In parlamento

Cose di Aifa, i veleni ieri al Senato

Lucio Barani (Ala) attacca sul maxi compenso ricevuto dall’ormai ex dg Luca Pani, il sottosegretario De Filippo risponde. Ecco cosa è andato in scena ieri in aula al Senato.

L’interrogazione
BARANI - Ai Ministri dell'economia e delle finanze e della salute. -
Premesso che:
l'Aifa è l'autorità nazionale competente per l'attività regolatrice dei farmaci in Italia ed è un ente di diritto pubblico che opera, in base ai principi di legalità, imparzialità e trasparenza, con criteri di efficienza, economicità ed efficacia, sotto la direzione del Ministero della salute ed è sottoposta alla vigilanza del Ministero dell'economia e delle finanze;
il trattamento economico del direttore generale è disciplinato con un contratto di lavoro di diritto privato, stipulato con il Ministero della salute, ai sensi dell'articolo 11, comma 3, del decreto ministeriale n. 245 del 2004, che prevede un rapporto di lavoro esclusivo che comporta il divieto di svolgere altre attività professionali, pubbliche o private, anche occasionali;
per quanto risulta all'interrogante, in data 29 aprile 2016, il consiglio di amministrazione dell'Aifa, a seguito di una segnalazione del collegio dei revisori dei conti e di 2 pareri emessi dalla Ragioneria generale dello Stato, risalenti, rispettivamente, al 10 luglio 2015 ed al 23 marzo 2016, avrebbe rilevato il superamento del tetto dei 240.000 euro da corrispondere al direttore generale, di cui all'art. 23-ter del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, per il triennio 2012-2015, ponendo nel bilancio 2015 la somma di 647.000 euro a debito verso l'erario, con contestuali note di debito al direttore generale, dottor Luca Pani;
considerato, altresì, che, a quanto risulta all'interrogante:
con determina n. 1023 del 26 luglio 2016, il direttore generale, su richiesta del presidente del consiglio di amministrazione, dottor Mario Melazzini, avrebbe disposto un contributo di 50.000 euro a favore del XXXVII meeting di Rimini di Comunione e Liberazione, movimento al quale Melazzini aderisce;
lo stesso Melazzini avrebbe ostacolato di fatto per mesi la restituzione dei 647.000 euro da parte del dottor Pani, coinvolgendo surrettiziamente nella decisione prima l'ufficio legale dell'Agenzia, poi, con nota del 2 agosto 2016, il capo di gabinetto del Ministero della salute, dottor Giuseppe Chinè, al solo fine di bloccare la delibera di restituzione dell'ingente somma, già assunta all'unanimità, seduta stante, dal consiglio di amministrazione nella seduta del 29 aprile 2016;
a seguito della lunga inerzia determinata dall'inazione del dottor Melazzini e degli uffici dell'Agenzia, in data 29 agosto 2016, il direttore dell'area amministrativa, dottor Giovanni Torre, avrebbe provveduto a notificare al dottor Pani la nota di debito di 647.000 euro, intimandogli la restituzione della somma entro il termine tassativo di 15 giorni, pena la riscossione forzata dell'importo;
con nota del 31 agosto 2016, il presidente Melazzini avrebbe provveduto a contestare l'operato del dottor Torre, giudicando “intempestiva” la notifica della nota di debito al dottor Pani, nonostante questa fosse stata trasmessa 4 mesi dopo la delibera votata all'unanimità dal consiglio di amministrazione, invocando nuovamente l'intervento del capo di gabinetto del Ministero della salute, dottor Giuseppe Chinè;
in data 1° settembre 2016, il dottor Torre sarebbe stato allontanato dall'Agenzia, mediante revoca unilaterale da parte dell'Aifa del comando triennale disposto dall'istituto di provenienza (Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia),

si chiede di sapere:
se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza dei fatti esposti, se non ravvedano dei profili di illegittimità relativamente all'operato del direttore generale dell'Aifa e del presidente del consiglio di amministrazione dell'ente e se non ravvedano nei loro comportamenti profili inerenti a propri interessi privati in atti d'ufficio, tali da indurre a richiederne le immediate dimissioni;
se, nella loro qualità di organi deputati alla vigilanza sull'Aifa, siano al corrente del finanziamento, pari a 50.000 euro, al meeting di Comunione e Liberazione e come considerino tale elargizione;
se e quali misure ritengano di dover assumere relativamente all'allontanamento del dottor Torre dall'Aifa;
se siano a conoscenza di quali rapporti intercorrano, relativamente ai fatti esposti, tra il capo di gabinetto del Ministero della salute, il direttore dell'Aifa ed il presidente del consiglio di amministrazione del medesimo ente;
se il Ministro della salute non ritenga opportuno dimettersi dall'incarico ricoperto, considerata, secondo l'interrogante, l'inadempienza nell'esercitare l'attività istituzionale di vigilanza e controllo sull'operato dell'Aifa.

