Lavoro e professione
Premio Terzani, specchio dell’umanizzazione delle cure
di Giovanni Monchiero (presidente Scuola di Umanizzazione della Medicina onlus)
24 Esclusivo per Sanità24
Il Premio Nazionale per l'Umanizzazione della Medicina Tiziano Terzani - promosso dalla Scuola di Umanizzazione della Medicina onlus e dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Bra - nell'edizione 2016 torna alle origini rivolgendosi ai professionisti della salute, dopo le incursioni nei campi della scuola e dell’arte cinematografica che hanno contraddistinto le edizioni del 2012 e del 2014. Il Premio, che costituisce un osservatorio della condizione di ciò che nel nostro paese viene fatto nel nome dell'umanizzazione delle cure, ha registrato negli anni un'evidente maturazione del concetto stesso di umanizzazione: cura non è parola che riguardi solo più gli acuti, cura non ha nemmeno come oggetto solo più l'ammalato, ma riguarda un mondo intero di relazioni, sia affettive che professionali. Conseguentemente il concetto di umanizzazione della relazione terapeutica ha visto appannarsi il suo significato eminentemente etico-comunicativo, venendo ad abbracciare la dimensione dell'organizzazione delle prestazioni, dunque umanizzare la cura significa essere attenti al benessere del malato, del caregiver, dell'operatore in un quadro di sostenibilità anche economica. Dire oggi umanizzazione della medicina equivale a dire “il paziente al centro!”, ma basta? Anche il pallone è al centro del campo di gioco... ma per essere preso a calci da 22 giocatori. Così la centralità del paziente può significare tutto e niente, varia al variare del gioco prospettico entro cui è inserita: così il consenso informato nasce per tutelare il diritto del paziente ad una scelta avvertita, ma può divenire lo strumento burocratico della medicina difensiva; d'altro canto la tutela del paziente impone ai professionisti della salute molti obblighi procedurali che non incoraggiano una vera alleanza terapeutica. Per mettere davvero il paziente al centro occorre mettere al centro la relazione terapeutica in tutte le sue multiformi manifestazioni, che includono l'attenzione alla dimensione culturale, il benessere degli operatori e di chi gli sta accanto.
Ciò traspare dai numerosi progetti che hanno segnato la storia, ormai decennale, del Premio Terzani per l'umanizzazione della medicina - 80 i candidati a quest'edizione -, a testimonianza di come la sanità italiana - a dispetto di molte anche giuste critiche che le vengono dai mezzi di comunicazione - sia orientata molto più di quanto non si creda all'incremento non solo clinico dei suoi profili di efficacia.
Al di là dei riconoscimenti, va segnalata la qualità generale dei progetti. Ciò che ha maggiormente colpito è lo spettro della loro estensione, perché nelle prime edizioni del Premio il tema dell’umanizzazione veniva declinato soprattutto nell'ambito delle cure oncologiche; il Premio di quest’anno testimonia di come l'orizzonte dell'umanizzazione delle cure si sia aperto, e per esempio non riguarda più solo la malattia nelle fasi del suo sviluppo conclamato ma anche i nuovi scenari imposti dalla medicina predittiva. Certo, non deve sfuggire che il numero dei progetti e la loro varietà risponde anche alle difficoltà economiche che estenuano da anni il mondo della salute nel nostro paese, alla penuria ormai endemica di fonti di finanziamento per progetti di ricerca o assistenza. Ciononostante non si può non avvertire in questi ultimi 10 anni un’accresciuta sensibilità al problema dell’umanizzazione delle cure, segno che l’idea di istituire il Premio e, con esso, un osservatorio permanente su queste iniziative, è stata lungimirante.
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