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XVIII Giornata europea diritti malato/ Desertificazione sanitaria, l’Italia delle cure (ma anche l’Ue) col fiato corto davanti alla carenza di professionisti

di Cittadinanzattiva

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Oltre 18mila cittadini senza medico di famiglia in Brianza, solo a Limbiate, comune di 34718 abitanti in provincia di Monza, 4712 sarebbero senza assistenza di base, a breve saranno nella stessa situazione oltre 4000 cittadini di Novate Milanese e 2429 cittadini di età inferiore a quattordici anni hanno a disposizione una sola pediatra. Nel territorio dell’Ast di Macerata mancano all’appello 42 medici di famiglia, e sono scoperti 32 incarichi per la guardia medica e 18 per il servizio di emergenza-urgenza; la carenza di medici di base è pari a 78 unità in provincia di Bergamo e a 31 a Lodi; 88 le guardie mediche mancanti in Trentino; nell’ospedale di Locri così come in quello di Salerno e Ravello mancano cardiologi; nella Asl5 di La Spezia mancano rianimatori, così come al Santa Maria della Misericordia di Sorrento dove il reparto di rianimazione resta chiuso per mancanza di personale. In alcune aree interne e periferiche la situazione è anche più allarmante: a Calasetta-Sant’Antioco in Sardegna gli abitanti sono rimasti senza medico di base, come denunciano da tempo i responsabili locali di Cittadinanzattiva; all’ospedale di Lipari manca il diabetologo e 13 infermieri, nel territorio della Valle Olona in Lombardia mancano in tutto 74 fra medici e pediatri.
Sono alcuni dei casi che le cronache locali portano alla ribalta in questi giorni: testimonianza di uno degli aspetti forse più evidenti, quello legato appunto alla carenza di personale sanitario, della cosiddetta desertificazione sanitaria.
Dal Report Ahead presentato nel 2023 da Cittadinanzattiva emerge una situazione di carenza di professionisti sanitari molto diffusa e variegata. Andando a vedere i casi più eclatanti nelle singole province emerge che: Asti e provincia contano meno pediatri per numero di bambini rispetto al resto di Italia (ogni professionista segue 1813 bambini fra gli 0 e i 15 anni, la media nazionale è di 1/1061 e la normativa prevede circa 1 pediatra per 800 bambini); nella provincia di Bolzano ogni medico di medicina generale segue in media 1539 cittadini dai 15 anni in su (la media nazionale è di 1 medico ogni 1245 pazienti); a Caltanissetta e provincia c’è un ginecologo ospedaliero ogni 40.565 donne (la media italiana è di 1/4132); a Bolzano si trova un cardiologo ospedaliero ogni 224.706 abitanti (la media è di 1/6741).
Di questo si è parlato oggi nel corso di un evento presso la sala conferenze di Europe Experience, “Desertificazione sanitaria: verso una nuova alleanza per colmare il vuoto”. L’iniziativa, ospitata dall’Europarlamentare Beatrice Covassi, è stata organizzata da Cittadinanzattiva nell’ambito della XVIII edizione della Giornata Europea dei diritti del malato. Si è trattato di un momento di confronto a partire dalla presentazione dei dati di tre grandi progetti europei - Ahead, Meteor e Oasis - che affrontano il fenomeno della desertificazione sanitaria come urgenza da affrontare su tutto il territorio europeo.
«La carenza di servizi sul territorio, la penuria di alcune specifiche figure professionali , la distanza dai luoghi di salute in particolare nelle aree interne del Paese, periferiche e ultraperiferiche, rappresenta un elemento di disequità nell’accesso alle cure e alle prestazioni che va affrontato attraverso un’alleanza tra istituzioni, professioni sanitarie e cittadini per elaborare proposte in vista dell’adozione di politiche pubbliche che contrastino il fenomeno e favoriscano un godimento effettivo del diritto alla salute da parte di tutti i cittadini, ovunque essi risiedano», dichiara Anna Lisa Mandorino, segretaria generale di Cittadinanzattiva.
