secondo la graduatoria ai sensi del comma 3 della norma finale n.5 dell'ACN.

Per tutti i nuovi accessi il passaggio alla dirigenza dopo 5 anni di servizio.
Solo così potremo garantire, a nostro avviso, un sistema emergenza che funzioni, nei numeri e nella qualità, fornendo ai medici 118 le analoghe tutele giuridico-amministrative garantite ai loro colleghi dirigenti e, contestualmente, continuando a dare risposte concrete ai cittadini bisognosi di cure sul territorio».

«A tutto ciò – sottolinea Maria Paola Volponi, responsabile Nazionale Area convenzionata dello Smi – aggiungiamo una chiara richiesta per le prossime trattative: queste devono portare la Sanità territoriale a un processo di revisione e potenziamento basato su percorsi "sicuri" tanto per i pazienti quanto per gli operatori. Se è vero, come è vero, che la marcia verso la deospedalizzazione e lo spostamento sul territorio di molti percorsi diagnostico-terapeutici è necessaria e condivisibile nelle motivazioni, è altrettanto vero che tutto ciò non può avvenire senza il potenziamento formativo dei professionisti sanitari e senza l'adeguamento delle strutture».