La risposta
DE FILIPPO, sottosegretario di Stato per la salute. Signora Presidente, prima di entrare nel merito degli altri quesiti posti, si forniscono alcune precisazioni con specifico riguardo all'allestimento, da parte di AIFA, di un proprio stand nell'ambito del Meeting di Rimini del movimento Comunione e Liberazione. Pur avendo già fornito chiarimenti in proposito, proprio in quest'Aula, lo scorso 13 ottobre, ribadisco ancora una volta, e tutte le volte che sarà ancora necessario, che l'allestimento di uno stand di AIFA alla manifestazione fieristica Meeting di Rimini è risalente nel tempo, infatti vi ha già partecipato, come riferito anche questa sera, negli anni 2006, 2007, 2008, al pari, peraltro, di altre amministrazioni pubbliche statali e locali. Invero, AIFA riferisce che la scelta di allestire un proprio spazio espositivo nell'ambito della predetta manifestazione va inquadrata in una precisa politica di investimento in attività di informazione e promozione, finalizzata a dare adeguatamente conto dell'impegno quotidiano portato avanti dall'Agenzia a tutela della salute pubblica. Al fine di procedere all'allestimento dello spazio espositivo, si è proceduto con regolare richiesta di acquisto all'Ufficio affari amministrativi, contabilità e bilancio; richiesta che è stata successivamente integrata da una relazione esplicativa delle ragioni alla base della scelta.
La legge istitutiva dell'AIFA e il regolamento di organizzazione, del funzionamento e dell'ordinamento del personale AIFA prevedono che il direttore generale, legale rappresentante dell'Agenzia, sia l'organo cui competono i poteri di gestione e di direzione. Alla nomina del direttore generale si procede con decreto del Ministro della salute, in qualità di organo vigilante e con funzioni di indirizzo dell'Agenzia, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano.
Il direttore generale, dottor Pani, nominato con decreto ministeriale dell'8 novembre 2011, ha stipulato, in data 14 novembre 2011, con il Ministro della salute un contratto di lavoro avente durata quinquennale a decorrere dalla nomina. Il suddetto contratto disciplina l'incarico ed il relativo trattamento giuridico ed economico.
Ciò premesso, al fine di fornire una chiara ed esaustiva risposta ai quesiti dell'interrogante è necessario procedere ad una puntuale ricostruzione delle questioni.
