Lavoro e professione

Troise (Anaao-Assomed): «Rilancio del Ssn, formazione e valorizzazione del lavoro»

di Rosanna Magnano

Il nodo appropriatezza è solo un tassello. L’inquadratura deve allargarsi e va impostata una strategia ad ampio raggio. Su tre filoni: «Il rilancio del Ssn da un punto di vista finanziario, dei modelli di governance e degli assetti istituzionali, la valorizzazione del ruolo del professionista e la rifondazione di un sistema formativo che si è rivelato fallimentare». Per Costantino Troise, segretario nazionale dell’Anaao Assomed, sono questi i tre obiettivi da centrare.

Siete riusciti ad attirare l’attenzione sulla partita appropriatezza. Come utilizzerete questo spazio?

Spero che siamo riusciti ad attirare l’attenzione sulle problematiche della Sanità e del Ssn, tra le quali l’appropriatezza rientra a pieno titolo, con un’invadenza pervasiva della politica che entra a gamba tesa nei profili di responsabilità e autonomia della categoria dei medici. Crediamo però che le questioni si tengano tutte insieme, non basta guardare solo all’ultimo provvedimento, comunque sbagliato dal punto di vista del merito e del metodo.

Qual è l’alternativa alla lista nera delle 208 prestazioni inappropriate?

L’appropriatezza è un valore che noi assumiamo come nostro. Fissato nei documenti congressuali, nella legge, nei contratti di lavoro, nelle convenzioni, nel codice etico. Un valore talmente complesso che non può essere ridotto a un provvedimento amministrativo. Si possono ridurre i margini di prestazioni inutili, ma attraverso un patto tra professionisti e Stato, un patto che recluti le conoscenze dei professionisti all’obiettivo del contenimento dei costi. Coinvolgendo le società scientifiche. In America è nato il modello della Slow medicine che ha interrogato le società scientifiche chiedendo loro di definire per ogni disciplina cinque prestazioni superflue. È uno sforzo che produce risultati ma che va implementato.

La partita dei contratti si dovrà riaprire, come ribadito anche dalla Corte costituzionale, che cosa vi aspettate?

Ci aspettiamo che si ponga fine a una decapitalizzazione del lavoro professionale. Si possono anche fare dei cambiamenti. Siamo aperti a discutere di tutto a condizione che il Governo abbia la capacità di pensare a innovare un sistema piuttosto che a fare il commissario liquidatore.

C’è una misura di rivalutazione che avete come obiettivo?

Pensando a quanto abbiamo perso in questi sei anni di blocco contrattuale, credo sia oggettivamente difficile un recupero totale e immediato, ma occorre che la questione della retribuzione venga inquadrata in una giusta collocazione. Anche per i medici quello della retribuzione è uno dei più sentiti.

Avete proclamato uno sciopero senza una data. Che cosa state aspettando?

Intanto avremo gli stati generali della professione medica e odontoiatrica il 21 ottobre a Roma. Pensiamo di costruire le condizioni per una manifestazione unitaria del mondo della sanità per fine novembre e abbiamo già dichiarato come Anaao lo stato di agitazione della categoria con un’astensione dal lavoro di uno o più giorni. Certo, andranno fatte le opportune valutazioni politiche ma è arrivato il momento di dire basta e di chiedere alla politica se vuole intestarsi il rilancio di un grande patrimonio sociale e civile come la sanità pubblica italiana.

Il premier Renzi ha detto che vuole collaborare con i medici e creare le condizioni per revocare lo sciopero. È possibile?

Questo è un problema che riguarda una presa di posizione unitaria dei sindacati e degli ordini professionali che ancora non c’è. Ma la prima condizione è la giusta attenzione della politica verso il tema salute e verso i professionisti.

Intanto Renzi fa il gioco delle tre carte. E viene fuori che il fondo 2016 aumenterà di 1 mld (a 111mld) rispetto al 2015. Senza chiarire che l’incremento previsto era un altro. ..

I giochi di parole stanno animando il dibattito sul finanziamento da diversi anni: la spending review è diventata risparmio e i tagli lineari sono diventati mancati incrementi. Anche su questo punto occorre essere chiari perché dal finanziamento del Fondo sanitario nazionale dipendono molti aspetti della nostra vita professionale. Non gli stipendi, tanto per chiarire. Ma il turnover, i livelli di occupazione, gli investimenti tecnologici e infrastrutturali, la possibilità di una formazione adeguata. La ministra ha fissato l’asticella a 112 mld, staremo a avedere le carte e il Def.

Gelli (Pd) vi ha detto che i soldi del fondo saranno utilizzati per risolvere il nodo del precariato e lo sblocco del turnover. Quanto ci crede da uno a dieci?

Alle buone intenzioni credo nove poi vedremo i fatti. Il problema è che molte Regioni fanno dumping sul costo del lavoro medico, fanno evasione contributiva e fanno evasione sui diritti connessi a una stabilizzazione del lavoro, insomma a molte Regioni fa comodo avere una precarietà stabile che poi chiamano flessibilità.

In occasioni come queste non sarebbe utile fare fronte comune con le altre professioni sanitarie?

Certo che sarebbe utile e non è escluso. L’Anaao ci proverà.

O il comma 566 ve lo impedisce?

Quello è un cadavere che qualcuno dovrebbe provvedere a seppellire. La politica dovrebbe assumere un’iniziativa per conciliare i differenti punti di vista.

Passiamo al fronte caldo della formazione. Lei consiglierebbe a suo figlio diciottenne di laurearsi in Medicina e perché?

Il camice bianco ha ancora un suo fascino, un livello retributivo più che dignitoso e un prestigio sociale. Il problema è che occorre capitare nel periodo giusto. Probabilmente quando la gobba demografica esplicherà tutti suoi effetti ci sarà necessità di riaprire il turnover e d’altra parte se mille medici ogni anno scappano oltreconfine, vuol dire che anche fuori dall’italia le possibilità di lavoro ci sono. Il sistema formativo attuale produce disoccupati, sottoccupati e precari, alimentando un esercito di riserva che fornisce manodopera ai caporali, soprattutto nelle strutture private. Questo è un problema di allarme sociale.

Per risolvere il problema dell’imbuto formativo avete cambiato idea sulla bozza ex art 22?

Non mi convince. Mi convince invece il sistema adottato in Europa di assumere a tempo determinato i giovani per il periodo necessario alla formazione. Occorre cioè adeguare il numero dei contratti al numero dei laureati. Se i soldi nom bastano, riduciamo il numero dei laureati. Tra corsi all’estero, corsi ufficiali e Tar, arriviamo 14mila laureati all’anno, lo stesso numero che si raggiungeva nel ’68-’69 all’epoca della liberalizzazione del corso di laurea. Il problema è che i due numeri devono pareggiare.


© RIPRODUZIONE RISERVATA