Imprese e mercato

Nel 2021 fatturato biotech-salute Italia a 7,5 mld. Le proposte per fare del Paese un polo europeo delle biotecnologie. Cattani: «Cabina di regia presso la Presidenza del Consiglio»

di B. Gob.

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Le entrate stimate a livello globale dell’industria farmaceutica passeranno da poco meno di 1.100 miliardi di dollari nel 2022 - 344 dei quali per farmaci biotecnologici innovativi - agli oltre 1.400 miliardi di dollari, di cui 505 miliardi per farmaci biotech, nel 2026. In percentuale, significa che il biotech pesa oggi per il 31% sul totale dei ricavi del mercato farmaceutico, che diventerà il 34% nel 2026. Solo quattro anni fa, nel 2018, pesava per il 26% su un valore complessivo di 900 miliardi di dollari. Queste le percentuali in crescita che fotografano l'espansione delle biotecnologie applicate alla salute, che anche per l'Italia - tra i principali poli farmaceutici al mondo con 34,3 miliardi di valore della produzione nel 2020- dà conto di aumenti costanti negli ultimi anni. Attualmente i più presenti sul nostro mercato sono i medicinali privi di brevetto e i biosimilari, il cui consumo è superiore alla media europea. Considerando il totale delle imprese, tuttavia, circa tre quarti del fatturato biotech totale è prodotto dal settore della salute e ben il 90% degli investimenti totali in R&S biotech in Italia riguarda il comparto sanitario. Le imprese che operano nel settore delle biotecnologie applicate alla salute sono infatti 344, la metà delle aziende biotech italiane, una percentuale che arriva al 58% considerando le realtà dedicate esclusivamente alla R&S biotech, le quali impegnano il 75% dei propri costi totali di ricerca in attività di questo tipo. Lo evidenzia il rapporto BioInItaly 2022 di Enea e Assobiotech, che traccia una crescita nel numero di imprese biotech: 790 aziende censite nel 2021. Il fatturato complessivo di queste aziende che operano nel comparto salute continua a crescere incessantemente da anni: fra il 2014 e il 2020 si è registrata infatti una crescita del 158% fra le imprese dedicate alla R&S biotech a capitale italiano. Nel 2021 il fatturato del settore biotech-salute ha toccato quota 7,5 miliardi di euro, rappresentando l’ambito più redditizio di tutto il mercato.
A fare il punto sui benefici delle biotecnologie in termini di terapie e di sviluppo per l'intero sistema Paese, l'evento "Le biotecnologie in sanità: una roadmap per l'Italia", organizzato a Roma con il patrocinio del ministero della Salute e di Farmindustria, promosso da Altems, Alta Scuola di Economia e Management, Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, con il contributo non condizionato di Argenx e in collaborazione con PPI- Public Policy Innovation. Il convegno ha avuto l’obiettivo anche di individuare le aree di miglioramento specie in ambito normativo e accesso alle cure, incentivare il dibattito tra i rappresentanti delle istituzioni per tracciare il percorso del prossimo decennio. «È importante rilanciare il ruolo dell'Italia nel mondo delle biotecnologie, un settore su cui possiamo e dobbiamo puntare anche e soprattutto sul piano europeo. Per questo Altems ha promosso questo evento - evidenzia direttore Americo Cicchetti -. Vogliamo ascoltare gli interlocutori principali con l'obiettivo di riportare la giusta attenzione in un momento cruciale per le istituzioni e per il nostro sistema economico e sociale. Qualche anno fa dicevamo che la capacità di innovare dipendeva dalla sinergia di tre elementi: la ricerca accademica con il networking tra gli Irccs, la volontà di investire dell'industria e un quadro regolatorio chiaro fornito dalle istituzioni. Su questi tre aspetti l'Italia ha caratteristiche peculiari ma è necessario attirare e riavviare gli investimenti, e avere regole certe. Parlare di questo modello insieme ai partner è un buon punto di partenza. Affermare l’Italia come polo europeo per le biotecnologie in sanità e costruire una roadmap insieme a istituzioni, accademia, scienziati, ricercatori e industria per giungere all’obiettivo in un tempo ragionevole. Questo è, in sintesi, lo scopo dell’evento».
Le scienze per la vita sono al centro dell’attuale rivoluzione industriale. Basti pensare alle nuove opportunità di cura che arrivano dai farmaci innovativi, dai farmaci orfani, dalle terapie avanzate e geniche, le terapie cellulari, l’editing genetico e i nuovi sistemi di diagnosi predittiva oggi integrati con l’intelligenza artificiale. Non solo: le nuove biotecnologie permettono già oggi un approccio alle cure personalizzato e a vantaggio di tutti, dai pazienti oncologici ai malati rari. «Negli ultimi anni i farmaci biotecnologici hanno saputo dare risposte importanti ai bisogni dei pazienti, contribuendo in alcuni casi a curare definitivamente patologie rare grazie a terapie geniche innovative - conferma Annarita Egidi, Componente Consiglio di Presidenza Federchimica Assobiotech e General Manager Takeda Italia -. Le malattie rare riguardano centinaia di migliaia di cittadini, ma ogni patologia è diversa, ognuna ha esigenze diverse, ognuna ha impatto su un numero relativamente piccolo di persone e di famiglie. Oggi si stima che, su circa 8.000 patologie, solo 300 abbiano una terapia approvata. Per questo motivo è fondamentale