Con determina del direttore generale n. 792 del 24 luglio 2014, era stato istituito presso l'AIFA un gruppo di lavoro incaricato di accertare la qualificazione dei compensi attribuiti ai rappresentanti italiani presso il Comitato per i prodotti medicinali per uso umano (CHMP) dell'EMA e, più in particolare, se tali compensi rilevino, o meno, ai fini del rispetto del limite retributivo massimo che un soggetto titolare di rapporto di lavoro dipendente o autonomo con la pubblica amministrazione può percepire in forza della normativa vigente nel nostro Paese (articolo 23-ter del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 e decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 marzo 2012 «Limite massimo retributivo per emolumenti o retribuzioni nell'ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con le pubbliche amministrazioni statali»). All'esito della disamina della normativa succedutasi negli anni, il gruppo di lavoro istituito ha evidenziato che, da un punto di vista formale, i compensi che il direttore generale dell'AIFA percepisce per l'incarico di rappresentante italiano presso il CHMP provengono sicuramente dal bilancio dell'Agenzia e non direttamente dall'EMA. Tuttavia, da un punto di vista sostanziale, tali compensi hanno origine comunitaria e vincolo di destinazione immodificabile. Si è così ritenuto decisivo, ai fini dell'accertamento richiesto, verificare se nella nozione di «compensi a carico delle pubbliche finanze» rientri ogni somma che confluisca nel bilancio di una pubblica amministrazione, indipendentemente dalla provenienza della stessa o dall'esistenza di un vincolo di destinazione (com'era per quei finanziamenti). Il gruppo di lavoro ha evidenziato come non sia rinvenibile alcuna disposizione normativa e/o documento interpretativo della nozione di «pubbliche finanze» che possa in qualche modo far propendere per una soluzione piuttosto che per un'altra. Alla luce di tali considerazioni, il gruppo di lavoro ha ritenuto di propendere per un'interpretazione della norma che definisce il trattamento economico annuo onnicomprensivo di chiunque riceva a carico delle finanze pubbliche emolumenti o retribuzioni nell'ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con pubbliche amministrazioni statali, nel senso che la stessa deve ritenersi riferita ai compensi percepiti a carico delle finanze pubbliche e, per tale ragione, non è direttamente applicabile agli emolumenti di diversa provenienza, tra i quali rientrano i compensi derivanti dall'EMA.
Nella seduta del 30 gennaio 2015, il consiglio di amministrazione dell'AIFA, esaminate le risultanze del summenzionato gruppo di lavoro, ha ritenuto opportuno investire della questione i Ministeri vigilanti, al fine di ottenere indicazioni che consentissero di superare i riscontrati dubbi interpretativi e di applicabilità. I pareri resi sul punto dai Ministeri vigilanti hanno evidenziato, ad onore della ricostruzione storica, posizioni tra loro contrapposte.
Pertanto, all'esito della seduta del consiglio di amministrazione del 29 luglio 2015, il presidente del consiglio di amministrazione ha indirizzato al Ministero della salute apposita nota finalizzata a valutare l'opportunità di richiedere un parere in merito all'Avvocatura generale dello Stato. Di tale iniziativa il presidente del consiglio di amministrazione informava con nota del 31 luglio 2015 i componenti del consiglio di amministrazione.
Nella seduta dell'8 settembre 2015, il consiglio di amministrazione ha ritenuto di sospendere ogni determinazione sull'argomento, in attesa di conoscere gli esiti degli approfondimenti richiesti al Ministero della salute, e, al contempo, di non procedere ad alcun pagamento dei compensi in questione.
In data 3 dicembre 2015, l'Avvocatura generale dello Stato ha reso la consultazione richiesta dal Ministero. Nel parere, l'Avvocatura generale dello Stato ha sottolineato come «il quadro appare complesso e non univocamente definito, il che può naturalmente avere ingenerato equivoci o false consapevolezze anche in capo agli interessati, con l'ovvia conseguenza che eventuali provvedimenti di recupero delle somme eccedenti il tetto retributivo peraltro sinora corrisposte dallo stesso datore di lavoro sarebbero probabilmente forieri di contenziosi dall'esito alquanto incerto».
In data 18 dicembre 2015, il coordinatore dell'area amministrativa dell'Agenzia, preso atto dei contenuti del parere dell'Avvocatura, ha revocato la sospensione del pagamento degli emolumenti; sospensione, che lo stesso coordinatore dell'area aveva disposto, in autotutela, con precedente nota del 10 novembre 2015.
Il 29 aprile 2016, a seguito di specifico rilievo sollevato dal collegio dei revisori, il consiglio di amministrazione dell'Agenzia ha approvato il bilancio consuntivo dell'Agenzia, prevedendo la modifica del fondo rischi mediante l'introduzione della voce dei costi «debiti verso l'erario», e ha disposto la contestuale apposizione di una voce in contropartita alla voce «altri ricavi», relativa ai crediti per nota di addebito da emettere nei confronti del direttore dell'AIFA.
Durante la seduta del 13 maggio 2016, a seguito della richiesta dei consiglieri circa l'andamento della richiesta del recupero delle somme da trasmettere ai componenti CHMP, il presidente ha informato il consiglio che erano in corso le opportune verifiche interne per individuare il responsabile del procedimento che avrebbe effettuato questo recupero.
