In parlamento

Ddl Calderoli: nell'autonomia differenziata assicurare i Lep per garantire i diritti di tutti

di Ettore Jorio

S
24 Esclusivo per Sanità24

Ovunque la gente muore di mala sanità o quantomeno passa le pene dell’inferno nel rintracciare un medico di famiglia che non ha più ovvero, ancora, ad “acchiappare” un esame diagnostico vitale, altrimenti programmabile a distanza di anni, spesso post mortem.
Ovunque gli anziani sono più soli che mai, e nella loro moltitudine maggioritaria nella nazione non hanno servizi adeguati e non trovano alcuno che garantisca loro l’assistenza sociale. Idem, con somma vergogna, per i disabili.
Per non parlare di trasporti pubblici, latitanti e angusti a tutti i livelli; di una scuola che non lo è più; di rifiuti che rientrano per volume nelle abitazioni poste ai primi piani perché incontenibili sui marciapiedi; dell’ambiente degradato; del dissesto idrogeologico; del mare pieno di escherichia coli; di una sicurezza tanto in deficit sociale da far portare a casa qualche coltellata. Per non parlare della condizione delle infrastrutture con ponti in pericolo e strade con voragini che conducono all’inferno.
Ebbene, a fronte di tutto questo, pur di dimostrare di esserci, si fa il tifo perché le cose continuino così, con una spesa storica incapace di rendere servizi, buona solo a farci la cresta sopra.
Insomma, invece di affrontare la mamma di problemi, la finanza pubblica, come meglio renderla strumentale a rendere i diritti fondamentali, ci si reinventa.
Con questo si prende a schiaffi la Costituzione, quella voluta di forza nel 2001 dal centrosinistra alla quale ha dato un ampio consenso referendario il Paese il 7 ottobre di quell’anno. Ma non ci si accontenta di ciò. Il centrosinistra maltratta il ddl predisposto e approvato dal governo Prodi il 3 agosto 2007 di attuazione del federalismo fiscale, un po’ prima che fosse mandato a casa. Dal quale testo uscì poi, con qualche miglioramento, quello di Calderoli che si tradusse nella legge 42/2009 con una votazione positiva di tutto il Parlamento, fatta eccezione dell’Udc.
A questa seguirono undici decreti delegati condivisi da tutto l’arco parlamentare, tra i quali quello (n. 168/2011) che affidava ai costi e fabbisogni standard, collaborati dal fondo perequativo in soccorso delle Regioni povere, la sostenibilità dei Lep.
A proposito di questi ultimi, fatta eccezione per i malconci e inadeguati Lea venuti fuori a fine 2001 e rivisti a gennaio 2017, a nessuno è importato più dello zero (nel senso matematico).
A ricordarsene, con un mero ma confuso accenno perché messo in una relazione errata, Boccia nel suo Ddl del 2020 (Conti II) poi ripreso dalla Gelmini nel governo Draghi che, di fatto, hanno svolto lo stesso ruolo di Prodi. Testi gregari per Calderoli, che ne ha copiato tanto e migliorato parecchio portando così a casa il voto favorevole dal Senato il 23 gennaio scorso.
C’è da essere soddisfatti?
Affatto. L’impianto legislativo è appena passabile ma positivamente condizionato alla definizione dei LEP e alla determinazione degli strumenti finanziari per sostenerli.
Il tutto, avvenuto nella confusione totale, nella totale inconsapevolezza di cosa si stesse facendo a partire dall’insediamento dell’attuale Governo:
-Legge 197/2022, di bilancio per il 2023. Un obiettivo temporale per definire i LEP con scadenze ballerine, prima entro la fine del 2023, oggi del 2024 e chissà per arrivare fin dove;
-L’affidamento ad una Cabina di regia politica con il mandato di determinarli al CLEP. Un’invenzione che non va bene per raggiungere la mission di definizione dei Lep. Un organo pletorico che sta dimostrando la sua lentezza e la non adeguatezza a raggiungere velocemente lo scopo istituzionale. Individuare i Lep per materia non è roba da affidare, esclusivamente ad accademici, ai quali manca la duttilità della materia. I Lep sono materiale d’uso, in quanto tale non da racchiudere in schede che nel leggerle si ricava una grande lontananza dal pervenire a ciò che occorre al Paese per usufruire nel concreto dei diritti civili e sociali. I LEP costituiscono l’elemento basico attraverso i quali gli anzidetti diritti prendono forma esigibile e non già assumano circoscrizioni teoriche fini a se stesse;
-Il tema nella sua completezza. Un disorientamento totale nel comprendere cosa occorra fare per finanziare il buon esito della partita. Meglio quanti soldi occorrono, una volta individuati, per renderli esigibili alla popolazione intera. E qui si apre il sipario delle fantasie che si leggono e si ascoltano. A proposito, si assiste al dramma della inconsapevolezza di chi pretende il costo delle dipintura dei muri senza neppure avere costruita la casa. Diventa, infatti, ridicolo ascoltare previsioni sia nefaste che stupefacenti.
Entrambe sono impossibili e incredibili sino a quando non si verifichino più cose:
a)che vengano definiti i Lep per materie o gruppi di esse, al lordo delle trasversalità necessarie;
b)che vengano per ogni materia individuati i fabbisogni delle singole regioni, con una chiara evidenziazione delle differenze negative che le distinguono sul piano delle povertà del gettito;
c)che vengano determinati i costi standard per Lep o gruppi di essi
d)che sulla base degli anzidetti rilievi differenziati vengano determinati per Lep i fabbisogni standard cui dare certezza di copertura anche attraverso la perequazione verticale che occorre disciplinare e rendere praticabile previa la costituzione del Fondo. Un’esigenza irresponsabilmente silente in tutto il percorso pre-legislativo.
Solo così potrà farsi ciò che occorre, altrimenti continueranno competizioni sull’acqua calda. Ciò in quanto il regionalismo differenziato, per potervi accedere, è subordinato a tutto quanto evidenziato. Insomma, no Lep, costi e fabbisogni standard? No party!


© RIPRODUZIONE RISERVATA