Medicina e ricerca

Coronavirus: una proposta dalla scienza e dalla clinica italiane per battere il virus

di Lilia Alberghina*

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Qualche giorno fa, su vari giornali quotidiani, è apparsa una notizia che possiamo così riassumere: un team di ricercatori dell'Università di Milano-Bicocca (di cui faccio parte) e di Brescia ha pubblicato un articolo scientifico che dimostra come una molecola nota, il metotrexato (MTX), inibisca fortemente la riproduzione "in vitro" del virus SARS-CoV-2, che causa l'attuale pandemia.

Quali le prospettive di questa notizia?

Dallo scoppio della pandemia, sono iniziate, in tutto il mondo, ricerche tendenti alla caratterizzazione molecolare e strutturale del nuovo virus (sequenze di RNA e di proteine, rilevate per produrre farmaci e vaccini specifici). È stato anche analizzato il meccanismo di ingresso nel virus nelle cellule infettate, che coinvolge il recettore ACE2. Questi dati sono stati poi utilizzati per approcci Big Data ed Intelligenza Artificiale, saggiando con metodi computazionali se tra le centinaia di migliaia di molecole note (farmaci e non) ve ne fossero alcune capaci di essere riposizionate ad inibire le funzioni virali. Senza ottenere, finora, risultati eclatanti.

Un paio di analoghi di ribonucleotidi sono stati saggiati in studi preclinici, ed uno di questi, remdesivir, nel maggio 2020, ha ricevuto l'autorizzazione dalla FDA all'uso in condizioni di emergenza per trattare pazienti di Covid-19, anche se il farmaco, in trial clinici di Covid-19, ha dimostrato solo modesta attività terapeutica.
Tutti questi studi, ed anche la ricerca di un vaccino (capace di proteggere, ma non di curare il Covid-19), hanno come bersaglio molecole del virus o strettamente connesse allo stesso, in quello che risulta essere un approccio classico riduzionistico.
In questo modo viene dimenticata un'importante caratteristica di tutti i virus: essi hanno bisogno della macchina biosintetica (e quindi del metabolismo) della cellula ospite, essendo incapaci di riprodursi autonomamente. In altre parole, essi devono dirottare metabolismo e sintesi di RNA e di proteine della cellula ospite per potersi riprodurre.

La novità del nostro lavoro (Caruso et al, J Med Virol, 2020) è stata quella di cercare di colpire, a livello dell'enzima chiave DHFR, il metabolismo che sostiene la sintesi degli RNA virali, in modo da inibire la replicazione del virus. Inibitore noto di DHFR è MTX, che viene usato da molti anni per la terapia di patologie oncologiche e dell'artrite reumatoide. MTX viene attualmente usato a basse dosi (nell'ordine di pochi mg a trattamento, ripetuto nel tempo). Questi valori sono ampiamente tollerati dai pazienti e corrispondono, nel plasma dei soggetti trattati, a concentrazioni di MTX dello stesso ordine di quelle che "in vitro" generano inibizioni intorno al 90% della replicazione di SARS-CoV-2.

Su questa base, riteniamo sia urgente procedere a studi clinici, che verifichino la possibilità di usare MTX per fermare la pandemia e consentire una ripresa economica-sociale.
Non nascondo alcuni aspetti che potrebbero frenare l'affermazione di MTX come farmaco anti-Covid: non abbiamo voluto coprire con brevetto d'uso il suo utilizzo anti-Covid, per venire incontro a paesi a basso reddito; molte aziende di farmaci hanno la tecnologia per produrlo e già oggi costa molto poco!

Emergono due conclusioni: i temi complessi della biomedicina richiedono una forte collaborazione interdisciplinare, focalizzata intorno ad una idea progettuale specifica.
Inoltre, per scoprire i complessi meccanismi di funzioni patologiche che ancora ci sfuggono, non è adeguata la via oggi largamente osannata dei Big Data ed Intelligenza Artificiale, percorsa anche per il Covid-19. Perché ignora che gli esseri viventi sono dotati di un'enorme complessità molecolare "organizzata" per cui occorre percorrere una strada più articolata, che si avvale di tecniche di Intelligenza Artificiale per estrarre informazione dai Big Data, ma che tende a ricostruire modelli computazionali a livello molecolare, predittivi della funzione in esame.

Ci si può a questo punto domandare se una creativa rivisitazione sistemica della organizzazione dell'attività di ricerca e della bioindustria italiane, non possa contribuire, con vigore, alla rinascita post-Covid del nostro Paese.

*Direttore Scientifico ISBE.IT/SYSBIO – Centre of Systems Biology
Università di Milano-Bicocca


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