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Aids, in Toscana meno casi positivi (-20%) ma aumentano i contagi tra giovani

di Sara Lavorini

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In occasione della recente Giornata mondiale contro Hiv del 1 dicembre, la necessità di non abbassare l'attenzione contro l'Aids è stata nuovamente portata all'attenzione pubblica. In Toscana nel 2018 è stata osservata per il secondo anno consecutivo una riduzione delle notifiche di Hiv (-20%), mentre fino al 2016 venivano segnalati circa 300 casi, fortunatamente scesi lo scorso anno a 211. La diminuzione delle infezioni è stata registrata a prescindere dalla modalità di trasmissione: la più frequente è risultata quella eterosessuale (48,2 %, rispettivamente 26,2 maschi e 22% femmine), seguita da Msm (46,6%); la trasmissione attraverso lo scambio di siringhe è stata riferita nel 5,2%. E' però rimasta sostanzialmente invariata la percentuale di Late Presenter, di soggetti cioè che al momento del primo test positivo risultano già in Aids o comunque, con un basso numero di CD4 che testimonia con una storia di infezione datata da diversi anni.
Il tasso di incidenza delle nuove notifiche è stato del 5,6 casi /100mila abitanti (al secondo posto in Italia dietro al Lazio) e aree con una prevalenza maggiore sono risultate essere quella centrale e quella nord-ovest della Toscana.

«E' possibile solo stimare il numero dei sieropositivi "inconsapevoli" che vivono in Toscana sulla scorta delle proiezioni nazionali – dichiara Massimo A. Di Pietro, coordinatore Malattie infettive Azienda Usl Toscana Centro - considerando circa 6.500-7.000 i soggetti seguiti nei reparti di malattie infettive, il sommerso dovrebbe essere rappresentato da circa 700 soggetti. I casi di malattia conclamata segnalati nel 2018 sono stati 65, rispettivamente 50 maschi e 15 femmine, anche questi in riduzione di oltre il 20% rispetto gli ultimi anni».

In Italia al 31 maggio 2019 sono state registrate 2.847 nuove diagnosi di infezione da Hiv pari a 4,7 nuovi casi per 100 mila residenti. Sono diminuite di circa il 20% rispetto all'anno precedente, ma è aumentata l'incidenza di nuove diagnosi tra i giovani di età inferiore a 25 anni che ha mostrato un picco nel 2017. I soggetti che hanno scoperto di essere Hiv positive nel 2018 sono maschi nell'85,6% dei casi. L'incidenza della malattia più alta è stata registrata in Lazio, Toscana e Liguria.

«Sono circa 15mila le persone che non sanno di essere infette e che ritardano inconsapevolmente la diagnosi non sottoponendosi al test Hiv - spiega Andrea Antinori, dell'Istituto Spallanzani Roma -, la diagnosi precoce consente di trattare meglio l'infezione, più rapidamente e in modo più efficace».

Ad intervenire sull' emergenza della malattia sui giovani adulti, anche il Viceministro della Salute Pierpaolo Sileri: «Il fatto che l'incidenza più alta di nuove diagnosi di HIV continui a essere registrata tra i giovani adulti, di età compresa tra i 25 e i 29 anni, ci deve preoccupare. Tra le nuove generazioni c'è una scarsa consapevolezza e conoscenza del virus, di come si trasmetta e di cosa fare per difendersi dal rischio di infezione. Molti confondono la prevenzione delle gravidanze indesiderate, mediante l'uso della pillola contraccettiva, con la prevenzione Hiv e dalle altre malattie che si possono prendere durante un rapporto sessuale non protetto, contro cui l'unica arma davvero efficace è il profilattico. Molti altri invece si vergognano a comprare i profilattici. Dobbiamo dunque domandarci quali siano le ragioni e trovare una soluzione per superare pregiudizi e imbarazzi. Sarebbe importante introdurre l'educazione sessuale nelle scuole, prevista tra l'altro da un protocollo d'intesa del 2015 tra il ministero della Salute e il Miur e per cui esiste già una proposta di linee di indirizzo. Sarebbero utili anche iniziative per la distribuzione gratuita di preservativi agli studenti delle università e delle scuole secondarie di secondo grado».


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