Aziende e regioni

Abruzzo, il Piano sanitario 2016-2018 punta tutto sul territorio

di Licia Caprara

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24 Esclusivo per Sanità24

Ora o mai più. Se il territorio non coglie questo momento d’oro per crescere, si condannerà per sempre a fare il campionato minore. La grande opportunità, già più volte anticipata negli orientamenti della Regione, ora è stata ufficializzata e messa nero su bianco nella “carta” più autorevole e importante, il Piano sanitario 2016-2018 approvato con decreto del Commissario ad acta. Dunque i servizi territoriali rappresentano la nuova sfida nel disegno della nuova sanità abruzzese: «Ogni ricovero rappresenta un fallimento per il Servizio sanitario regionale - mette in chiaro l'assessore regionale Silvio Paolucci - per questo abbiamo previsto una serie di azioni per il potenziamento del territorio. Gestire i pazienti cronici a domicilio, completare l’Assistenza domiciliare con una rete residenziale che garantisca alle famiglie momenti di sollievo, migliorare l’integrazione nella rete di offerta sanitaria della Medicina di base e investire in prevenzione: sono questi i passi da compiere per arrivare a uno schema assistenziale completamente rinnovato».

Prevista l’apertura nelle 24 ore dei distretti sanitari di base e una più stretta integrazione con i medici di medicina generale, nella convinzione che una percentuale altissima dei bisogni di salute dei cittadini possa essere gestita e risolta in ambito territoriale, in presenza, però, di percorsi organizzati che finora sono mancati. Gli ospedali, quindi, sono diventati una trincea, dove si è concentrata tutta la domanda, che li ha affogati e distolti dal proprio core business, l'attività a elevata complessità.
L'idea di fondo, dunque, è ridisegnare il sistema dell'offerta, lasciando al territorio la gestione delle malattie croniche e delle fragilità, oltre alle prestazioni di base da assicurare attraverso le Unità di cure primarie, e affidare il trattamento dei casi acuti e complessi alla rete ospedaliera, che pure nel Piano è stata rivista per macrolinee. Attribuito il rango di II livello a un solo presidio, che in realtà sono due ma connessi sotto il profilo funzionale, Chieti e Pescara, mentre di I livello ad alta specializzazione sono Teramo e L'Aquila, anche se è allo studio la possibilità di farne anch'essi, secondo il modello precedente, un II livello in funzione di un'aggregazione che però, al momento, è tutta da verificare.
Inoltre sono previsti 3 presidi di primo livello standard (Lanciano, Vasto e Avezzano), 4 ospedali di base (Giulianova, Sant’Omero, Atri, Sulmona) e 2 ospedali di area disagiata (Penne e Castel di Sangro). Oltre alla classificazione, è prevista anche una ridefinizione delle specialità presenti all'interno di ciascun nosocomio, al fine di approdare a quella concentrazione della casistica che rappresenta garanzia di sicurezza e qualità delle prestazioni. In base ai parametri del Piano nazionale Esiti, infatti, il 57 % dell'offerta ospedaliera abruzzese non è valutabile sotto il profilo del rischio per il paziente, proprio a causa della bassa casistica. Nell'altro 28% dei casi, invece, il rischio relativo è superiore alla media nazionale.
Tornando al Piano, attenzione è stata posta anche agli investimenti per l'aggiornamento tecnologico e infrastrutturale, tra tutti la realizzazione dei nuovi presidi di Lanciano, Vasto, Avezzano, Sulmona e Giulianova: dopo una lunghissima impasse, è stato sbloccato il 40% dei 228 milioni di provenienza statale, pari a 102 milioni, che consentiranno di avviare la progettazione. In tutto ne occorrono 371, e la differenza sarà coperta in parte dalla Regione e in parte con la vendita delle aree dismesse. Non manca un occhio ai conti, e alla necessità di reperire altre fonti di finanziamento da affiancare al Fsn, che rimarrà invariato a fronte di costi tendenzialmente in aumento. Di qui la necessità di spendere meglio, così da liberare nuove risorse per gli investimenti. Nel mirino acquisti di beni e servizi e spesa farmaceutica, che ancora fanno registrare scostamenti significativi. E la ricetta c'è: «Si impone una centralizzazione delle procedure - ribadisce Paolucci, riprendendo una soluzione richiamata già in altre circostanze - che può essere ben concretizzata dall'istituzione della Asl unica regionale. Un tema, questo, su cui è aperto il dibattito, sia rispetto alla tempistica che alle modalità di attuazione».
Infine tre parole chiave per rendere più saldo il sistema: risorse umane, da formare e riqualificare secondo criteri di merito e responsabilità; trasparenza, da perseguire con la certificazione dei Bilanci di esercizio e degli esiti per aiutare il cittadino a scegliere il posto migliore per le proprie cure; chiare responsabilità tra i vari soggetti istituzionali: alla Regione la programmazione e il controllo, all'Asr la definizione dei Percorsi diagnostico terapeutici e assistenziali (Pdta), all’Azienda sanitaria unica la pianificazione operativa, ai Presidi e ai Distretti rispettivamente la gestione dell'offerta e della domanda.


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