Lavoro e professione

Ingegneri clinici: l’ora della svolta tra hi-tech, homecare e territorio

di Lorenzo Leogrande (presidente AIIC)

Chi avrebbe il coraggio di salire su un volo, sapendo che ai comandi del jet c’è un pilota che non sa leggere la strumentazione di bordo? Chi potrebbe salpare per una crociera oceanica sapendo che i macchinisti non hanno cognizione delle delicate infrastrutture di governo dello scafo? Al comando delle tecnologie della salute - negli ospedali e nelle cliniche, e ormai anche molto spesso nelle nostre case - ci sono migliaia di ingegneri clinici, esperti di attrezzature e reti biomedicali che sono in grado di governare con precisione, affidabilità ed efficacia un parco di funzioni che vanno dall'health technology assessment ai controlli sulla sicurezza delle strumentazioni. Questi ingegneri svolgono oggi un ruolo delicatissimo ed essenziale per la salute di milioni di italiani.
Proprio nel momento in cui tutto il Ssn (ma più in generale: tutti i sistemi sanitari mondiali) si accorge che non c’è innovazione in sanità senza un ampio, equilibrato e governato uso delle tecnologie nell’healthcare, gli ingegneri clinici italiani (associati in Italia nell’AIIC), che sono il cuore della colossale «macchina delle tecnologie per la salute», si ritrovano per il loro XVI Convegno nazionale che si apre questa mattina per chiudersi il 9 aprile a Bari, presso la Fiera del Levante.
In un certo senso sappiamo che quello di quest’anno non è per noi ingegneri clinici un convegno come gli altri, ma è un occasione di svolta. Giunge infatti in un momento in cui la figura stessa dell'ingegnere clinico sta per entrare in una nuova fase: è di questi giorni la notizia che in Commissione sanità del Senato, nell’Ddl Omnibus della Lorenzin è stato approvato un emendamento che chiede al ministero della Salute e al ministero di Grazia e Giustizia, la creazione di un Elenco nazionale certificato degli ingegneri biomedici e clinici iscritti all’Ordine degli ingegneri. Emendamento voluto proprio dall’Aiic che negli ultimi anni hanno chiesto (e speriamo ottenuto) di definire, normare e responsabilizzare un ambito professionale che non può essere lasciato nel limbo del caso o della mancanza di competenze. Un limbo in cui - come registrato da un’analisi che presenteremo proprio a Bari - si creano scompensi ed ambiguità pericolose, visto che il divario tra Nord e Sud è allarmante, in quanto in molte regioni meridionali non esiste ancora un servizio di ingegneria clinica. Per tornare all'esempio iniziale: il jet e la nave da crociera spesso sono “governati” da uomini di buona volontà.
Il XVI convegno giunge poi in un momento in cui lo spostamento verso il territorio (e spesso verso la casa dei pazienti stessi) delle cure giunge a porre domande nuove, che si situano sul terreno dell'home care, dell'integrazione ospedale-assistenza domiciliare, e dell'utilizzo delle tante app mediche che ormai governano la gestione di tante patologie, affiancando e sostenendo lo stesso empowerment del paziente.
Tante sono le domande che gli ingegneri clinici italiani si pongono e molte sono le esperienze su cui dibatteranno a Bari. Ma la grande speranza di tutti noi che operiamo quotidianamente assicurando il corretto funzionamento di sistemi, apparati, macchine, reti e tecnologie per la salute, è una sola: che finalmente il governo, le regioni, le forze politiche tutte, si facciano finalmente carico della diffusione di questa professione in tutte le strutture del sistema sanitario nazionale, a garanzia di pazienti e cittadini.


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