Medicina e ricerca

La vitiligine che non si vede: numeri e costi di una malattia che va oltre la pelle e che aspetta i Lea

di Angelo Valerio Marzano *

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24 Esclusivo per Sanità24

Considerata a lungo un mero problema di natura estetica, è soltanto di recente che la vitiligine è stata finalmente riconosciuta come una patologia cronica autoimmune. Le caratteristiche macchie bianche – aree di depigmentazione causate dalla perdita dei melanociti cutanei – sono infatti solo una dimensione di questa patologia, il cui impatto va bel oltre la superficie.
Ciò che ancora troppe volte resta nascosto, è l’impatto sistemico e psicologico della vitiligine, che condiziona la vita dei pazienti e complica la gestione della malattia, con ripercussioni sul piano individuale e sociale. Un paziente su sei soffre anche di una o più comorbidità di natura autoimmune, tra cui ipotiroidismo e artrite reumatoide sono le più frequenti.
Ma se tra le comorbidità si considerano anche quelle che impattano la sfera della psiche, lo scenario si complica ulteriormente. Nei pazienti affetti da vitiligine ansia e depressione risultano rispettivamente il 72% e il 32% più diffuse rispetto alla popolazione generale. Percentuali che si traducono in un ricorso alla psicoterapia 20 volte più frequente rispetto alla media. Non è difficile immaginarlo, se si pensa alla numerosità e alla capillarità degli ambiti quotidiani che una malattia come questa tocca, ancor più in una società che ha fatto dell’immagine un asset fondamentale: disagio, paura a mostrarsi in pubblico, sentimento di stigma e scarsa accettazione del sé sono sensazioni che le persone affette da vitiligine possono provare ogni giorno, specialmente quando la malattia ha un esordio in età adolescenziale (nel 50% dei casi si sviluppa prima dei 20 anni d’età).
E proprio la gestione degli aspetti legati alla salute mentale rappresenta anche il capitolo principale – pari al 30% - dei costi complessivi della vitiligine, messi a fuoco nello studio realizzato dalla società di consulenza Kearney Italia. Sì, perché l’altra dimensione nascosta di questa malattia è quella legata all’impatto sul sistema sanitario. La recente pubblicazione sul DPC Journal dell’articolo “Focus on vitiligo” ha messo in evidenza che, considerando sia i costi diretti che quelli indiretti, la vitiligine costa ogni anno circa mezzo miliardo di euro. Ma l’aspetto più significativo è che, di questi, solamente il 18% è a carico del Sistema sanitario nazionale, mentre più della metà – il 55% - pesa sulle tasche dei pazienti e il restante 27% sulla società, traducendosi in perdita di produttività.
La comunità dei pazienti – 330.000 in Italia – chiede sostegno e una presa in carico adeguata, specialmente ora che qualcosa sta cambiando. Dopo anni di silenzio, infatti, si profila all’orizzonte una risposta ai bisogni dei pazienti: la prima terapia specifica per il trattamento della vitiligine (una “rivoluzione”, dicono i dermatologi più entusiasti) che agisce sul meccanismo patogenetico, determinando la repigmentazione a livello del viso e del corpo in buona parte dei casi.
Come sempre, però, l’innovazione ha senso di esistere solo se può arrivare dove serve, ai pazienti. Per fare questo è fondamentale che la comunità scientifica, le istituzioni e tutti gli attori del sistema salute lavorino fianco a fianco per costruire insieme modelli di gestione adeguati, a partire da due priorità: l’inserimento della vitiligine nei Livelli Essenziali di Assistenza (Lea) e la creazione di reti dermatologiche regionali, che contribuiscano a razionalizzare il percorso dei pazienti con un impatto positivo anche sul Servizio sanitario nazionale e sulla programmazione sanitaria. Tutto questo è necessario per rendere le nuove opzioni terapeutiche – distillati di innovazione farmaceutica che, grazie anche alla loro facilità di somministrazione, permettono di diminuire la pressione sugli ospedali e sui presidi territoriali - accessibili a tutti coloro che ne hanno bisogno, nel minor tempo possibile.
Terapie innovative, percorsi appropriati e modelli organizzativi efficienti sono le leve su cui il Servizio sanitario nazionale (e quelli regionali) possono puntare per rendere più sostenibile il Sistema Salute, rendendo il cittadino-paziente sempre più protagonista del proprio benessere e più consapevole del proprio ruolo nella società.

* Professore Ordinario e Direttore SC Dermatologia Fondazione Irccs Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Milano
Direttore della Scuola di specializzazione in Dermatologia e Venereologia,
Università degli Studi di Milano


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