Medicina e ricerca

Cardiologia riabilitativa, soluzione a portata di mano e troppo spesso dimenticata

di Marco Ambrosetti *

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24 Esclusivo per Sanità24

Talvolta la soluzione più semplice ed efficace per risolvere un problema è a portata di mano, venendo tuttavia inspiegabilmente trascurata. A questa dinamica sembra non sfuggire neppure l’ambito della cura della persona con malattia cardiovascolare, soprattutto in fase post-acuta e cronica, tra i cui bisogni principali spiccano il raggiungimento e il mantenimento di una stabilità clinica, la riduzione del rischio di incorrere in eventi successivi, il recupero della capacità funzionale globale, la ripresa lavorativa, l’adozione di uno stile di vita salutare, soprattutto in tema di nutrizione ed esercizio fisico, il supporto psicologico e sociale. Sono queste le componenti di intervento della cardiologia riabilitativa sul paziente cardiopatico realizzato in strutture sanitarie dotate di appositi percorsi in regime di ricovero, day-hospital, ambulatoriale e – laddove presenti – in forma di telemedicina. Nei fatti, a questo percorso accede ancora una minima parte dei pazienti cardiopatici in Italia - a causa di molteplici barriere non solo individuali ma anche di sistema – e per questo motivo sono necessarie azioni volte ad aumentare non solo l’attenzione del decisore ma anche la sensibilità della popolazione generale verso questa possibilità di cura.
A questo proposito, per la riduzione del rischio cardiovascolare abbiamo presentato recentemente quattro strategie fondamentali: controllare maggiormente i fattori cardiometabolici; adeguare lo stile di vita; prestare maggiore attenzione agli aspetti psicosociali; aumentare la cultura della riabilitazione e della teleriabilitazione. Il nostro obiettivo è che queste quattro strategie facciano sempre più parte dell’agenda dei decisori politici e siano portate a un maggiore livello di conoscenza e consapevolezza di tutta la comunità. Alcune delle proposte fanno sicuramente parte del patrimonio concettuale dell’intero mondo cardiologico, non solo riabilitativo. La cardiologia riabilitativa è però in grado di mettere a sistema tutto ciò in un’ottica omnicomprensiva e multidisciplinare, con proiezione lungo l’intera traiettoria di cura del paziente, dalla fase post-acuta a quella cronica. In questa direzione è necessario dunque un maggiore riconoscimento di tale disciplina medica come branca ben definita della cardiologia, così come anche della figura del cardiologo riabilitatore, per il quale attualmente a livello nazionale e internazionale sono presenti percorsi specifici di certificazione professionale.
Nel nostro Paese però la cardiologia riabilitativa a livello ministeriale o comunque del pubblico decisore non esiste nello specifico, essendo inserita nel “calderone” delle attività riabilitative a codice 56, insieme a quelle neurologiche, ortopediche, pneumologiche. Dal punto di vista scientifico e operativo questo è un grande limite perché non riconosce abbastanza che riabilitare un paziente con patologia cardiovascolare acuta e cronica non vuole dire soltanto effettuare un recupero motorio o fornire un supporto psicosociale ma anche incrementare e migliorare la terapia in corso, ridurre il rischio cardiovascolare attraverso interventi farmacologici e sullo stile di vita e infine ridurre il rischio di ulteriori eventi acuti, veicolo di ulteriore disabilità e costi per il sistema sanitario. Ecco perché è ormai ampiamente riconosciuto che la cardiologia riabilitativa è il modello non solo più efficace e sostenibile per realizzare una vera e propria prevenzione cardiovascolare.
Alla luce della comprovata efficacia dell’intervento, chi accede a un percorso di Cardiologia riabilitativa riduce del 30-40% il rischio di morte e riospedalizzazione per cause cardiovascolari, per questo l’invio del paziente deve configurarsi come un compito preciso del medico e come un diritto del paziente, finalizzato ad avere un percorso di cura il più possibile efficace per la riduzione della propria disabilità e del rischio di incorrere in ulteriori eventi. La cardiologia riabilitativa può rappresentare davvero una risposta anche alle esigenze del sistema di emergenza-urgenza e all’affollamento cronico dei Pronto soccorso, rappresentando infatti un setting che può rendere più efficiente l’utilizzo dei posti letto per acuti facendosi carico della gestione della post-acuzie in modalità fast-track.
Occorre inoltre accrescere nella classe medica la cultura della “priorità” all’intervento riabilitativo. È necessario infatti valutare il grado di necessità dell’intervento riabilitativo sulla singola persona, non solo in termini di recupero motorio ma soprattutto in termini di rischio residuo di ulteriore instabilizzazione clinica ed eventi cardiovascolari successivi. In questo modo il cardiologo riabilitatore, insieme al fondamentale team di infermieri, fisioterapisti, dietisti, psicologi, potrà veramente effettuare un progetto di cura rispondente ai bisogni reali della persona.
Non da ultimo, per sfruttare pienamente le potenzialità della Cardiologia Riabilitativa, è necessario promuovere una legislazione e regolamentazione adeguata alle attività di riabilitazione da remoto (teleriabilitazione), non solo come “semplice” ampliamento dell’offerta ma anche come garanzia di continuità delle cure nel lungo periodo e ausilio ai servizi per la cronicità, per predisporre e governare un’offerta di cure professionale, omnicomprensiva, tecnologicamente avanzata, fruibile da parte di tutti e soprattutto veramente garante di un miglioramento della qualità di vita e della prognosi a distanza.

* Specialista in Cardiologia
Presidente Associazione italiana Riabilitazione e Prevenzione cardiovascolare (Itacare-P)


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