Giova a questo punto evidenziare che il 17 giugno 2016, il vice procuratore generale della Corte dei conti ha comunicato che l'istruttoria, aperta su segnalazione del collegio dei revisori dei conti dell'Agenzia, relativa ai compensi attribuiti ai rappresentanti italiani presso il CHMP «è stata archiviata allo stato degli atti», dando atto che «il quadro normativo ed interpretativo, sotteso alla problematica in oggetto, si palesa particolarmente complesso in ragione dei diversi pareri resi sull'argomento, così che non si è ritenuto di ravvedere profili gravemente colposi rispetto alle decisioni assunte in ordine all'erogazione dei compensi».
Sempre nel mese di giugno del 2016, l'Agenzia ha valutato l'opportunità di emettere apposite note di addebito in relazione alle somme eccedenti il limite di cui all'articolo 23-ter, partendo dalla considerazione che il professor Pani, nel suo ruolo di direttore generale dell'Agenzia e al contempo di membro del CHMP, non può essere considerato come un semplice dipendente dell'AIFA.
Alla luce di quanto sopra, tenuto conto anche del Regolamento di organizzazione, di amministrazione e dell'ordinamento del personale dell'Agenzia italiana del farmaco, si è evidenziato come a nessuno degli uffici dell'AIFA potesse attribuirsi ictu oculi la competenza funzionale di avviare e gestire il procedimento di emissione delle note di addebito nei confronti di soggetti che non siano dipendenti dell'Agenzia. Né tale competenza sembra rientrare tra quelle che gli articoli 6 e 10 comma 2, lettera e), del decreto ministeriale n. 245 del 2004, attribuiscono, rispettivamente, al consiglio di amministrazione e al direttore generale dell'AIFA, tanto più che il compito di emettere la nota non avrebbe potuto essere esercitato da quest'ultimo per l'esistenza di un evidente conflitto di interessi.
Si è dunque ritenuto opportuno rimettere la questione al Ministero della salute, al fine di acquisire chiarimenti circa la necessità e la corretta modalità di avvio del procedimento.
Il Ministero ha ritenuto opportuno richiedere un nuovo parere dell'Avvocatura generale dello Stato sull'argomento, che si è espressa confermando che l'oggettiva complessità della questione - sottolineo: complessità della questione - unitamente ad un quadro normativo particolarmente complesso e non univocamente definito, contribuisce a rendere aleatoria la pretesa di recupero delle somme erogate.
In questo quadro di particolare incertezza, si inserisce l'iniziativa del dirigente dell'area coordinamento affari amministrativi, contabilità e bilancio, che in data 29 agosto, inviava al direttore dell'AIFA nota di debito, ex articolo 1219 del codice civile.
Quanto alla specifica questione relativa alla posizione lavorativa del dottor Torre, osservo quanto segue: in data 11 luglio 2016, in attuazione dell'articolo 32 del Regolamento di organizzazione, del funzionamento e dell'ordinamento del personale AIFA, è stato dato avvio al procedimento per il conferimento di posti di funzione dirigenziale di livello non generale, venendo meno, per effetto della riorganizzazione, gli incarichi assegnati. Agli esiti della selezione dei curricula presentati e dei colloqui svoltisi in data 25 luglio e 26 luglio 2016, il direttore generale ha ritenuto opportuno non conferire alcun incarico al dottor Giovanni Torre, già dirigente dell'ufficio affari amministrativi dell'Agenzia e in comando presso l'AIFA, tenuto conto del fatto che, in sede di adeguamento dell'assetto organizzativo al nuovo regolamento, le funzioni dell'ufficio contabilità e bilancio sono state ricollocate nel quadro delle nuove disposizioni. In data 1° agosto 2016 la stessa direzione generale di AIFA ha tempestivamente comunicato all'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, istituto di provenienza del dottor Torre, affinché si attivasse a far cessare il comando dello stesso.
Tenuto conto dei fatti, così come faticosamente, dettagliatamente e cronologicamente ho voluto descrivere, appare quindi, anche in questo caso, non corretto parlare di «revoca unilaterale» del comando del dottor Torre o di allontanamento dello stesso da parte dell'Agenzia, correlandola alla nota di addebito ai sensi dell'articolo 1219 del codice civile.
