Dal governo

Dm appropriatezza, Lorenzin: «Nessuna caccia al medico ma in Italia l’eccesso di prestazioni costa 13 mld»

Dopo le polemiche di ieri, la ministra della Salute Beatrice Lorenzin getta acqua sul fuoco scatenato dal Decreto ministeriale sull'appropriatezza prescrittiva presentato ieri ai sindacati medici, tentando di tranquillizzare i camici bianchi sul nodo delle sanzioni. «Non c'è una caccia al medico - spiega- tutt'altro. Gli diamo gli strumenti per agire in modo più sereno. Le sanzioni amministrative sul salario accessorio scatteranno dopo un eccesso reiterato di prescrizioni inappropriate e solo dopo un contraddittorio con il medico che dovrà giustificare scientificamente le sue scelte. Se non lo farà, solo allora scatterà la sanzione».

La ministra ha garantito che nel mirino non ci saranno prestazioni essenziali per i pazienti. «Non è che sono stati tagliati la Risonanza magnetica o la Tac. Andiamoci piano - prosegue Lorenzin, riferendosi alla lista di 208 prestazioni interessate dal giro di vite - Si vuole avere un'appropriatezza della prescrizione diagnostica: ovvero che le persone siano indirizzate a fare le diagnosi che servono e non quelle che non servono. In Italia l'eccesso di prestazioni costa allo Stato 13 miliardi di euro l'anno, soldi che potrebbero essere invece ridistribuiti nel Ssn per garantire un accesso migliore, ad esempio, alla diagnostica oncologica». «Ci sono dei protocolli che definiscono come e quando fare le prestazioni diagnostiche - ricorda il ministro - Sono definiti dalle società scientifiche e rivisti insieme al Consiglio superiore di sanità in base alle buone prassi. Per questo abbiamo avuto un confronto con i sindacati. Dopo, il medico che prende in carico il paziente può anche decidere di derogare quando ritiene necessario e fare più analisi, ma deve motivarlo».

«Quello che si va a sanzionare - sottolinea la ministra - non è la normalità di una ricerca diagnostica quando si ha un sospetto di una malattia, ma le prestazioni inutili che spesso è diventata purtroppo la normalità in Italia. Non chiediamo di ridurre le prestazioni necessarie, ma vogliamo garantire alle persone di avere accesso a un loro diritto e avere le risorse da investire sulla diagnostica necessaria».




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