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Life Sciences/ Italia 8a nella Ue per capacità di ricerca e innovazione. Ricercatori italiani i secondi più premiati, ma il Paese fatica a trattenerli

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In Italia l’ecosistema della ricerca e dell’innovazione nelle Scienze della Vita sta diventando progressivamente più competitivo, con diverse aree di eccellenza ma anche importanti lacune che la allontanano dai paesi più avanzati. Con un punteggio di 4,42 su 10, ci collochiamo all’8° posto su 25 Paesi dell’Unione Europea, guadagnando una posizione rispetto al 2020 (+11,7% di crescita), ma rimanendo ancora lontano dal podio, attualmente occupato da Danimarca (7,06), Germania (6,56) e Belgio (6,12), e restando dietro a Svezia (5,81), Francia (5,51), Paesi Bassi (5,12) e Spagna (4,78).
L’Italia eccelle per efficacia dell’ecosistema innovativo come 2° Paese con il punteggio più alto (4,95), alle spalle solamente della Germania (10), vantando il 2° posto in UE per numero di pubblicazioni scientifiche nelle Scienze della Vita (56.700), il 1° per citazioni delle pubblicazioni (90.700) e il 3° posto per export di prodotti farmaceutici e medicali. Le principali lacune del Paese riguardano invece il capitale umano qualificato, per il quale si classifica solo al 12° posto. L’Italia, infatti, è 14° per laureati nelle materie Life Sciences e conta ancora pochi laureati Stem, pari al 18,3% ogni 1.000 abitanti, contro il 29,5% della Francia e il 24% della Germania. Inoltre, si posiziona al 14° posto per quota di ricercatori attivi nelle scienze della vita (solo il 2,8%), dietro ai Paesi benchmark e ai top performer Ue.
A confermare l’urgenza di intervenire in particolare sul capitale umano sono anche i recenti riconoscimenti degli ERC (European Research Council) Starting Grant a supporto dell’eccellenza scientifica europea: con 57 grant, nel 2023 i ricercatori italiani sono i 2° più premiati nella UE, dietro ai tedeschi. Tuttavia, l’Italia è l’unico tra i grandi Paesi benchmark UE ad avere un saldo netto negativo (-25 nel 2023) tra grant ottenuti per Paese e i grant ottenuti per nazionalità del Principal Investigator: un dato in continuità con quanto osservato nel 2022 (saldo complessivo degli ERC Grant pari a -38) che sottolinea la difficoltà di trattenere i migliori talenti entro i confini nazionali. Ad allontanare i talenti nel proseguire la propria carriera o Italia sono soprattutto la mancanza di meritocrazia (84%) e i salari bassi e poco competitivi con il resto d’Europa (72%).Sono i risultati che emergono dal nuovo Libro Bianco sulle Scienze della Vita in Italia che include l’Ambrosetti Life Sciences Innosystem Index 2023 (ALSII 2023), realizzato dalla Community Life Sciences di The European House - Ambrosetti e presentato a Milano nel corso della nona edizione Technology Life Sciences Forum 2023. L’Index, che misura la competitività degli ecosistemi di ricerca e innovazione nelle Scienze della Vita dei Paesi dell’Unione Europea, ha infatti confrontato 25 Paesi membri dell’Unione Europea prendendo in considerazione i dati degli ultimi otto anni, mediante l’analisi di 13 indicatori raggruppati all’interno di quattro dimensioni: capitale umano, vitalità delle imprese, risorse a supporto dell’innovazione, efficacia dell’ecosistema dell’innovazione. «Il nuovo Ambrosetti Life Sciences Innosystem Index (ALSII) posiziona l’Italia all’8° posto assoluto sui 25 Paesi dell’Unione Europea, nella fascia dei Paesi con performance medio-alte, ma ancora lontana dalle prime posizioni occupate da Danimarca, Germania e Belgio. Si osserva positivamente come il Paese abbia guadagnato una posizione nel 2023 rispetto al 2020 e si posizioni all’ottavo posto tra i Paesi cresciuti maggiormente. L’ecosistema della ricerca e dell’innovazione nelle Scienze della Vita sta dunque migliorando negli ultimi anni, ma la distanza rispetto ai best performer europei va ancora colmata», commenta Valerio De Molli, Managing Partner e CEO The European House - Ambrosetti. «Nello specifico - prosegue - i risultati dell’Index evidenziano l’urgenza di intervenire sul capitale umano, migliorando la retention dei nostri migliori