Lavoro e professione

Previdenza/ Enpam, come funziona il nuovo contributo del 4% per i medici specialisti

di Claudio Testuzza

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24 Esclusivo per Sanità24

L’Enpam, la Cassa previdenziale dei medici e degli odontoiatri, annovera fra i propri iscritti anche i medici specialisti così detti esterni, cioè coloro che svolgono la professione in convenzione con il servizio sanitario, distinguendoli da quelli definiti interni che prestano la loro attività presso le strutture ambulatoriali. In passato la specialistica esterna individuale era piuttosto presente ma con il tempo questo tipo di attività si è ridotta determinando, di fatto, anche una crisi al Fondo previdenziale di appartenenza. Crisi che è stata supplita dalle altre Casse dello stesso Enpam, ma che sarebbe stato difficile sostenere nel tempo.
Poiché questi stessi sanitari, in gran parte, hanno iniziato a svolgere il loro operato di specialisti presso ambulatori di proprietà di società accreditate con il servizio sanitario, dal 2004 alle strutture sanitarie private accreditate con il Ssn è stato fatto obbligo di versare il 2 per cento del loro fatturato in convenzione con il Ssn al Fondo di previdenza specialisti esterni dell’Enpam.
Per legge, quindi, le strutture accreditate devono pagare all’Enpam un contributo calcolato in percentuale sul fatturato prodotto nei confronti del Servizio sanitario nazionale. Questo 2% viene poi accreditato sulle posizioni contributive dei professionisti (non dipendenti) che, con il loro lavoro, concretamente hanno permesso alle strutture di generare questo fatturato. I medici e gli odontoiatri si ritrovano poi queste somme nell’estratto conto contributivo Enpam (gestione Specialisti esterni).
Dall’inizio del 2023 l’ Enpam, ponendosi l’obiettivo di riequilibrare integralmente i bilanci del Fondo degli specialisti esterni ed anche mirando a dare pensioni più adeguate a questi professionisti, ha previsto di aggiungere al 2% un ulteriore contributo del 4% a carico dei diretti interessati. I medici e gli odontoiatri non dipendenti che lavorano per strutture accreditate con il Ssn (cliniche private, poliambulatori, centri diagnostici, ecc) da quest’anno avrebbero dovuto versare un contributo a loro carico, che si somma al 2% che i datori di lavoro già versavano per loro. La delibera n. 64/2022 dell’Ente, richiama esplicitamente i principi della l. 243/2004 e ripropone così tutti i problemi sorti in passato a seguito dell’entrata in vigore del contributo del 2% già in favore del Fondo degli specialisti esterni dell’Enpam. Infatti le spiegazioni date dall’Ente di voler far maturare una pensione più alta, e il fatto, poi di permettere ai medici e agli odontoiatri in questione di pagare la Quota B da reddito libero-professionale dimezzata, non ha sedato le proteste dei sanitari. Al momento di dichiarare il proprio reddito libero-professionale (Modello D, scadenza 31 luglio), i medici e gli odontoiatri che lavorano per strutture accreditate con il Ssn potranno scegliere l’aliquota ridotta del 9,75% invece di quella intera del 19,50% proprio perché contribuiscono già a un’altra gestione di previdenza obbligatoria, ma questo riguarderebbe un modesto numero di interessati essendo i più già pensionati !
Il Consiglio d’amministrazione dell’Enpam ha valutato di rivedere le forme e gli importi del contributo aggiuntivo del 4%.
Il Consiglio di amministrazione dell’Enpam ha risolto favorevolmente la questione degli specialisti esterni mettendo un tetto ai loro contributi previdenziali. E ha deliberato in merito, considerando che in alcune situazioni particolari oppure nel caso di medici sottopagati sia emerso il problema che il 4% calcolato su quanto la struttura fattura al Ssn possa rappresentare un importo troppo elevato rispetto al compenso che la struttura stessa riconosce al medico. Per cui ha quindi deciso che il singolo professionista potrà chiedere di limitare il pagamento di questo 4% in modo che l’importo non superi un decimo del compenso ricevuto dalla struttura (oppure un ventesimo del compenso nel caso di pensionati).
Ad esempio, qualora la struttura fatturi e sia rimborsata dal Ssn per un milione di euro per prestazioni radiologiche al netto dell’abbattimento del 40% come previsto per questa specialità, il sanitario prestatore d’opera avrebbe dovuto versare 40.000 euro. Troppo a fronte di un eventuale suo compenso previsto dalla struttura di 100.000 euro. In questo caso il sanitario potrà chiedere di versare un decimo del compenso (10.000 euro) ovvero un ventesimo del compenso cioè 5.000 euro.


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