essere rapidi, incentivare gli investimenti in ricerca e sviluppo nel settore biotech per produrre soluzioni terapeutiche efficaci per molte altre malattie rare dove la cura è ancora lontana». La richiesta avanzata da Egidi in occasione del convegno si sintetizza su tre punti: «Accelerare sui decreti attuativi del Regolamento sulla sperimentazione clinica è cruciale, poi bisogna accelerare sull'implementazione di quanto di virtuoso è stato riportato sul Testo unico per le malattie rare e sui Pdta personalizzati. Il terzo punto non meno importante è la collaborazione sulle competenze, facendo in modo che l'Università esiti per molti studenti in una occasione di lavoro rapida. L'innovazione infatti a livello dell'industria corre, spesso non è allineata e se noi possiamo collaborare meglio con gli Atenei ma anche a formare meglio i giovani, riusciamo a farli entrare nel mondo, in grande fermento, delle biotecnologie. Poi ovviamente bisogna lavorare su "up-skill" e "re-skill" degli addetti».
Il biotech rappresenta oggi il motore della ricerca nel settore farmaceutico, e viceversa il settore farmaceutico rappresenta uno degli ambiti dove l’innovazione si esprime alla sua massima potenza. A indicare con proposte molto precise la via da seguire è Marcello Cattani, presidente di Farmindustria: «Dobbiamo abbattere prima di tutto i silos culturali - ha detto - se lo facciamo, aiutiamo le imprese piccole o grandi che siano a fare il loro mestiere e cioè innovare. Agli investitori dobbiamo vendere il sistema Italia come attrattivo, anche perché siamo bravi a produrre scienza. Serve un quadro di regole italiane ed europee più flessibili, aperte all'innovazione. E serve una Cabina di regia che faccia capo alla Presidenza del Consiglio, che quindi dà la linea strategica industriale del Paese rispetto alle priorità della ricerca. C'è un grande tema irrisolto che si affianca a quello delle risorse e che è il tema dell'istruzione. Bisogna decidere dove gettare i semi della cultura: abbiamo bisogno di una visione molto chiara che metta insieme diritto alla salute, diritto alla ricerca e il valore della ricerca. Solo così saremo competitivi, sennò i nostri ricercatori andranno all'estero perché saranno pagati meglio e le aziende chiuderanno. Negli ultimi mesi, come certifica Aifa, sono aumentate le carenze di farmaci, non per motivi commerciali ma perché c'è la difficoltà nel reperire gli ingredienti attivi che arrivano da India e Cina. Fino a oggi non abbiamo avuto la lungimiranza, in questo come in altri settori. Dobbiamo credere nelle eccellenze ma serve una direzione molto chiara».
È Giorgio Palù, presidente Aifa, a citare le principali e ampie applicazioni delle biotecnologie per la salute: «Crispr-Cut non limitata soltanto alla terapia genica delle malattie genetiche, immunoterapia, vaccino-terapia, sviluppo di vettori virali ancora più adeguati di quanto siano ora, senza trascurare i device perché avere una diagnostica rapida e immediata nel nostro corpo ci consentirà trattamenti tempestivi».
«Arrivare il più presto possibile al paziente - ha spiegato Giovanni Leonardi, segretario generale del ministero della Salute - è uno scopo che ci siamo dati fin dal Fondo terapie avanzate creato a suo tempo dall'allora ministro Beatrice Lorenzin. Nei sette anni da direttore della Ricerca ho sempre cercato di fare un bando congiunto, ma non è facile fare integrazione pubblico-privato anche se il tentativo va fatto sempre. L'altra questione è creare un ecosistema della salute, integrato, dove tutto il mondo pubblico e privato della ricerca concorrono insieme al tessuto industriale, per lo sviluppo economico. Perché è chiaro che sono i distretti il luogo dove si realizza questa integrazione tra settore della produzione e della ricerca che può creare valore, tanto più in un ambito come il nostro caratterizzato da piccole-medie imprese. Oggi - ha aggiunto Leonardi - siamo nella situazione di doverlo creare, questo tessuto, ma non mancano le difficoltà sia in tema di scelta del partner da parte del sistema pubblico sia del ruolo del ricercatore e dell'istituto pubblico, sempre a rischio di incompatibilità ad esempio quando si crea uno spin-off. Questi sono nodi che vanno sciolti, altrimenti per un ricercatore diventa improbo andare a fare trasferimento tecnologico. E di questo ci stiamo occupando nel decreto delegato che andremo ad approvare sugli Irccs».
Fra gli 11 potenziali blockbuster (farmaci che rendono almeno 1 miliardo di dollari l’anno), inatnto, circa la metà sono farmaci biologici, come ad esempio gli anticorpi monoclonali.Tra questi, «La nostra - sottolinea Silvia Chiroli, CM di argenx - è un esempio positivo di azienda nel settore dell’immunologia fondata in Europa e diventata globale. La nostra filosofia è che la collaborazione è la chiave del successo, centrale nell’azione di argenx. È infatti grazie al lavoro di équipe e alla collaborazione con i principali centri di ricerca - numerosi anche in Italia - nel contesto del Programma di Innovazione in Immunologia, che siamo riusciti a tradurre un’importante scoperta scientifica in un'innovativa opzione terapeutica per una grave malattia autoimmune rara e a renderla disponibile per pazienti di Stati Uniti, Giappone ed Europa».


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