ricercatori e l’attrattività per i talenti stranieri». L'indagine tra i ricercatori. Per questo, a integrazione dell’Index, la Community Life Sciences ha condotto un’indagine conoscitiva con protagonisti i ricercatori italiani vincitori di grant ERC nell’area disciplinare delle Life Sciences negli ultimi 5 anni - sia trasferiti all’estero che rimasti in Italia - per mettere in evidenza i principali motivi che causano la "fuga dei talenti" all’estero. «I ricercatori che sono andati all’estero - spiega De Molli - segnalano innanzitutto la presenza di fondi e finanziamenti dedicati alla ricerca nel settore, la qualità della ricerca scientifica e la facilità di progressione nella carriera accademica: si tratta di elementi determinanti nell’attrattività degli ecosistemi degli altri Paese ed è necessario evidenziarli per consentire al nostro Paese di focalizzare gli sforzi negli ambiti in cui l’estero risulta maggiormente competitivo».Imprese e risorse per l’innovazione: l’Italia deve migliorareSecondo l’Ambrosetti Life Sciences Innosystem Index 2023, l’Italia si posiziona indietro rispetto ai top performer e ai Paesi benchmark UE per quanto riguarda la vitalità delle imprese, al 15° posto con un punteggio pari a 3,33, sempre dietro a Germania (5,20), Spagna (4,40) e Francia (3,38). Male sia la quota di occupati nelle Scienze della Vita (1,7%) che il tasso di crescita delle imprese di settore, calcolato come media degli ultimi 3 anni in termini di CAGR (1,8% di media). Per produttività del lavoro delle imprese nelle Scienze della Vita l’Italia conquista invece un 7° posto, con una produttività media di 152,7 euro per addetto, poco distante dalla Germania (162,5 Euro per addetto) ma sopra la Spagna (119,8 Euro per addetto). L’Italia rientra nella Top 10 strappando un 9° posto per quanto riguarda le risorse a supporto dell’innovazione, (3,91 punti), indietro rispetto ai Paesi benchmark come Francia (8,36), Germania (5,97) e Spagna (4,95). Nota dolente sono gli scarsi investimenti in R&S da parte delle imprese, che investono 12,6 euro per abitante, 5 volte in meno della Germania (63,1 euro/abitante). Gli investimenti pubblici si attestano su 12,1 euro per abitante, poco distante da Germania (19,5 euro/abitante) e Spagna (18,9 euro/abitante).Perché i ricercatori abbandonano l’ItaliaConseguenza della carenza dell’ecosistema italiano e allo stesso tempo limite per lo sviluppo del potenziale innovativo del Paese è la "fuga dei cervelli": dal 2013 al 2021 i laureati in uscita dall’Italia sono cresciuti del +41,8%. Nonostante i giovani ricercatori italiani siano tra i più premiati dall’UE, il nostro Paese non riesce a trattenerli. Questa mancanza di capitale umano d’eccellenza ha ripercussioni su tutto l’ecosistema dell’innovazione nel Paese e in particolare su quello delle Scienze della Vita, che necessita di personale altamente qualificato sia per l’industria che per il mondo della ricerca scientifica. Secondo l’indagine qualitativa condotta dalla Community Life Sciences, l’86% dei ricercatori rimasti in Italia lamenta salari bassi e poco competitivi con l’estero, l’80% mancanza di meritocrazia.All’estero invece, gli ecosistemi internazionali risultano attrattivi soprattutto per la presenza di finanziamenti (84%) e per l’alta qualità della ricerca scientifica (72%), affiancata dalla facilità di accesso e progressione nella carriera accademica (56%). Tutti i ricercatori italiani all’estero si dicono soddisfatti della propria scelta e 8 su 10 ritengono improbabile un loro rientro in Italia. Per chi rimane invece la scelta è legata principalmente a motivi personali o familiari (86%); la seconda motivazione, distante tuttavia 29 punti percentuali dalla prima, è relativa alla qualità della ricerca scientifica italiana (57%), mentre solo un 19% per il rapporto positivo tra ricerca e industria. Emblematico il fatto che il 43% dei ricercatori rimasti in Italia, potendo tornare indietro, proverebbe una carriera all’estero. I risultati mostrano infine una sostanziale sfiducia dei ricercatori italiani in Italia nei confronti del Pnrr: il 76% non reputa le riforme sufficienti per rilanciare l’ecosistema.


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