Lavoro e professione

Non c'è posto per i reumatologi nella sanità pubblica: oltre il 50% "resta fuori" e deve adattarsi

di Gian Domenico Sebastiani *

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24 Esclusivo per Sanità24

Emergenza reumatologi: nella sanità pubblica italiana più del 50% non trova posto di lavoro in ambito reumatologico e si adatta quindi alla medicina interna o altre specialità affini. Le strutture di ricovero, inoltre, sono insufficienti: le poche unità presenti si concentrano nelle grandi città, con intere province sprovviste. Anche a livello degli ambulatori del territorio gli specialisti reumatologi sono molto carenti: troppo spesso i malati, per ottenere una prima diagnosi, sono costretti a rivolgersi alla sanità privata, perché non ci sono abbastanza specialisti per rispondere ai loro bisogni.
È questo l’allarme lanciato dalla Società Italiana di Reumatologia (Sir) durante il 60° Congresso nazionale di Rimini. La distribuzione di reumatologi e di unità operative sul territorio italiano inoltre non è uniforme. Nel Lazio, per esempio, ci sono cinque strutture che possono garantire posti letto ai pazienti: sono tutte a Roma. Le altre province ne sono totalmente prive. Nelle Marche ne è presente solo una, a Jesi. Per le persone che necessitano di ricovero, soprattutto nei momenti più acuti della malattia, è un vero ostacolo. In Lombardia la situazione nelle strutture ospedaliere è migliore, tuttavia c’è assoluta carenza di reumatologi nel territorio.
Il problema si verifica anche per chi ha necessità di una prima diagnosi: l’impossibilità di trovare un reumatologo nella sanità pubblica o di farsi indirizzare dal proprio medico curante porta a due conseguenze, o la visita da uno specialista non adatto o, per chi può permetterselo, la sanità privata. Per quanto siano aumentati i posti nelle scuole di specializzazione, restano seri problemi nell’inserimento dei medici nelle strutture pubbliche.
Come Sir abbiamo realizzato un documento dedicato all’organizzazione della rete reumatologica territoriale, che tiene conto dell’importanza dell’implementazione di un sistema che abbia l’obiettivo primario di facilitare i percorsi di collaborazione tra i diversi livelli (territoriale, ospedaliero per malati non gravi e ospedaliero di ricovero), per una migliore gestione della persona e delle risorse. Il modello di riferimento è l’Hub & Spoke, che permetterebbe l’interscambio dei pazienti complessi dal centro Hub all’unità Spoke, una volta stabilizzati. Una migliore presa in carico permetterebbe la riduzione delle liste di attesa, con una diminuzione dei costi a carico del sistema sanitario e un beneficio per l’intera comunità. Chiediamo che si prevedano unità operative di reumatologia in numero proporzionale rispetto alla popolazione e variabile sulla base della densità abitativa. Il problema principale è il mancato assorbimento degli specialisti da parte delle strutture pubbliche.
I giovani reumatologi che escono perfettamente formati dalle scuole di specializzazione non trovano collocazione nelle strutture pubbliche, e vengono assunti nell’ambito della medicina interna o nel privato. Anche a causa dell’assenza di strutture specialistiche, il paziente, prima di accedere alla valutazione reumatologica, entra in contatto con altri specialisti, per esempio il fisiatra, l’ortopedico e il neurologo, con notevole ritardo diagnostico. Più la diagnosi ritarda, più ritarda la terapia con l’aggravamento dei sintomi e l’accumulo del danno irreversibile, che è direttamente proporzionale all’invalidità.
Sempre dal congresso di Rimini rivolgiamo anche un appello a tutti i pazienti reumatologici affinché siano vaccinati contro le principali infezioni prevenibili. L’intero processo d’immunizzazione deve essere "personalizzato" sul singolo malato e va coordinato dallo specialista reumatologo. È fondamentale evitare alcune infezioni che per un malato reumatico possono essere molto più pericolose che per il resto della popolazione. Esiste un’ampia letteratura scientifica che ha dimostrato in modo inequivocabile come le malattie infettive siano più pericolose nei malati reumatologici.
In particolare il paziente reumatologico va protetto il più possibile contro il Sars-Cov-2. Raccomandiamo a tutti la dose supplementare dopo il ciclo primario che tra poco sarà disponibile, in alcune Regioni, per l’intera popolazione a prescindere dall’età o dalla presenza di gravi malattie croniche. Nelle strutture sanitarie della Penisola stiamo assistendo a un aumento di casi di persone ospedalizzate a causa del Coronavirus-19. È un pericolo reale che però possiamo evitare grazie all’immunizzazione. Tuttavia non sempre è possibile somministrare il vaccino, a causa delle condizioni di salute del malato. In alternativa alla vaccinazione sono comunque disponibili terapie a base di anticorpi monoclonali che possono comunque proteggere il paziente immunocompromesso e preservarlo dal rischio di Covid-19. Le malattie reumatologiche sono più di 200 e in Italia vivono oltre 5 milioni e mezzo di pazienti reumatologici. Molti di loro potrebbero trarre reale giovamento da un’alimentazione sana ed equilibrata come quella garantita dalla dieta mediterranea. Aiuta infatti a ridurre l’infiammazione causata dalle patologie ed è complementare alla terapia farmacologica. Per questo è fondamentale incentivarne la diffusione. Con questo appello si è aperto il congresso di Rimini che è stato introdotto dal talk show "Reumatologia e stili di vita". Con uno speaker d’eccezione: l’ex ginnasta Jury Chechi.

* Presidente SIR


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