Lavoro e professione
Orario di lavoro, fumata nera all’Aran. Dai medici alt alle deroghe: «Discutiamo di assunzioni»
di Rosanna Magnano
Fumata nera all’Aran all’incontro con i sindacati della dirigenza medica di questa mattina per discutere di eventuali deroghe alla normativa europea sugli orari di lavoro - la direttiva 2003/88/CE - che tornerà applicabile in Italia a partire dal 25 novembre prossimo . Il presidente dell’Aran Sergio Gasparrini ha fissato un altro incontro in sede tecnica per metà della prossima settimana, ma i sindacati medici per ora hanno detto di no. Come base di discussione l’Aran ha presentato il documento approvato la scorsa settimana dal Comitato di settore.
«Le Organizzazioni sindacali - si legge in una nota dell’Intersindacale medica - denunciano il tentativo strumentale di Governo e Regioni di cercare un accordo in extremis per procedere a una proposta legislativa di dubbia legittimità sull'applicazione della direttiva sull'orario di lavoro. E insieme il fallimento di chi ha avocato a sé da tempo l'organizzazione del lavoro e che oggi dichiara che essa è fondata sull'uso intensivo fino all'abuso del lavoro professionale tanto da rischiare il crollo se riportata a legittimità. Le OO.SS. con senso di responsabilità manifestano disponibilità a un approfondimento a valenza contrattuale non sulle deroghe, alle quali rimangono contrarie, ma sulle ripercussioni dell'applicazione della normativa su orario, dotazione organica, sicurezza delle cure, quantità e qualità dei servizi erogati. A condizione che siano integralmente rispettate le prerogative esclusivamente nazionali della contrattazione, ripristinati gli istituti organizzativi contrattuali del lavoro, che l'invarianza di spesa non continui a giustificare i fenomeni scandalosi del precariato e dei contratti atipici e che si manifestino segnali di attenzione verso chi sostiene quello che resta del Ssn, anche attraverso provvedimenti legislativi in itinere».
«Le Organizzazioni Sindacali - conclude la nota - denunciano che lo smantellamento della sanità pubblica procede anche attraverso forme organizzative al di fuori dei Ccnl e che un approccio più laico alla individuazione di soluzioni efficaci ed efficienti è richiesto a tutti, comprese le Regioni, e rifiutando di svendere il valore del lavoro professionale per rivendicare un ruolo decisionale anche nell'organizzazione del lavoro».
Per Costantino Troise, segretario nazionale Anaao Assomed, si è trattato di un ricatto vero e proprio: «Non è accettabile una trattativa subordinata a una derogazione d’urgenza. Noi abbiamo dimostrato una disponibilità ad approfondire la questione ben superiore rispetto alle Regioni, che sono i nostri datori di lavoro e che hanno fatto marcire il problema per anni, dimostrando il fallimento della loro capacità organizzativa». E se non si arriverà a una soluzione, si vedranno le conseguenze: «Ognuno deve assumersi le proprie responsabilità. Non è pensabile - conlude Troise - che un sistema crolli perché si torna alla legittimità. C’è qualcosa che non va. Parliamo invece di adeguamento degli organici, di sicurezza e qualità dei servizi. Le regioni e i dg hanno voluto attribuirsi in via esclusiva l’organizzazione di lavoro. Abbiamo visto come lo hanno fatto: a colpi di esternalizzazioni, sfruttamento strutturale e precariato. È ora di dire basta»
Duro anche il commento di Anaao Giovani. «L'Anaao e le altre sigle sindacali - sottolinea Domenico Montemurro, responsabile nazionale di Anaao Giovani - non hanno mai accettato deroghe, né lo faranno. Qui c'è in gioco la “pelle” dei colleghi e dei cittadini. È schizofrenia aver pensato a razionalizzare il sistema sanitario, accorpando ospedali per logiche di dubbio risparmio economico svuotandoli di competenze, ma lanciando slogan in politichese che recitano un “ci sta a cuore il Ssn”. Se si vuole riaprire la partita, allora Anaao Giovani vuole ascoltare dai ministri Lorenzin e Padoan notizie su una stabilizzazione totale dei precari medici con soldi “freschi”, cestinando il Dpcm precari. La normativa europea non può e non deve creare ostacoli se gli organici sono corretti. È chiaro che questo non deve essere un alibi per lincenziare giovani colleghi come già avviene in diverse Regioni. Ricordo che un medico di notte da solo lavora su almeno 100 letti e non può garantire sicurezza. E la pronta disponibilità usata “impropriamente” non servirà da paracadute se non verrà ripensato anche il sistema formativo e forse la stessa “mission” degli ospedali».
A premere sul tasto delle assunzioni anche la Cimo. «Hanno avuto tutto il tempo - sottolinea Riccardo Cassi, presidente Cimo Asmd - e non hanno fatto nulla. Ora la questione è politica. C’è una legge di Stabilità in Parlamento, quindi c’è la possibilità di prevedere l’assunzione di un numero di medici sufficiente almeno a tamponare le situazioni più difficili, ad esempio nei piccoli e medi ospedali, soprattutto al Centro Sud, e nei servizi di emergenza».
All’incontro il convitato di pietra è stato il Comitato di settore Regioni-Sanità, che pure la scorsa settimana aveva inviato all’Aran un documento con proposte molto incisive per dribblare l’applicazione della normativa. «I cittadini dimenticano - conlcude Cassi - che dal 2001 la sanità è governata dalle regioni. Che oggi non ci hanno messo la faccia. È in atto un tentativo di scaricare sui medici le colpe delle conseguenze disastrose che si pagheranno negli ospedali dal 25 novembre in poi. Ma noi cercheremo una soluzione fino alla fine. Il rischio ora è che ogni regione faccia a modo suo e che di fatto si proceda a un taglio dei servizi. Se avessero la lungimuranza di prevedere 2-3mila assunzioni si potrebbe per esempio pensare all’apllicazione temporanea di deroghe fino all’assunzione di nuovo personale, ma questa è solo un’ipotesi».
Il tema è spinoso non solo per il futuro delle cure in corsia e la salute dei cittadini ma anche per l’elevato rischio di contenziosi. «Negli ultimi mesi - spiega Simona Gori, direttore generale di Consulcesi Group - abbiamo già avviato oltre 5mila ricorsi ai quali se ne stanno aggiungendo, giorno dopo giorno, tantissimi altri. Si agisce contro lo Stato per la violazione della direttiva europea 2003/88 e ci sono sempre più Omceo, enti, associazioni e sindacati che hanno convenzionato tutti i loro iscritti pronti a sostenere i camici bianchi per affermare un nuovo principio di giustizia, come già successo con gli ex specializzandi. Proprio per questo è imminente una nuova azione collettiva».
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