Lavoro e professione

Previdenza/ Riscatto o Fondo pensione?

di Claudio Testuzza

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24 Esclusivo per Sanità24

A partire dagli anni Novanta, il progressivo aumento della durata della vita media, che implica un allungamento del periodo di pagamento delle pensioni, e il forte rallentamento della crescita economica, che ha comportato una riduzione dei contributi versati, hanno imposto profondi cambiamenti nel sistema pensionistico del Paese. Sono ad esempio state innalzate sia l’età per andare in pensione sia l’anzianità contributiva minima o, ancora, modificato il sistema precedente in uso. Il calcolo dell’importo della pensione è stato legato all’ammontare dei contributi versati, alla crescita del Pil e alla cosiddetta “speranza di vita” al momento del pensionamento.
Tutti fattori che rendono appunto importante stimare, fin dall’inizio dell’attività lavorativa, il tasso di sostituzione offerto dal proprio ente previdenziale obbligatorio di riferimento per valutare se, una volta raggiunta la pensione, potrà garantire un tenore di vita adeguato e, dunque in caso di risposta negativa, stabilire in che modo correre ai ripari, magari rivolgendosi a una forma pensionistica complementare.
Ma esiste un problema di scelta fra due condizioni che possono, anche se in modi diversi, favorire un pensionamento più adeguato.
Si tratta del riscatto o della scelta di contribuzione al fondo pensione.
Sono due strumenti messi spesso a confronto perché finalizzati all’ottenimento di un vantaggio in termini pensionistici. Tuttavia, per valutarne la convenienza, occorre analizzare la propria storia contributiva e definire prima l’obiettivo che si intende raggiungere.
Il riscatto della laurea consente di trasformare, a pagamento, gli anni di università in anni utili al perfezionamento dei requisiti per la pensione. La facoltà è riconosciuta a patto che sia stato conseguito il diploma di laurea o titolo equiparato. Non è infatti accordata a quanti, pur avendo seguito un corso di studi universitario, non lo abbiano poi concluso. È, inoltre, necessario che nel periodo da riscattare l’interessato non sia stato contestualmente studente e lavoratore, muovendo dal presupposto che il richiedente per quel determinato periodo risulti già “previdenzialmente coperto” proprio dall’attività professionale svolta.
Il costo del riscatto ordinario del corso di laurea in Inps è disciplinato dal Dlgs n. 184/97. Questo è legato al metodo di calcolo dell’assegno di pensione (retributivo o contributivo) e dalla collocazione temporale del periodo oggetto di riscatto.
Il periodo del riscatto retributivo. L’onere viene quantificato con una formula matematica, per periodi di studio generalmente prima del 1996, secondo l’articolo 13 della legge 1338/62, moltiplicando il beneficio pensionistico annuo generato dal riscatto per una specifica tariffa attuariale, legata all’età e ai contributi versati, oggi fissata dal decreto 31 agosto 2007 del ministero del Lavoro.
Il periodo di riscatto contributivo. l’onere è calcolato con il sistema a percentuale qualora il periodo di studi sia collocato dopo il 1995 o nel caso in cui l’assicurato abbia optato per il metodo di calcolo contributivo. Il calcolo ordinario del relativo onere per un anno riscattato è determinato applicando l’aliquota contributiva Ivs (invalidità, vecchiaia, superstiti) vigente al momento di richiesta di riscatto nella gestione Inps di riferimento (pari al 33%) sull’imponibile previdenziale delle ultime 52 settimane anteriori alla domanda. L’onere annuo così ottenuto deve quindi essere riproporzionato per il numero di settimane oggetto di riscatto.
Oltre al riscatto di laurea ordinario, è prevista la possibilità di beneficiare del riscatto della laurea agevolato. Si può richiedere il riscatto degli anni di laurea con il sistema agevolato se si è iniziato a versare contributi Inps dopo il 1996 e prima del 1996 e si hanno meno di 18 anni di contributi versati al 31 dicembre 1995 e, al momento della richiesta di riscatto, un minimo di 15 anni di contributi di cui almeno 5 versati dopo il 31 dicembre 1995, previa richiesta di passaggio al metodo contributivo. Inoltre, occorre chiedere la liquidazione dell’assegno pensionistico interamente con il sistema contributivo.
L’agevolazione riguarda il fatto che sono previsti dei costi contenuti per la conversione degli anni di studio ai fini pensionistici. È, quindi, una modalità alternativa che abbassa notevolmente i costi del riscatto, oggi prevedibili in circa seimila euro per ogni anno riscattato. È anche possibile richiedere il riscatto di periodi parziali, qualora non si fosse interessati al riscatto totale.
I principali vantaggi del riscatto sono che permette di acquisire anzianità contributiva, potrebbe comportare un anticipo nella maturazione del diritto a pensione e incrementa la misura della pensione. E poi prevista la rateizzazione senza interessi per dieci anni. Il contributo da riscatto è fiscalmente deducibile. Per gli inoccupati, al genitore che sostiene l’onere di riscatto degli anni di studio viene garantito il diritto alla detrazione del costo per il 19 % dalla propria imposta lorda.
Il fondo pensione funziona, invece, come un vero e proprio salvadanaio in cui confluiscono i versamenti contributivi dell’iscritto che vengono investiti sui mercati finanziari, nel rispetto di precise regole e secondo profili di rischio/rendimento variabili. La posizione finale dell’aderente dipenderà quindi da una serie di fattori : dall’importo complessivamente versato alla forma pensionistica complementare; dalla durata del periodo di contribuzione; dai costi sostenuti durante la partecipazione alla forma pensionistica; dai rendimenti (al netto della tassazione) ottenuti con l’investimento sui mercati di quanto versato . Tutti possono aderire ad un fondo pensione, godendo di una serie di vantaggi fiscali in tutte le fasi di partecipazione: dalla deducibilità dei contributi versati alla tassazione agevolata in fase di erogazione. Il costo di adesione al fondo pensione dipende dalla forma pensionistica scelta, è rappresentato dall’Indicatore sintetico dei costi (Isc) ed è confrontabile attraverso il comparatore dei costi messo a disposizione sul sito dell’Autorità di Vigilanza. Si può contribuire al fondo pensione versando il proprio contributo e il Tfr (per i lavoratori dipendenti). In alcuni casi, è anche previsto il contributo da parte del datore di lavoro. L’obiettivo della previdenza complementare è, dunque, integrare la pensione pubblica accantonando una parte dei risparmio in un’ottica di lungo periodo, che però prevede la possibilità di accedere a prestazioni intermedie, erogate cioè prima del raggiungimento dei requisiti pensionistici. Le somme accumulate nella propria posizione individuale restano a disposizione dell’iscritto anche nel corso della propria vita lavorativa, seppur con modalità e con riferimento ad alcune specifiche circostanze, e possono essere richieste per anticipazioni, riscatti e trasferimenti.


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