Dal governo

Governo «politico» giallo-verde guidato dal tecnico Giuseppe Conte. Giulia Grillo alla Salute

di Barbara Gobbi

S
24 Esclusivo per Sanità24

A quasi tre mesi dal voto del 4 marzo, il cerchio si chiude. L'ennesima settimana di fiato sospeso e colpi di scena - avviata con la rinuncia di domenica 27 maggio del giurista incaricato premier Giuseppe Conte, per l'impasse da proposta leghista su Paolo Savona all'Economia - volge al termine. Con un ritorno al Governo politico. Dopo 88 giorni di stallo l'Italia riparte con un Esecutivo giallo-verde, guidato da un tecnico (e con un ampio spazio a ministri anch'essi tecnici): il confermato Conte, rientrato a Roma in tutta fretta da Firenze (dove è professore universitario di Diritto privato) per un colloquio con i leader Luigi Di Maio (M5S) e Matteo Salvini (Lega), in vista di un nuovo incarico da parte del Capo dello Stato Sergio Mattarella.

Tramontata contestualmente l'ipotesi di una guida provvisoria, che il presidente Mattarella aveva voluto affidare a Carlo Cottarelli, con l'obiettivo di traghettare il Paese verso nuove elezioni o, nel migliore scenario, di varare la manovra finanziaria 2019. E lo stesso "mister spending review", nella conferenza stampa in cui ha rimesso l'incarico nel tardo pomeriggio del 31 maggio, ha avallato la soluzione di un governo politico come «di gran lungo la migliore».

Nel nuovo esecutivo a Matteo Salvini andrà il ministero dell'Interno; a Luigi di Maio il Lavoro e lo Sviluppo Economico. Entrambi saranno vicepremier. A Paolo Savona - il nome su cui tutto sembrava si fosse arenato senza possibilità di recupero - vanno gli Affari europei. Per l'Economia si è trovato l'accordo su Giovanni Tria, presidente della Scuola nazionale dell'amministrazione e professore di Economia politica a Tor Vergata (Roma).

Ora le lancette dell'orologio della politica dovrebbero riprendere a viaggiare con continuità: giuramento il 1° giugno - giusto in tempo per la Festa della Repubblica - poi fiducia a Camera e Senato, lunedì 4 e martedì 5 giugno.

Giulia Grillo alla Sanità. È Giulia Grillo, medico legale nata a Catania il 30 maggio 1975 e conosciuta dal popolo pentastellato come “la pasionaria della sanità”, la nuova inquilina di Lungotevere Ripa 1. La sede storica, a Roma, del dicastero della Salute, dove Grillo prenderà il posto di Beatrice Lorenzin, la ministra della Salute più longeva di tutta la Repubblica. E chissà se Giulia Grillo – nessuna parentela con il “padre nobile” dei Cinquestelle Beppe – riuscirà ad eguagliarne il primato, visto il percorso d’incertezza e trattative che ha condotto all’inedito Governo giallo-verde.
Quel che è certo, è che Grillo - capogruppo del Movimento alla Camera e prima ministra della Salute in quella che Di Maio tiene a battezzare come Terza Repubblica - è intenzionata ad imprimere una svolta decisa. Basta guardare l’impegno profuso in commissione Affari sociali già durante la scorsa Legislatura: le mozioni sulla revisione della governance farmaceutica, sull’intramoenia e per il reintegro del personale sanitario, nel nome della sostenibilità del Servizio sanitario nazionale, Grillo le aveva presentate proprio come strumento d’inversione di tendenza rispetto a politiche giudicate troppo asservite a “lobby potenti”, e nello stesso tempo troppo deboli nella tutela dell’interesse dei cittadini-pazienti. È stata la stessa neo-ministra, del resto, a ricordarlo nel presentarsi agli elettori, prima del voto: «Sono riuscita a far approvare tre mozioni a mia prima firma su governance farmaceutica, sbocco del turn-over del personale sanitario, revisione della disciplina intramoenia e governo delle liste d’attesa», ha raccontato di sé descrivendo l’impegno in Sanità. Non solo. «Fra gli altri – rincarava parlando al popolo grillino– è stato anche approvato un emendamento sulla dose unica del farmaco e altri emendamenti sulla farmaceutica».

La farmaceutica. Chissà se riuscirà ad attuare tutte le quattordici voci di “politiche del farmaco” cui è inevitabilmente dedicato un paragrafo ad hoc del programma Cinquestelle: tra queste, al primo posto c’è l’eliminazione del ticket sui farmaci “senza che ciò pesi” sulle tasche dei cittadini ma facendo leva in primis sull’attuale politica dell’Aifa, cui se le promesse saranno rispettate si chiederà di completare il piano di risparmi da rinegoziazione dei farmaci pari a 1,5 miliardi di euro, cui mancherebbero tutt’ora all’appello 800 milioni. «Soldi che servono come il pane – spiegano i Cinquestelle – per sbloccare finalmente il turnover del personale medico e assumere giovani preparati». Ancora sui farmaci: nel programma elettorale i M5S chiedevano «l’obbligo di trasparenza e di pubblicità nella contrattazione del prezzo dei farmaci tra Aifa e case farmaceutiche», così come un nuovo aggiornamento del prontuario. Sulle sperimentazioni, largo alla disclosure su possibili conflitti d’interesse, così come alla richiesta alla farmaceutiche di fornire tutta la documentazione disponibile sulle fase di ricerca e sviluppo di un medicinale, con la collaterale riduzione della durata della proprietà intellettuale e con l’introduzione con legge ordinaria della licenza obbligatoria, quando ciò sia necessario per problemi di ordine pubblico.

La difesa strenua del Ssn. Le risorse per un Servizio sanitario nazionale da preservare arriveranno non solo da una rivisitazione della governance farmaceutica: per M5S, passeranno anche da un potenziamento dei servizi territoriali - nel contratto di Governo con la Lega si rilancia fortemente l’integrazione socio-sanitaria – con la valorizzazione delle strutture a bassa intensità di cura in tutti i casi in cui l’ospedale è evitabile. Un disegno in cui anche il personale finalmente dovrebbe “respirare” con l’allineamento, ad esempio, tra accessi alle facoltà di Medicina e borse a bando per la specializzazione e con la piena attuazione dell’articolo 22 del Patto per la salute (siglato nel luglio 2014 tra Lorenzin e le Regioni), che valorizza gli ospedali d’insegnamento. La stessa neo-ministra, nei suoi impegni pre-elettorali, aveva promesso di «creare le condizioni affinché il personale sanitario possa lavorare senza sovraccarico di lavoro e in un clima di serenità e collaborazione riducendo al minimo le logiche clientelari e antimeritocratiche causate dall’ingerenza di varie forme di potere».

Altolà all'ingerenza della politica. Inevitabile il riferimento alle nomine politiche dei manager sanitari, bestia nera additata da M5S e Lega nel contratto di Governo, cui nelle settimane scorse Lorenzin aveva avuto gioco facile nel rispondere – rivolgendosi direttamente al premier incaricato Conte - che «la riforma della dirigenza sanitaria è stata oggetto di un lungo e complesso processo di revisione della governance della dirigenza degli enti Ssn». E che quindi al nuovo Governo ora «spetterà vigilare sulla sua rigorosa attuazione nelle diverse regioni italiane». C'è da scommettere che la neo ministra raccoglierà la sfida.


© RIPRODUZIONE RISERVATA