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Rapporto I-Com/ Grandi incompiute del Ssn, telemedicina e ricerca cruciali per mettere le ali al Pnrr

di Barbara Gobbi

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24 Esclusivo per Sanità24

Mettere mano alle grandi incompiute del Servizio sanitario nazionale ma anche accelerare sulla telemedicina e sul fascicolo sanitario elettronico,ben più di quanto previsto dal Pnrr che comunque imprime una accelerazione. Ancora, investire decisamente nella ricerca anhe grazie alla risorsa dei partenariati pubblico-privati. Sono solo alcuni degli spunti che emergono dal rapporto annuale dell'Istituto per la competitività I-Com "Programmare dopo la tempesta. Quali modelli post Covid per il Servizio sanitario nazionale”, la cui presentazione è in calendario per venerdì 1° ottobre. Lo studio – curato dal presidente dell’istituto Stefano da Empoli e dal direttore dell’area innovazione Eleonora Mazzoni e promosso con il contributo non condizionante di Biogen, Bristol Myers Squibb, Gilead, Gsk, Janssen, Sanofi e Servier, pone l’accento sulla necessità di identificare gli ambiti di intervento e gli strumenti di programmazione necessari a rilanciare il Servizio sanitario nazionale oltre il Covid-­19, anche alla luce delle risorse e delle azioni previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).
Secondo il report, a rallentare la riforma del sistema sanitario nazionale ha contribuito pure l’annosa questione dei grandi incompiuti. Tra questi vi sono i nuovi Livelli essenziali di assistenza (Lea), le linee guida nazionali sulla telemedicina e la riforma sulle sperimentazioni cliniche. Nel primo caso, ad esempio, l’aggiornamento c’è stato ed è avvenuto con il decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 2017. Le novità previste, tuttavia, non sono ancora diventate operative in assenza dei decreti che fissano le tariffe massime dell'assistenza specialistica ambulatoriale e protesica, così da non rendere fruibili le nuove prestazioni. manca il tassello cruciale del decreto Tariffe, senza il quale l’accesso ai nuovi Lea di fatto non sarà garantito.
Nel campo della telemedicina, invece, è stato posto un importante tassello per favorire la piena evoluzione del sistema sanitario italiano verso il modello della “Connected care”: si tratta dell’approvazione a dicembre 2020 dell’accordo Stato-regioni sulle “indicazioni nazionali per l’erogazione di prestazioni di telemedicina”. Ma anche in questo caso sono numerosi i nodi ancora da sciogliere: dalla forte frammentazione a livello regionale alla necessità di investire di più nella formazione del personale medico e infermieristico, fino al rinnovo del parco tecnologico delle strutture sanitarie. «Bene l’approvazione delle linee guida nazionali sulla telemedicina ma la velocità di attuazione è insoddisfacente. L’assegnazione delle risorse del Pnrr alla fine del 2023 riflette la scarsa ambizione nel traghettare il servizio sanitario verso il futuro», sottolinea Stefano da Empoli. Che precisa: « “Si deve mettere urgentemente mano a gravi criticità come l’interoperabilità tra i tantissimi database esistenti e le competenze digitali del personale da rafforzare sensibilmente. Se non le aggrediamo con l’adeguata risolutezza, la sanità digitale rimarrà in gran parte sulla carta».
Poi c'è il "decreto Lorenzin" (legge 3/2018), una legge delega omnibus che avrebbe dovuto avviare una grande riforma della sanità ad esempio a tutela dell'indipendenza delle sperimentazioni cliniche e la loro semplificazione burocratica ma di cui ancora mancano i decreti attuativi.
Al capitolo "risorse per il Ssn", poi, nonostante si rilevi un aumento del finanziamento corrente a carico dello Stato da 71,3 miliardi nel 2001 a oltre 121 nel 2021, secondo le elaborazioni I-Com i fondi previsti per la sanità italiana in termini reali si sono ridotti: dal 2008 al 2018 il tasso medio annuo di crescita composto (Cagr) degli investimenti fissi lordi si è attestato su un valore negativo pari a -2,3%. «La mancata ristrutturazione del Servizio sanitario nazionale si è tradotta, di fatto, in continui tagli che a oggi hanno pregiudicato la gestione della crisi sanitaria dovuta all’epidemia da Covid-19 - commenta Eleonora Mazzoni -. Non bisogna perdere il treno del Piano nazionale di ripresa e resilienza. I pilastri su cui puntano gli investimenti previsti dal Pnrr per la Missione salute vanno nella direzione giusta, ma si tratta di riforme profonde in un Ssn che vanta un grande potenziale, ma mostra altrettante disuguaglianze».
La classifica delle Regioni. Nel report anche la "classifica" delle Regioni con i migliori servizi sanitari territoriali: sono Molise, Veneto e Toscana secondo l'indice sintetico - elaborato dai ricercatori dell’Istituto per la Competitività partendo dalle principali variabili riportate nell’Annuario statistico del Ssn - che fotografa le disparità regionali in termini di servizi sanitari territoriali. Al quarto posto si posiziona l’Emilia-Romagna con 56 punti mentre nella seconda parte della classifica troviamo con 30 punti la Lombardia i cui risultati dipendono in larga parte da un sistema molto sbilanciato sui servizi ospedalieri anziché sulla componente territoriale. A grande distanza, con 21 punti, si posiziona il Lazio, seguito solamente da Valle d’Aosta (14), Calabria (11) e provincia autonoma di Bolzano (7).

