Lavoro e professione

Art 22 e doppio binario per la formazione, Montemurro (Anaao giovani): «Continuando con i no 31mila medici inoccupati nel 2020»

di Rosanna Magnano

Sulla formazione dei medici serve una svolta e la bozza ex art. 22 è una strada praticabile, da costruire insieme con le Regioni. L'emergenza occupazione per i neo medici è già una realtà. E va sgombrato il campo da facili demagogie e soprattutto dalle resistenze del mondo accademico. È questa in sintesi la posizione espressa da Anaao giovani: «Riguardo al doppio binario formativo per i medici specializzandi – sottolinea il responsabile nazionale di Anaao giovani, Domenico Montemurro - la bozza del ddl ex art 22 non ne parla, anzi si parla di un biennio formativo dei medici specializzandi in strutture della rete formativa che abbiano come prerequisito l'accreditamento. È chiaro che si tratta di un percorso formativo più articolato rispetto a quello attuale e che necessita anche dell'intervento da parte delle regioni, che ne debbono sostenere parte dei finanziamenti, soprattutto come oneri riflessi. Quindi evitiamo qualsiasi demagogia e cerchiamo di essere pragmatici e soprattutto guardiamo a un emergenza sociale formativa. Di fatto è indubbio che occorre ridurre ancora di più l'accesso a Medicina per assorbire l'impatto di oltre 11mila ricorsi al Tar e aumentare i contratti di formazione specialistica fino a un totale di circa 9mila/10 mila borse, compresa la scuola di medicina generale».

E il rischio dello specializzando-tappabuchi?
Questa è una riflessione sia di alcuni sindacati che della stessa università ma pare del tutto ingiustificata. Il rischio non c'è in quanto sono in corso uno sblocco del turnover e una contemporanea stabilizzazione dei precari. Un percorso che anzi favorirà la figura del tutor, che insegna nella rete formativa. Inoltre i colleghi specializzandi non saranno equiparati ai dirigenti medici e alla fine del percorso formativo dovranno comunque fare un concorso. Quindi non ci sarà nessuna competizione con chi è già specialista.

Il professor Lenzi (Cun) però ha detto di no...
Forse dovremmo ricordare che in altri Paesi europei già si prevede una sistema simile e non si capisce perché l'università italiana mantenga posizioni ampiamente superate dai fatti. A meno che il professor Lenzi non voglia ignorare un dato di fatto: che se si continua di questo passo nel 2020-22 avremo 31mila possibili camici bianchi inoccupati.

Sulla laurea abilitante invece il Miur ha espresso un parere favorevole.
La laurea abilitante è una buona cosa da fare immediatamente e soprattutto da far coincidere con una revisione del percorso formativo in modo da permettere l'accesso immediato alla specializzazione. Altrimenti anche questa buona idea finirebbe in demagogia inutile.

Il nodo è anche quello della qualità della formazione...
Sulla certificazione delle competenze dei medici specializzandi, il percorso proposto dall'intersindacale non toglierebbe nulla alle università anzi creerebbe sinergie e una sana competizione tra atenei e Regioni. E questo garantirebbe anche una corretta allocazione del fondo di finanziamento ordinario alle università.

La stabilizzazione dei precari. Qual è la tabella di marcia?
Ben venga la stabilizzazione dei precari. E' chiaro che occorre separare la stabilizzazione dei medici precari che già lavorano dalla definizione dei fabbisogni. La stabilizzazione deve seguire i percorsi legislativi in essere pur con le loro criticità: e quindi dpcm precari e legge di stabilità, che serve per far fronte alle necessità emerse con l'applicazione dell'orario di lavoro Ue. Diverso invece il nodo dei fabbisogni, che ad oggi devono essere calati nelle diverse realtà regionali con le loro diverse specificità e pertanto il decreto ministeriale sugli standard ospedalieri deve essere adattato. Le proposte arrivate finora da alcune regioni, che spacchettano il processo assistenziale e l'atto medico in minutaggi e in pesi per drg, appaiono anacronistiche in quanto non considerano la complessità dell'assistenza. Quindi i precari che già lavorano vanno stabilizzati tutti a prescindere, dal momento che garantiscono i Lea e sono già storicizzati nei bilanci aziendali. Gli standard avranno un loro peso nel momento in cui l'organizzazione viene calata sulle specificità regionali. Altrimenti il rischio è di copiare meramente un documento e applicarlo, magari licenziando gente e non garantendo le prestazioni assistenziali.


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