Lavoro e professione
Questione meridionale in sanità, Anaao: «Un finanziamento straordinario per recuperare il gap»
di Rosanna Magnano
«Un finanziamento straordinario per la sanità del Sud - come quello a suo tempo proposto da D’alema che voleva utilizzare i soldi dell’Inail - per recuperare il gap infrastrutturale. Adottando la lezione di don Milani: non si possono fare parti eguali tra diseguali. Per questo la Conferenza delle Regioni deve porsi il problema di ridurre il definziamento e il deficit strutturale della sanità del sud altrimenti non c’è salvezza neppure per quella del nord. Non si può lasciare che un terzo della popolazione resti abbandonata a se stessa perché questo compromette per tutti l’esigibilità del diritto alla salute. La classe politica nazionale insomma deve riportare il problema al centro dell’agenda politica. Più fondi al Sud quindi, ma con un recupero di prestigio delle classi dirigenti locali. Anche attraverso forme di partenariato con altre Regioni». Per Costantino Troise, segretario nazionale dell’Anaao Assomed sono queste le vie che occorre percorrere per salvare la sanità del Sud dal collasso. Una costola dell’antica questione meridionale affrontata nel corso del convegno organizzato sabato scorso a Napoli dall’Anaao Assomed: «La sanità al Sud, selfie di un diritto negato».
Dalla malaunità alla malasanità il passo è breve. Ed è innegabile che il sale del risanamento dei conti ha bruciato di più sulle ferite della parte più arretrata del Paese. «La ricetta delle tre T (tagli, ticket e tasse) con la quale negli ultimi anni sono stati raggiunti risultati parziali sul risanamento dei conti - continua Troise - ha comportato il prezzo di un’assistenza negata, che in fondo è il modo migliore per risparmiare. Il diritto alla salute, fondamentale diritto della persona secondo la nostra Costituzione, uno e indivisibile, viene così declinato secondo il Cap, non solo per quanto riguarda gli aspetti organizzativi ma anche per efficacia e sicurezza delle cure e aderenza ai programmi di screening. Per di più, la mobilità sanitaria sposta ingenti risorse economiche, realizzando il paradosso che sono le regioni più povere a fionanziare la sanità delle regioni più ricche».
Disparità che a gennaio di quest’anno non ha mancato di sottolineare anche l’Ocse rilevando notevoli difficoltà ad assicurare uniforme qualità dell’assistenza sanitaria su tutto il territorio nazionale e sollevando il problema della sostenibilità economica dei Servizi sanitari regionali. Il contenimento della spesa secondo l’Ocse è stato di fatto considerato prioritario rispetto alla qualità dell’assistenza. «Ciò sicuramente è dovuto alla circostanza - spiega Elisa Cavasino, professore di diritto costituzionale nell’Università degli studi di Palermo - che negli anni della crisi lo Stato ha spinto sul cosiddetto efficientamento della spesa sanitaria e che diversi Ssr, soprattutto nel Mezzogiorno, sono stati travolti da questo processo non riuscendo ad assicurare neppure livelli essnziali delle prestazioni». Insomma ridurre i costi non basta. Le sfide della sanità al Sud dovrebbero quindi reggersi su assi programmatici definiti: «Assicurare i Lea in equilibrio per riappropriarsi dell’autonomia regionale -continua Cavasino - e provare ad andare oltre i Lea. Centrali sono i negoziati in sede di Conferenza Stato Regioni in materia di fissazione e finanziamento dei Lea. Questo significa anche responsabilità politica, giuridica, contabile. Esercizio del potere di organizzazione del servizio e sul rapporto pubblico-privato (interventi sull’accreditamento). Sfruttare i meccanismi di regolazione della concorrenza tra Ssr (criteri per le compensazioni, politiche tariffarie comuni, accordi tra regioni) e con i fornitori di servizi sanitari nel mercato Ue (reti Ue Ern delle eccellenze)».
Le ferite aperte della sanità meridionale
Per l’Anaao i mali della sanità meridionale sono noti: intreccio tra spesa sanitaria e attività criminose, deficit di etica della responsabilità della politica e di cultura organizzativa dei settori dirigenziali, atavica allergia alle regole, evasione fiscale e assenza di controlli. Insomma una situazione straordinaria che richiede risposte straordinarie. E i costi standard non bastano: «Rischiano di cristallizzare il differenziale attuale non tenendo conto dei differenti punti di partenza».
Differenze dolorose raccontate dai responsabili regionali del sindacato medico. In Campania, spiega Bruno Zuccarelli, segretario regionale Anaao Assomed, si vedono ospedali fatiscenti e un numero sempre minore di servizi ai cittadini. Personale medico costretto spesso a turni di 12 ore per riuscire a coprire le carenze legate al blocco del turnover e il rischio, per quanti operano nell'emergenza, di subire aggressioni e maltrattamenti. Un clima invivibile che spinge gli stessi medici alla fuga: ««Su 10 medici under 35 - ha spiegato - sono ben 8 quelli che chiedono la cancellazione dall'Ordine dei Medici di Napoli (e quindi il trasferimento altrove) e solo 2 quelli che da fuori chiedono di essere iscritti. La sanità campana sta perdendo rapidamente terreno e rischia di diventare ultima tra le ultime. Abbiamo tagliato la spesa impoverendo gli organici di ospedali e presidi territoriali, riducendo sempre di più le prestazioni offerte e costringendo i medici a condizioni di lavoro dequalificanti e pericolose. Abbiamo preso sonore bocciature sui Livelli essenziali di assistenza da parte dell'Agenas tanto che oggi dovremmo parlare più che altro di Dea, ovvero di Dislivelli evidenti di assistenza. Ai cittadini del Sud, infatti, non viene riconosciuto nella sostanza lo stesso diritto alla salute che invece è garantito nel Nord Italia. E in questo la politica nazionale ha grandi responsabilità. Basti pensare all'immobilismo del Governo in merito alla nomina del commissario ad acta per la prosecuzione del piano di rientro in sanità».
Un quadro desolante in cui emerge ancora di più forse l’impegno dei professionisti che decidono di restare in prima linea. «La Costituzione - sottolinea il sindaco di Napoli Luigi de Magistris - dice che la salute dei cittadini è un diritto. E' venuto il tempo delle responsabilità. Quando vado in giro per gli ospedali napoletani vedo negli occhi degli operatori l'orgoglio di lavorare in quella struttura, sia essa il Loreto Mare o Incurabili. Vedo una sanità che nonostante le difficoltà regge grazie all'impegno del personale, il debito deve essere risanato diversamente. Sono pronto a prendere parte a qualunque tavolo si occupi di questo tema».
E si assume le proprie responsabilità anche il sindacato dei medici. «Esiste un solo sistema sanitario - afferma Troise nelle sue conclusioni - e deve offrire le stesse garanzie a tutti i cittadini. La crisi della sanità significa oggi 50% di apparecchiature in meno, specialisti in via d'estinzione e blocco de turnover. Cosa fare? Occorre un patto che sfrutti le conoscenze dei professionisti della sanità. Siamo qui per testimoniare un'assunzione di responsabilità da parte del sindacato più rappresentativo nell'area della dirigenza medica e la stessa assunzione di responsabilità la pretendiamo dalla politica. Denunciamo condizioni di lavoro drammatiche per molti colleghi, ma non dimentichiamo che questo significa anche rischio per i cittadini. Le questioni del Sud sono anche le questioni della mobilitazione generale della Sanità, e gli stati generali del 21 ottobre rappresenteranno un momento di riflessione importante».
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