Dall'esposizione dei fatti, emerge con evidenza come le azioni poste in essere dal presidente del consiglio di amministrazione dell'Agenzia, siano state tempestive e volte alla risoluzione del problema nel momento in cui lo stesso si è manifestato. Infatti, giova ancora una volta sottolineare come, sia nel parere dell'Avvocatura generale dello Stato che nella notifica informativa di avvenuta archiviazione della Corte dei conti, il quadro giuridico sotteso a questa complessa vicenda di recupero viene definito, per l'appunto: «complesso e non univocamente definito» ed anche particolarmente difficile nella sua interpretazione.

La replica
BARANI (AL-A). Signora Presidente, spero adesso di spiegare quanto ci ha detto, in politichese, il Sottosegretario.
Sono stati dati 240.000 euro in più al direttore generale. Il consiglio di amministrazione di AIFA, a seguito di una segnalazione del collegio dei revisori dei conti e di due pareri espressi dalla Ragioneria generale dello Stato, si accorge che questi, invece di 240.000 euro l'anno, percepiva 500.000 euro. Chiede e delibera il recupero dell'eccedenza, come bisogna fare e, dopo quattro mesi, un povero disgraziato che chiede «intempestivamente» il recupero, il dottor Torre, viene cacciato. Costui, dopo tutte le delibere, dà esecuzione a quanto deliberato e, per lesa maestà, viene cacciato dall'AIFA, perché, come giustamente si è detto, era un distaccato dall'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia. Anche il signor Polifrone proveniva da un altro ente (la Consip), però si è allineato quindi va tutto bene: egli può rimanere, perché fa gli interessi di AIFA.
Il consiglio di amministrazione pone nel bilancio 2015 la somma di 647.000 euro a debito verso l'erario per somme percepite in più dal direttore generale Luca Pani, con contestuale nota di debito al direttore generale che un funzionario non fa altro che notificare. A questo punto, si manda una nota al capo di gabinetto, dottor Chiné, perché è lui che deve vigilare. Ma non ha vigilato, nel vedere che c'era un signore che prendeva 500.000 euro? A noi contestano tutti i giorni i costi della politica perché dicono che percepire 90.000 euro l'anno di stipendio base è troppo, anche se è agganciato al reddito di un primo giudice di Cassazione e c'è un direttore generale che prende 500.000 euro. Signor Sottosegretario, stiamo parlando di mezzo milione! C'è qualcuno che se ne accorge e viene bloccato ed ecco che inizia l'odissea. Io non credo che ci sia stato dolo, sono d'accordo con la Corte dei conti, ma chiedo che il dottor Pani restituisca questi soldi, che sono stati messi anche a bilancio nel 2015. Perché cacciare quello che «intempestivamente» ha notificato la nota di debito al dottor Pani, nonostante questa fosse stata trasmessa quattro mesi dopo la delibera votata all'unanimità dal consiglio di amministrazione presieduto da Melazzini? Queste sono punizioni che in un'Agenzia del farmaco non si possono vedere.
Chi le ha preparato la risposta ha cercato di confonderla, mentre io l'ho detta in termini più comprensibili, come le dico in termini più comprensibili che l'AIFA è un'agenzia che non deve promuovere niente. Non deve spendere niente per la promozione di se stessa. Non deve finanziare nessuno. Deve controllare e impedire che le industrie farmaceutiche se ne approfittino e impediscano la cura agli ammalati. Deve fare solamente questo.
Nella mia interrogazione ho voluto dire solo questo. Lei sa quanto la stimi ed io so che lei non ha alcuna responsabilità, ma il capo di gabinetto Chinè e il Ministro le cose le sapevano e dopo una delibera del consiglio di amministrazione non si può fare il gioco delle tre carte per far sì che non vengano restituite somme indebitamente prese, ancorché in maniera certamente non dolosa, né colposa. È stato un errore e agli errori, come ha detto, la Corte dei conti bisogna porre rimedio, anche se si tratta di un rimedio da 647.000 euro.


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