Imprese e mercato

Basta polveroni sull’appropriatezza. Assobiomedica al contrattacco

di Massimiliano Boggetti (presidente Assodiagnostici-Assobiomedica)

Negli ultimi mesi molti credono di aver trovato la soluzione al nostro Sistema sanitario nazionale in profonda crisi, attraverso una ricetta chiamata «appropriatezza».
In effetti in un Paese come il nostro, in recessione economica da anni e in cui il bisogno di benessere e cure della popolazione che invecchia sempre di più aumenta, questa ricetta troverebbe anche me d’accordo.
L'appropriatezza in medicina significa «fare la cosa giusta, giusta», ovvero limitare l'errore clinico che comporta ricadute negative sul paziente e aggravio di costi per il sistema sanitario; significa eseguire esami giusti quando essi servono, togliendo quelli obsoleti o non utili a vantaggio di quelli innovativi e in accordo con le nuove linee guida internazionali; attuare programmi di prevenzione appropriati che migliorino le condizioni di salute del cittadino e limitino gli altissimi costi di cura di futuri malati, e così via dicendo in un lungo elenco di cose appropriate che si potrebbero fare meglio in medicina. Come si fa a non essere concordi? Eppure nel nostro Paese tutto viene letto in maniera strumentale, distorto, e quindi l'appropriatezza tanto sbandierata dal nostro ministro della Salute diventa solo tagliare “lo spreco” spesso con manovre che di “appropriato” non hanno nulla, ma piuttosto sono dei veri e propri tagli lineari, come la manovra appena approvata e in fase di conversione a legge.

A sostegno di questa visione sbagliata del concetto di appropriatezza, ovvero di taglio alla spesa sanitaria, recentemente mi sono imbattuto nell'articolo“Corsa all'armamento tecnologico in sanità: cui prodest?” di Nino Cartabellotta (presidente Fondazione Gimbe) apparso su Sanità24 del Sole-24Ore, lo scorso 5 agosto. L’articolo vuole evidentemente spiegare ai cittadini che in fondo l'innovazione tecnologica - qui chiamata «Hi Tech», svilendola al pari del nuovo apparecchio elettronico al consumo del momento - non è sempre buona. L'editorialista sostiene che «Le biotecnologie biomediche costituiscono la determinante principale dell'incremento della spesa sanitaria».

Va ricordato che oggi l'industria della diagnostica in vitro, rappresentata dalle aziende che inventano, producono e supportano le “tecnologie biomediche” necessarie alla ricerca di marcatori di patologia nei liquidi biologici umani, investe circa il 6% del proprio fatturato in ricerca e sviluppo per fornire quotidianamente ai medici di medicina di laboratorio test sempre più accurati ed affidabili, tecnologie sempre più automatizzate che pertanto aiutano a ridurre l’errore clinico, e nuovi marcatori capaci di identificare in maniera sempre più precoce l’insorgenza di una patologia. Pertanto l'innovazione tecnologica in Diagnostica di Laboratorio ha indiscutibilmente aiutato il processo di miglioramento della medicina moderna, oggi più del 70% delle decisioni cliniche viene presa con il supporto dei dati provenienti dalla Medicina di Laboratorio, e contestualmente ha contribuito al contenimento della spesa sanitaria in fisiologico aumento.

Sull'articolo di Cartabellotta ho avuto il piacere di confrontarmi con Pierangelo Clerici, presidente della FismeLab ( Federazione italiana delle società scientifiche di medicina di laboratorio), il quale sostiene che le parole dell'editorialista «se vi è disponibilità di una nuova determinata tecnologia, questa verrà utilizzata, anche in assenza di prove di efficacia e sicurezza e talvolta anche a dispetto di prove di inefficacia» sono un attacco poco velato ai professionisti della Medicina di Laboratorio e non solo poiché si prefigura che le nuove tecnologie che entrano in laboratorio non siano attentamente valutate, ma acquisite chissà per quale misterioso evento.
Sostenere quindi che «qualunque innovazione viene accettata oltre i suoi reali benefici, talvolta anche se comporta dei rischi» è una frase non-appropriata alla realtà, ma forse utile a far accettare i tagli. Spiegare ai cittadini che «l’offerta tecnologica tende a essere sempre più ampia e variegata perché esiste una maggiore propensione a investire in una nuova tecnologia supportata da evidenze limitate», significa non conoscere il nostro mondo e la serietà con cui medici e industria sperimentano le nuove tecnologie, e le validano attraverso rigorosi studi clinici pubblicati su riviste scientifiche di fama internazionale.
Clerici ha ribadito che non possiamo, come professionisti e come cittadini, che essere contenti che le biotecnologie offrano sempre migliori possibilità diagnostiche, guai a mettere in dubbio, «una diagnosi precoce è sempre meglio di una diagnosi tardiva» come si vorrebbe far intendere nell'articolo. Non spetta a me, sostiene Clerici, poiché è storia nota e quotidiana , ricordare quanti malati hanno potuto beneficiare di percorsi diagnostici terapeutici che hanno risolto patologie in fase iniziale, che altrimenti avrebbero avuto evoluzioni gravi e costi assai più onerosi non solo in termini economici, ma soprattutto in termini di salute, e quindi sociali. Non si tratta di limitare l'introduzione di nuove tecnologie di Laboratorio o di nuovi test diagnostici: il medico prescrittore conosce bene il significato di appropriatezza e nel caso non gli fosse chiaro, cosa di cui dubito, è stato addirittura legiferato con il Dl Enti locali approvato giusto un mese fa.

Sicuramente, ma è quanto i professionisti della Medicina di Laboratorio stanno proponendo e realizzando, bisogna rendere ottimale e razionale , in un concetto di rete, l'allocazione e l'utilizzo di tecnologie importanti e costose evitando la parcellizzazione che genera incrementi di spesa e su ciò il contributo del mondo della Medicina di Laboratorio è costante e propositivo e mai a salvaguardia dello “status quo” o di interessi di parte e riteniamo che il nostro ruolo, per le discipline che rappresentiamo, sia fondamentale nella riorganizzazione del Ssn.
In conclusione osservo che siamo pertanto arrivati al paradosso secondo il quale, dovendo far accettare ai cittadini un nuovo taglio lineare sui dispositivi medici dobbiamo sostenere pubblicamente frasi come «Per frenare l'utilizzo indiscriminato delle tecnologie diagnostiche e ridurre gli eccessi di medicalizzazione della società è indispensabile: sbarazzarsi dei luoghi comuni, quali “fare di più è meglio di fare di meno”». Tutto ciò affinché i cittadini da ora inizino a pensare che l'innovazione tecnologica, che ha permesso in medicina cose straordinarie, solo qualche anno fa impensabili e che sono di fronte agli occhi di tutti, in fondo non serva davvero.

Così i medici, con il nuovo decreto, saranno penalizzati economicamente se non limitano la prescrizione di test, perché «l'uso indiscriminato delle tecnologie diagnostiche rappresenta oggi la causa scatenante di preoccupanti fenomeni in continua ascesa, quali l'eccesso di medicalizzazione, l'overdiagnosis e l'overtreatment che peggiorano lo stato di salute delle persone e generano ingenti sprechi», e i cittadini saranno inibiti dal protestare.
Ora sappiamo tutti “cui prodest”, a chi giova: ossia a coloro che sostengono l'ennesimo taglio alla Sanità come principale fonte di recupero di risorse economiche per il Paese.


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