Lavoro e professione

Sanità integrativa: una risposta efficace e complementare al servizio pubblico

di Ivano Russo*

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24 Esclusivo per Sanità24

Le spese sanitarie rischiano di impoverire gli italiani o di peggiorare la loro salute, secondo l’Istat, infatti, nel 2022 la quota di persone che hanno pagato di tasca propria visite specialistiche e accertamenti si è assestata, rispettivamente, al 41,8% e al 27,6%.
Di fronte a questi dati, l’obiettivo numero uno di ogni ipotesi di intervento sul Sistema Sanitario Nazionale dovrebbe essere quello di ridurre le liste di attesa, la cui portata ha oggi ampiamente superato ogni indice di tollerabilità.
Garantire a tutti i cittadini tempi di accesso alle prestazioni sanitarie certi e adeguati ai problemi clinici presentati, rappresenta un obiettivo prioritario per il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), il cui compito è appunto quello di soddisfare i bisogni assistenziali dei cittadini secondo i principi dell’equità di accesso alle prestazioni, dell’efficienza, dell’efficacia, dell’appropriatezza, della correttezza e della trasparenza.
Circa 4 milioni di persone hanno letteralmente rinunciato alle cure (il 7% della popolazione nel 2022 rispetto al 6,3% del 2019), al netto dell’insostenibilità etica e civile di queste dinamiche, non c’è dubbio che ciò si tradurrà in un aggravio dei costi futuri, legato al progressivo aggravamento di patologie non trattate in maniera appropriata e per tempo.
Una buona Sanità Integrativa, efficiente e rispondente ai bisogni reali di salute della popolazione in età da lavoro, potrebbe rappresentare una risposta efficace, sgravando il servizio pubblico da tantissime prestazioni – ambulatoriali, specialistiche, diagnostiche – che esso, gioco forza, non riesce più ad erogare in tempi ragionevoli ed utili rispetto ai percorsi di cura.
Al momento, circa 15 milioni di lavoratori sono coperti da strumenti di sanità integrativa, con una formula di welfare pubblico – privato assolutamente virtuoso.
Non pesa sulla finanza pubblica, perché le risorse ad esso destinate sono investite dalle parti datoriali nell’ambito delle previsioni contenute dai CCNL delle diverse categorie. Certo lo Stato, da ormai oltre 20 anni, incoraggia giustamente tali dinamiche prevedendo meccanismi di vantaggi fiscali per le risorse destinate al welfare contrattuale, ma con circa 3 miliardi di detrazioni – quindi di investimento pubblico indiretto, in termini di minori entrate – si offrono tutele e coperture sanitarie ad oltre 15 milioni di cittadini. Per di più in buona parte in ambiti operativi sanitari non previsti dal SSN – dall’odontoiatria o alla fisioterapia.
Ovviamente più si allarga la platea dei beneficiari della Sanità Integrativa – oggi 15 milioni su un totale potenziale di popolazione in età lavorativa e rispettive famiglie che oscilla trai 30 ed i 35 milioni – più il SSN sarà liberato da una pressione e da una domanda diffusa di prestazioni che invece, in ottemperanza all’Articolo 32 della Costituzione, dovrebbero essere rivolte e dedicate soprattutto agli indigenti, cioè a chi non ha reddito e non ha lavoro.
L’Osservatorio Nazionale Welfare e Salute, di cui sono presidente, si propone come spazio aperto di confronto, ricerca, dibattito su ruolo e funzione della Sanità Integrativa, del cosiddetto “secondo pilastro” del Sistema Sanitario Nazionale.
Siamo fermamente convinti che l’integrazione tra sistemi debba e possa svolgere una funzione di ausilio all’SSN sempre più forte ed integrato, siamo altrettanto consapevoli della necessità di ripensare il sistema, nelle sue dinamiche soprattutto organizzative, ma salvaguardandone i principi ispiratori di mutualismo tra lavoratori, non discriminazione e complementarità con la sanità pubblica.

*Presidente dell’Osservatorio Welfare&Salute


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