Lavoro e professione

Manovra 2017, i sindacati medici: «Risorse certe per contratto e precariato. Senza risposte adeguate, sciopero a metà novembre»

di Rosanna Magnano

«Positiva la conferma dell’impegno previsto nel Def per un Fondo sanitario nazionale pari a 113 mld, che equivale al 6,8 % del Pil, ma sul rinnovo del contratto e sulla stabilizzazione dei precari ancora non ci siamo, servono risorse certe nella Manovra. Abbiamo chiesto a stretto giro un incontro a Governo e Comitato di settore Regioni-Sanità. Se non avremo risposte soddisfacenti, i sindacati dei medici intensificheranno lo stato di agitazione promuovendo assemblee e confronti , senza escludere due giornate di sciopero a metà novembre»». Sono le parole di Costantino Troise, segretario nazionale di Anaao Assomed che a nome delle organizzazioni sindacali dei medici e dei dirigenti sanitari, in conferenza stampa questa mattina a Roma, ha espresso una soddisfazione decisamente parziale rispetto alle prime linee della legge di bilancio 2017, di cui ancora non si conosce il testo e che è attesa alla Camera (in ritardo) non prima di lunedì 24 ottobre.

I medici chiedono stanziamenti blindati per finanziare il triennio contrattuale in modo adeguato, consentendo una reale attenzione al merito e quella valorizzazione della produttività indispensabile a sciogliere il nodo scottante delle liste d’attesa, ormai non più rimandabile. Per stabilizzare i 13.500 precari (di cui 6.500 atipici con una selva di 35 tipologie di contratti diversi) e per fare le 12mila assunzioni che servono a coprire i pensionamenti 2012-14 e applicare l’orario di lavoro Ue, che negli ospedali resta di fatto una chimera.

Per il finanziamento del contratto, infatti, la manovra 2017 stanzia per ora solo briciole. I conti sono presto fatti. Di 1,9 mld previsti per il rinnovo dei contratti per il pubblico impiego, circa 400 milioni sono destinati al personale in sanità (complessivamente 650mila persone). Per il contratto dei camici bianchi ci saranno quindi probabilmente circa 153 milioni. Il che significa, secondo i conti dei sindacati, un aumento in busta paga di 115 euro lordi al mese.

Una cifra che le sigle dei medici considerano insufficiente, soprattutto se confrontata con il plus riconosciuto dal precedente contratto che fu (il passato remoto è d’obbligo) di 250-350 euro a testa, valore che i sindacati potrebbero considerare una soglia più accettabile.

Ma i numeri veri della manovra sono ancora nella nebbia. E i medici reclamano anche e soprattutto il riconoscimento di benefici indiretti. In primis prevedendo, anche per la sanità pubblica, la defiscalizzazione del salario di produttività ed estendendo al settore pubblico le agevolazioni del cosiddetto “welfare aziendale”.

Il contesto di queste richieste, come noto, è quello di un blocco dei contratti che dura da sette anni e di una lunga erosione della spesa per il personale, che dal 2010 al 2015 è scesa dell’1,2% l’anno.

E i fari dei sindacati sono puntati anche sul recupero dei tagli lineari ai fondi contrattuali, che in questi anni hanno ridotto le retribuzioni effettive «depauperando le risorse destinate a premiare il merito e remunerare il disagio».

«Le finanziarie passate - spiega Troise - hanno tagliato il salario accessorio di 641 milioni in sei anni, che si sono tradotti in una perdita di 626 euro a testa». In questo caso, quindi, la controparte sarebbero le Regioni, a cui i sindacati chiedono un recupero delle risorse accessorie sottratte in modo arbitrario. Ma Regioni e Governo, sottolineano i sindacati, non sono due mondi separati. «Se lo Stato fa una legge che autorizza le Regioni a taglieggiarmi - ribadisce Troise - io me la prendo anche con lo Stato».

«I fondi contrattuali - aggiunge Riccardo Cassi , presidente Cimo - sono stati ridotti progressivamente e il rischio è che con queste cifre non si riesca neanche a coprire le perdite subite. Se non si stoppa il depauperamento dei fondi non si riesce a premiare il merito e nemmeno a ridefinire i percorsi di carriera, come previsto dagli stessi atti di indirizzo del Comitato di settore».

Quindi le richieste principali dei dottori: risorse certe e incrementali sul finanziamento contrattuale e abolizione del comma 236 della legge di stabilità 2016 e dell’ art.9-quinquies L.125/2015.

Sul fronte più complessivo la valutazione è cautamente positiva. Il rispetto di quanto previsto da Def, spiegano i sindacati , è un risultato apprezzabile «grazie all'impegno della Ministra, che va riconosciuto, e al contesto politico». Ma non va dimenticato che quella dell’Italia è una spesa sanitaria pubblica ancora al di sotto della media Ue, la più bassa tra i Paesi del G7, con una spesa pro capite inferiore del 22% alla media europea.

«Il finanziamento del Fsn a 113 miliardi non è una vittoria, ma uno scampato pericolo», sottolinea Fabio Cricelli, vicepresidente nazionale di Aaroi Emac. «Eppure il tema del precariato resta sul tavolo. Abbiamo bisogno di risorse fresche soprattutto nelle aree critiche, come i Pronto soccorso, e non dimentichiamo la componente pensionistica. Oltre il 50% dei medici ha più di 55 anni. Dobbiamo poter andare in pensione , anche con il riconoscimento del lavoro usurante. E questa è solo una delle tante problematiche aperte. Quello che ci viene offerto lascia tutto nell’indeterminatezza».


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