LE RICHIESTE

1.Portare a completamento i grandi incompiuti del nostro sistema sanitario nazionale:•Aggiornamento dei LEA e operatività del Nuovo sistema di garanzia compreso il monitoraggio dei PDTA e prevederne il collegamento con la valutazione della garanzia dei LEA, con particolare riferimento all’aderenza terapeutica alle indicazioni previste dai PDTA. Inoltre la valutazione di ogni singolo indicatore del NSG deve essere utilizzata non solo con il fine di definire la garanzia dei LEA in ogni singola regione, e dunque i livelli di finanziamento, ma con il fine di individuare le aree prioritario di intervento suddivise per ogni singola regione, considerando ciascun indicatore come uno strumento operativo di monitoraggio. Per questo è necessario intervenire per garantire l’aggiornamento tempestivo, completo e continuo dei flussi informativi provenienti dalle regioni;•Smaltimento delle liste d’attesa (D.L. 104/2020 e D.L. 73/2021). Prevedere un monitoraggio continuativo dell’impiego da parte delle regioni di tali risorse, attraverso i relativi piani operativi e sempre allo scopo di garantire l’effettiva esigibilità delle prestazioni, in tutte le regioni italiane. Infatti è stata proprio la Corte dei Conti a certificare la limitata attuazione dei piani regionali per il recupero delle liste d’attesa;•Completamento e attuazione delle Linee Guida nazionali per la telemedicina. È opportuno infatti mettere a sistema le competenze tecniche, organizzative e professionali, superare la forte frammentazione soprattutto a livello regionale, eliminare le inefficienze e garantire un accesso equo ai pazienti alle prestazioni sanitarie. Ciò implica concludere la definizione della cornice nazionale, e provvedere al suo regolare aggiornamento sulla base dell’evoluzione delle tecnologie disponibile e dei bisogni dei pazienti, e con chiare indicazioni sulle tariffe di riferimento insieme a metodi di valutazione sull’impatto delle tecnologie. In questo quadro andranno definiti obiettivi uniformi da poter calibrare sulle specificità regionali;•Provvedere all’attuazione della delega della Legge 3/2018, ostacolata principalmente dalla mancanza dei necessari decreti attuativi previsti al suo interno, senza i quali la legge resta lettera morta, incapace di produrre gli effetti per i quali è stata compilata e approvata, limitandosi a enunciare solo i principi generali di riferimento. Dare, di conseguenza, piena attuazione alle disposizioni del Regolamento UE n. 536/2014. Nonostante si siano avviate più interrogazioni parlamentari sul tema, la situazione rimane bloccata e la delega al Governo ha da tempo superato la sua scadenza. Si corre il rischio concreto di perdere una grande occasione di riforma per il futuro del SSN, soprattutto per quanto riguarda tutti i provvedimenti pensati per rilanciare la ricerca clinica in Italia, tra cui la semplificazione della burocrazia che la controlla.2. Tornare alla programmazione strutturata dei nuovi investimenti dal momento che, da un lato è necessario recuperare il completamento dei progetti e gli investimenti rimasti incompiuti, ma dall’altro è importante tornare a programmare in vista delle risorse straordinarie che sono state stanziate con l’obiettivo di dare una forma alle priorità di intervento del futuro;3. Strutturare il rapporto tra la riforma dell’assistenza territoriale prevista del PNRR e i Livelli essenziali di assistenza, bilanciare la variabilità degli assetti organizzativi regionali con l’uniformità delle prestazioni, e definire una roadmap chiara delle fasi attuative di tale riforma da agganciare ai cicli della programmazione sanitaria generale; 4.Programmare gli investimenti futuri attraverso attività di horizon scanning delle innovazioni sanitarie per garantire la valutazione precoce delle tecnologie mediche, anche promuovendo l’impiego dei documenti di HTA nelle nella pianificazione e programmazione delle attività del SSN a livello nazionale, regionale e locale. Solo in questo modo la creazione di percorsi integrati di cura potrà consentire ai centri specializzati e di eccellenza di continuare a svolgere la loro funzione di approdo di tecnologie più complesse da inserire a livello sistemico; 5. Attuare il Piano Nazionale per la Prevenzione 2020 – 2025 adottato con Intesa