«La Giornata Europea dei Diritti del Malato è un’occasione preziosa che ci chiama tutti ad agire sul tema del diritto alla salute. Assistiamo anche in Italia a un crescente fenomeno di desertificazione sanitaria, da tempo evidenziato da Cittadinanzattiva, dove a insufficienti risorse economiche si aggiunge il problema della carenza e della formazione del personale medico sanitario. Dopo l’emergenza da Covid-19 dall’Europa arriva una forte spinta per mettere la salute al centro anche in chiave comunitaria. La prossima legislatura deve andare avanti su questa strada. Dobbiamo garantire una solidarietà intergenerazionale, difendendo e proteggendo la salute pubblica nelle trasformazioni demografiche che viviamo», è quanto ha dichiarato l’europarlamentare Beatrice Covassi, componente Commissione parlamentare europea per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare.
L’emergenza sul territorio. Le preoccupazioni riguardo alla disponibilità di medici di medicina generale sono aggravate – come emerge dalla ricerca Oasis - dal loro profilo di età che risalta come uno dei più avanzati in Europa. Oltre il 55% dei medici ha più di 55 anni di età, più di un quarto raggiungerà l’età pensionabile entro il 2027. Inoltre, sebbene il numero di infermieri sia aumentato gradualmente nell’ultimo decennio, con 6,2 infermieri per 1.000 abitanti nel 2021 l’Italia è ancora notevolmente sotto la media europea di 8,5.
«Nella prospettiva di rilancio del Ssn avviata dal Pnrr, assume un ruolo cruciale la dimensione qualificante della prossimità come parola-chiave che deve informare di sé i processi di ricostruzione. Il richiamo alla prossimità implica una riflessione compiuta su quanto i servizi siano fuori dalla portata dei bisogni (e in questo senso hard-to-reach), e sulla desertificazione sanitaria come fenomeno complesso da contrastare attraverso i nuovi modelli organizzativi della sanità territoriale e le potenzialità derivanti dall’utilizzo diffuso dell’intelligenza artificiale», ha affermato Giovanni Baglio, Direttore Uoc Ricerca di Agenas.
Infermieri e medici che lasciano il lavoro
Dal progetto europeo Meteor, effettuato in Belgio, Paesi Bassi, Polonia e Italia, emerge che il 16% dei medici e l’8% degli infermieri intende lasciare il proprio ospedale e tali percentuali si invertono se consideriamo l’intenzione di lasciare del tutto la professione sanitaria (lo dichiara il 9% dei medici e il 14% degli infermieri. «Sono maggiormente a rischio gli operatori sanitari più giovani e coloro che lavorano sotto stress, in contesti ospedalieri caratterizzati da carenze organizzative e inadeguatezza di attrezzature e materiali e da un clima interno poco collaborativo e stimolante. Tra le politiche in grado di trattenere la forza lavoro sanitaria, lo studio ha evidenziato come più efficaci quelle a sostegno del personale, la formazione mirata e specifica per la leadership, la retribuzione competitiva, l’alleggerimento del carico burocratico e l’adeguamento delle piante organiche», dichiara Domenica Matranga, professoressa ordinaria di statistica medica presso l’Università di Palermo, partner progetto Meteor.
Sono dati confermati anche dalla ricerca condotta da Cittadinanzattiva nel 2023 su 10mila operatori sanitari appartenenti a venti categorie professionali con l’obiettivo di sondare le motivazioni dei professionisti a restare o lasciare il Ssn. «Poco meno della metà è soddisfatto del proprio percorso professionale ma in egual misura si dice insoddisfatto del proprio ambiente di lavoro che stimola poco o per niente la realizzazione personale e la crescita professionale. Oltre il 40% dichiara di avere carichi di lavoro insostenibili e quasi un terzo denuncia di essere stato vittima, negli ultimi tre anni, di aggressione (verbale o fisica) da parte degli utenti. Nonostante queste difficoltà, i professionisti sanitari credono fermamente nel valore del Ssn e nella salute come bene pubblico, perché pensano di poter contribuire al benessere della comunità (71,6%). Soprattutto, la maggioranza (83,5%) crede che ogni persona debba avere diritto alle cure di cui ha bisogno indipendentemente dalla gravità delle patologie o dal costo delle cure«, ha dichiarato Valeria Fava, responsabile politiche della salute di Cittadinanzattiva.


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