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Emergenza-urgenza pediatrica: in Italia ancora grandi disparità. Al Sud Disapplicate le linee d'indirizzo sul triage ospedaliero e Obi per bambini al 35%

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A distanza di 6 anni dall’Accordo Stato-Regioni (n. 248 del 2017) che avrebbe dovuto aprire la strada al potenziamento dell’emergenza urgenza-pediatrica, e a distanza di 4 anni mezzo da quello del 1° agosto 2019, che avrebbe dovuto ridisegnare l’organizzazione dei Pronto Soccorsi e delle Osservazioni brevi pediatriche, molti traguardi di questo percorso non si sono realizzati e permane una incredibile eterogeneità tra Regioni nell’adozione delle nuove misure proposte. In particolare, quelle del Mezzogiorno hanno in larga parte disatteso le indicazioni con la conseguenza di un’ingiusta diseguaglianza tra i bambini del Nord e quelli del Sud nell’assistenza in emergenza-urgenza.
A rilevarlo sono risultati preliminari della prima indagine nazionale sulla emergenza-urgenza pediatrica in Italia, condotta da Simeup in collaborazione con Società Italiana di Pediatria (Sip) e Sipo, Società Italiana di Pediatria Ospedaliera, presentata al XVII Congresso mazionale della Simeup, a Roma. L’indagine ha coinvolto 252 ospedali di 16 Regioni (deve essere completata nel Piemonte, Lombardia, Sicilia e nelle PP.AA. di Bolzano e Trento) e ha avuto l’obiettivo di verificare in che misura siano state applicati contenuti degli accordi citati.
I dati parlano chiaro. Al Sud e nelle Isole sono tuttora disapplicate le linee di indirizzo sul triage ospedaliero che 4 anni fa avevano previsto il passaggio da 4 a 5 colori e spazi per bambini separati da quelli degli adulti; sempre al Sud solo il 35% degli ospedali ha attivato le Osservazioni brevi pediatriche (Obip) che riguardano casi in cui il bambino deve essere tenuto in osservazione per breve tempo senza necessità di ricovero. E ancora il Mezzogiorno resta penalizzato per presenza di posti letto in Terapia intensiva pediatrica. Altro aspetto che genera diseguaglianze nel nostro Paese è che solo il 20% dei Pronto soccorso pediatrici e dei reparti di Pediatria accoglie ragazzi sino a 18 anni; in molti casi dopo i 14 anni si finisce insieme agli adulti.
«La qualità delle cure erogate in Pronto soccorso e in taluni casi persino la sopravvivenza di un bambino che vi accede in condizioni critiche non può dipendere dal luogo in cui si ha la fortuna o la sfortuna di nascere - afferma la presidente Simeup Stefania Zampogna -. Tutti i minori da 0 a 18 anni hanno il diritto ad essere curati da medici formati per l’emergenza-urgenza pediatrica, in condizioni di sicurezza e di eguaglianza su tutto il territorio nazionale», prosegue Zampogna.
Tassello fondamentale per raggiungere questo obiettivo è la valorizzazione e gratificazione del pediatra di emergenza-urgenza, con la sua formazione e le sue peculiarità specialistiche sia nella cura del bambino critico con patologia acuta sia nel bambino con riacutizzazioni di patologie croniche che colpiscono ormai il 18% della popolazione pediatrica. «Oggi purtroppo assistiamo su tutto il territorio nazionale alla fuga dei medici dai Pronto soccorso. Basta pensare che all’ultimo concorso di Specializzazione sono stati assegnati un quarto dei posti banditi. Turni massacranti, stipendi inferiori rispetto a quelli dei colleghi europei, maggiore attrattività del territorio sono le cause di questa "crisi di vocazione". A cui si aggiunge il fenomeno delle aggressioni indiscutibilmente in crescita dopo il Covid e che vede proprio i medici dei Pronto soccorso i più esposti, bersaglio del disagio e dell’insoddisfazione più facile da colpire», aggiunge Zampogna.
Triage ospedaliero, linee di indirizzo disapplicate al Sud
Le linee di indirizzo sul triage ospedaliero avevano previsto a partire dal 1° agosto 2019 il passaggio da 4 codici colore (rosso, giallo, verde e bianco) a 5 codici numerici e colorati (rosso, arancione, azzurro, verde bianco). A tutt’oggi solo 10 Regioni + P.A. Trento però hanno adottato le nuove indicazioni; le 8 Regioni del Sud e delle Isole (Abruzzo, Molise, Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia) utilizzano ancora i 4 codici colore (il Veneto ha optato per 5 codici, con i colori rosso, arancione, giallo, verde, bianco; la P.A. Alto Adige applica i 5 codici del Manchester Triage: rosso, arancione, verde, blu, bianco).