Stato-Regioni del 6 agosto 2020 con particolare riferimento a: prevenzione primaria e secondaria, promozione della salute, diagnosi precoce e presa in carico integrata delle cronicità. La prima componente della Missione 6 del PNRR prevede (tra le altre) la definizione entro la metà del 2022, a seguito della presentazione di un disegno di legge alle Camere, di un nuovo assetto istituzionale per la prevenzione in ambito sanitario, ambientale e climatico, in linea con l’approccio “One-Health”. È necessario definire le ricadute operative di tale assetto ideologico, coerentemente con quanto previsto dal PnP 2020-2025 e prevedere uno stanziamento ad hoc delle risorse per tali attività all’interno di questa componente;6.Definire “chi fa cosa” all’interno della riforma dell’assistenza sanitaria, ed anche intervenire per rendere coerenti, e ugualmente incentivanti per il sistema, i meccanismi di remunerazione delle prestazioni sanitarie da un lato dell’assistenza territoriale, dall’altro di quella ospedaliera. Le categorie di stakeholder interessate sono infatti molteplici ma la posizione e grado di coinvolgimento che alcune figure avranno all’interno della riforma non è ancora ben chiaro (es. medicina di medicina generale e infermieri). Inoltre il ruolo di alcune nuove figure professionali è crescente e sarà altrettanto fondamentale per l’attuazione della riforma (es. caregiver ed infermieri di famiglia);7.Investire sull’ attuale struttura del Fascicolo sanitario elettronico, per rendere la piattaforma fruibile per cittadini ed operatori sanitari. La struttura del FSE per ogni operatore dovrebbe prevedere uno strumento di aggregazione/ricerca/consultazione delle principali caratteristiche e dati sanitari, rendendolo strumento adatto ad essere integrato nell’erogazione delle prestazioni sanitarie, dal vivo, e soprattutto da remoto; 8.Rivedere i processi assistenziali prevedendo a priori un collegamento con i sistemi di monitoraggio e raccolta dei dati dei pazienti. L’innovazione digitale deve essere infatti un fattore abilitante dei sistemi di prossimità. L’utilizzo e l’analisi dei dati devono infatti supportare lo sviluppo di una medicina predittiva e preventiva, e intervenire nella definizione dei fabbisogni, e nella programmazione della risposta del sistema. In questo contesto è necessario strutturare un piano per il superamento del digital divide di medici, operatori socio – sanitari e cittadini. Le multinazionali del settore stanno introducendo sistemi per prelevare i dati di routine del paziente generati in diverse e molteplici fonti primarie e introdurranno sul mercato anche le applicazioni per permettere al cittadino di accedere a questi dati. Assemblare i dati provenienti dalle diverse strutture del SSN senza disporre di un collegamento univoco tra processi assistenziali e flussi di dati rischia ancora una volta di incentivare la frammentazione e l’incompletezza delle informazioni stesse;9. Supportare la ripresa delle attività di ricerca clinica per le aree terapeutiche diverse dal Covid-19, anche attraverso strumenti di partenariato pubblico-privato applicato alle tecnologie sanitarie. Il PPP può essere uno strumento a sostegno dell’innovazione e dell’attrattività del sistema, e particolarmente promettenti sembrano essere le collaborazioni per lo sviluppo di prodotto, che dovrebbero essere monitorate e ampliate. Inoltre è necessario studiare nuovi modelli di negoziazione prezzi – rimborso che possano essere capaci di includere una premialità per le attività di ricerca ed innovazione condotte sul territorio italiano e/o Europeo allo scopo, in linea con gli obiettivi previsti dalla strategia farmaceutica UE per il rientro della produzione dei principi attivi da paesi terzi. 10.Definire un framework legale completo all’interno del quale le diverse forme di partenariato pubblico-privato possano esistere. Attualmente, infatti, esistono diversi schemi contrattuali in forza dei quali lo Stato può promuovere opere economicamente rilevanti, ma i più utilizzati e noti sono l’appalto e la concessione, che mal si adeguano a progetti complessi quali quelli ipotizzati per l’ambito sanitario anche in virtù delle risorse pubbliche messe a disposizione dal PNRR.


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