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Psichiatria: 700 pazienti ad alta pericolosità liberi in Italia, 15mila in attesa di giudizio senza alcun controllo

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24 Esclusivo per Sanità24

Oltre 700 persone ad alta pericolosità sociale, autori di reato, nel nostro Paese sono attualmente a “piede libero”. Senza contare le altre 15 mila in libertà vigilata affidate ai Dipartimenti di Salute Mentale, che aggravano il quadro sociale e clinico. Colpa di due fattori chiave: da un lato la pur benemerita Legge 81/2014 che ha disposto la chiusura degli OPG (Ospedali Psichiatrici Giudiziari) sostituendoli con le Residenze per l'Esecuzione delle Misure di Sicurezza (REMS), dall’altro la mancata completa attuazione della legge stessa, che ha reso le REMS strutture senza risorse economiche e di personale sufficienti, senza posti letto, e ora inadeguate a provvedere al necessario ricovero di questi ‘pazienti’. Una situazione insostenibile: la Legge vieta la detenzione in carcere di pazienti oggetto di misure di sicurezza, facendo così ricadere la responsabilità della loro gestione sui Dipartimenti di Salute Mentale (DSM). È quello che gli esperti definiscono una “psichiatrizzazione dei reati”, cioè la riattribuzione del mandato di custodia e controllo di persone socialmente pericolose alla psichiatria, ed una “criminalizzazione” delle strutture psichiatriche, ormai sature di autori di reato. Occorre dunque agire con programmi di cura differenziati, erogati in luoghi ad alta sicurezza, sul modello di strutture inglesi in cui la priorità è la sicurezza, e la prestazione sanitaria è comunque garantita. Serve la riqualificazione delle REMS, in cui sia presente la polizia penitenziaria, dipendente dal Ministero della Giustizia. Serve anche l’adeguamento numerico del personale dei DSM. Proposte che saranno portate al Tavolo Tecnico sulla Salute Mentale, costituito pochi giorni fa dal ministro Orazio Schillaci presso il Ministero della Salute. Se ne parla oggi a Cagliari agli Stati Generali della psichiatria italiana, la conferenza nazionale delle sezioni regionali della SIP (Società Italiana di Psichiatria), dove è stata anche presentata agli esperti anche la proposta di legge dell’on. Alfredo Antoniozzi (FDI) per la modifica degli articoli 88 e 89 del Codice penale che disciplinano l’infermità mentale, affinché la discriminante psicotica sia l’unica possibile attenuante a una pesante azione di reato.
“Gli psichiatri e la SIP, in quanto società scientifica – spiega la presidente Emi Bondi, che dirige il DSM dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo – hanno la doverosa responsabilità di difendere il paziente psichiatrico dal riemergente automatismo in cui si associa la malattia mentale a un comportamento violento, ed il conseguente mandato di controllo sociale, individuando altri modelli organizzativi assistenziali per le condizioni psicopatologiche emergenti, come ad esempio le psicosi da uso di sostanze. Ad altre Istituzioni spetta invece il dovere e la responsabilità di trovare forme e formule di controllo sociale, e di difesa sociale, che rispettino la dignità degli individui, diverse dall’utilizzo della psichiatria, a salvaguardia della sicurezza della società. Recenti episodi, come quello accaduto a Barbara Capovani, psichiatra a Pisa, vittima della violenza di Gianluca Paul Seung che doveva essere ricoverato in REMS, non devono più accadere. Per questo serve assolutamente applicare i nuovi requisiti proposti da Agenas per l’accreditamento dei servizi territoriali e il finanziamento dei DSM che, a fronte delle difficoltà attuali di personale e strutture tali da compromettere la gestione dei malati psichiatrici che non commettono reati, si trovano a dover gestire situazioni spesso estreme”.
“Siamo al totale stallo – spiega nel dettaglio Giuseppe Nicolò, direttore del Dipartimento di Salute Mentale dell’ASL Roma 5 –. Le REMS, in funzione dell’attuale organizzazione e della mancanza al proprio interno di polizia penitenziaria, non sono in grado di gestire pazienti con alti livelli di violenza, tali da rappresentare un pericolo anche per gli stessi operatori sanitari. A loro, specie se affetti da disturbi di personalità, gravi e pericolosi, di tipo anti-sociale, vanno dedicati programmi di cura differenziati, entro strutture più carcerarie che terapeutiche, in cui la prestazione sanitaria sia comunque garantita. In Italia, logisticamente e per indisponibilità delle strutte non è possibile accogliere nelle REMS queste persone: è pertanto necessario trovare percorsi assistenziali diversi e che siano sicuri, alleggerendo le comunità terapeutiche dal carico, quasi esclusivo, di persone che hanno commesso reati. Ciò evidenzia che la giustizia sta usando percorsi sanitari per esigenze di giustizia non sanitarie”.
“Stiamo assistendo – conferma Liliana Lorettu, già direttrice della scuola di specializzazione in Psichiatria all’Università di Sassari – a un sempre maggiore e crescente, numero di autori di reato che, viene affidato al Dipartimento di Salute Mentale (DMS). Alcuni individui vengono inviati nelle REMS, per l’esecuzione della misura di sicurezza, secondo la legge 81/2014), altri sempre in ragione della applicazione della misura di sicurezza nelle varie strutture del DSM. È più che legittimo pensare che numerosi invii siano inappropriati a conferma del sovraffollamento delle REMS, subito dopo la loro entrata in funzione, con conseguente adozione delle liste d’attesa e la saturazione delle comunità terapeutiche da parte di autori di reato”.
“La proposta di legge che ho presentato a marzo – dichiara Alfredo Antoniozzi, vicecapogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera – prevede la discriminante psicotica per il riconoscimento di infermità e seminfermità mentale. Supera la sentenza della Cassazione a sezioni unite del 2005, la famosa 9136, che ha conferito dignità ai disturbi di personalità. L’Italia è l’unico Paese al mondo a riconoscere i disturbi dì personalità come tali. L’assunto della proposta è che solo l’alterazione dell’esame di realtà può portare ad infermità o seminfermità. Ma soprattutto che avere un disturbo psichiatrico non significa essere ‘folli’. La stragrande maggioranza di chi ha un disturbo psichico, infatti, non lo è. Prevediamo un forte potenziamento dei servizi di assistenza in carcere con percorsi di umanizzazione. Speriamo di poter avere un sostegno ampio in Parlamento”.


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