Le linee di indirizzo sul triage ospedaliero prevedono anche una serie di misure a tutela del bambino: spazi riservati ai soli pazienti pediatrici separati da quelli dell’adulto per evitare il trauma psicologico; sale ad hoc per le patologie potenzialmente infettive e i per casi di sospetto abuso e maltrattamento; formazione degli infermieri addetti al triage per abbattere i tempi di attesa e iniziare subito la presa in carico, secondo protocollo codificati che prevedono anche la valutazione e il trattamento del dolore.
Vi è quindi il ragionevole rischio che in queste Regioni gli infermieri addetti al Triage non siano ancora stati adeguatamente formati con la conseguenza di un’ingiusta discriminazione tra bambini riguardo a tempi d’attesa, trattamento del dolore, convivenza in spazi con adulti.
Obi pediatrica solo nel 35% degli ospedali del Sud
Per la maggior parte dei pazienti che arrivano ad un Pronto Soccorso con una malattia acuta non è sempre necessario il ricovero ordinario. L’Osservazione breve intensiva pediatrica è un’articolazione organizzativa del Pronto soccorso pediatrico o del Reparto di Pediatria finalizzata a dimettere un paziente con una patologia acuta risolvibile in tempi brevi (da 6 a 44 ore), senza ricorrere al ricovero ospedaliero. Rendere concreta questa possibilità significa rispettare le esigenze del bambino e della sua famiglia, ma anche al contempo ridurre i costi per il Servizio sanitario nazionale.
L’Accordo Stato-Regioni del 2019 aveva previsto l’attivazione delle Obi in tutte le strutture ospedaliere pediatriche, ma a tutt’oggi sono state attivate solo in 180 ospedali sui 252 complessivamente censiti con differenze significative tra le varie arie geografiche dell’Italia. In particolare, nelle Regioni del Nord le Obip sono attive nel 95,5% degli ospedali censiti; nel Centro nell’88%, mentre nel Sud e isole appena il 35% degli ospedali riesce a offrire questa possibilità ai bambini e alle loro famiglie. «Il ritardo nell’attivazione delle Obip – sottolinea Zampogna - costringe i bambini e ragazzi e le loro famiglie ad affrontare un ricovero inutilmente prolungato, e riduce la disponibilità di posti letto nei periodi critici, come la stagione invernale. È essenziale che si corregga rapidamente il divario tra le Regioni».
Diseguaglianze nei posti letto in Terapia intensiva pediatrica
Nonostante l’Accordo Stato Regioni del 2017 avesse auspicato un maggior numero di posti letto in Terapia Intensiva Pediatrica, la situazione appare ad oggi sostanzialmente immutata. L’indagine Simeup-Sip-Sipo ha rilevato che sono solo 185 i posti letto totali in Terapia Intensiva Pediatrica, attivi in 31 ospedali sui 252 censiti, numeri che devono ritenersi approssimativi attesa l’assenza di un codice Ministeriale che identifichi una Terapia Intensiva Pediatrica. Moltissimi pazienti in età pediatrica sono quindi ricoverati in reparti per adulto senza competenza specifica, elemento che può peggiorare la loro prognosi. La rilevazione Simeup rileva inoltre una grande disomogeneità territoriale: nelle Regioni del Nord è disponibile 1 posto letto di Tip ogni 24.000 residenti di età 0-14 anni, contro 1 ogni 28.000 nelle Regioni del Centro, ed 1 ogni 100.000 nelle Regioni del Sud.
Solo il 20% degli ospedali accoglie minori sino a 18 anni
L’indagine rileva inoltre significative nell’età massima per potere accedere di urgenza a un Pronto soccorso pediatrico o a una Uo di Pediatria. Nonostante per l’Oms e per la legge italiana l’età pediatrica va da o a 18 anni, solo il 20% degli ospedali italiani accoglie nei Pronto soccorsi (o nella Uo di Pediatria) minori fino a 18 anni; il 33% li accoglie sino a 16 anni, il 28% sino a 14 anni, il 9% sino a 15 e il 7% sino a 17. Persino tra i 16 ospedali pediatrici coinvolti si rileva che solo 9 ricoverano sino a 18 anni.


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