Medicina e ricerca

Malattia di Behçet: promuovere la formazione e incentivare la ricerca scientifica

di Alessandra Ferretti

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Promuovere la formazione di immunologi oculari esperti, incentivare la ricerca scientifica per individuare nuovi farmaci specifici e pianificare percorsi prestabiliti come quelli diagnostico - terapeutici assistenziali per far interagire costruttivamente varie discipline. Sono gli obiettivi degli specialisti che si occupano della Malattia di Behçet a Reggio Emilia nell’ambito della Struttura Semplice Dipartimentale di Immunologia Oculare e della Struttura Complessa di Reumatologia in collaborazione con la Rete delle Malattie Immunomediate dell’Ausl-Irccs del distretto emiliano.

Già centro di riferimento per la diagnosi e la cura delle uveiti in ambito regionale e nazionale, la struttura reggiana ha organizzato, per il 21 maggio 2022 in occasione della Giornata internazionale della Malattia di Behçet, un incontro aperto ai pazienti per fare il punto sulla sindrome e per mettere il paziente al centro del percorso.

Come spiega il professor Luca Cimino, direttore della Struttura Semplice Dipartimentale di Immunologia Oculare dell’Ausl-Irccs di Reggio Emilia, “quella di Behçet è una malattia rara causata da un’infiammazione cronica dei vasi sanguigni di tutto il corpo. Di solito si presenta tra i 20 e i 40 anni di età, coinvolgendo ugualmente uomini e donne. Storicamente si è diffusa soprattutto lungo la “via della seta”. In Europa la troviamo soprattutto in Scozia, Francia e Italia. Nel nostro paese si conta una media di 9 casi su 100mila abitanti in Basilicata e 3.8 casi su 100mila abitanti nelle città di Brescia e Reggio Emilia”.

Prosegue il prof. Cimino: “Proprio a Reggio abbiamo sviluppato percorsi volti ad assicurare al paziente una diagnosi precoce ed una terapia mirata e con minori effetti collaterali. Grazie al PDTA sulle uveiti dedicato, ad esempio, il paziente può accedere più facilmente alle visite necessarie, giungere tempestivamente ad una diagnosi e ad una cura appropriata e condivisa, prevenendo le complicanze e salvaguardando la salute. Inoltre, poiché gli strumenti diagnostici sempre più all’avanguardia permettono di indirizzare verso la scelta terapeutica più appropriate, ci siamo dotati del retinografo OCT ultrawide field grazie al contributo costante dell’associazione S.I.M.B.A., che ha supportato anche alcuni progetti di ricerca sulle basi molecolari della malattia di Behçet da parte della SSD di Autoimmunità Allergologia e Biotecnologie Innovative in collaborazione con Reumatologia ed Immunologia Oculare”.

Lo stesso evento del 21 maggio è patrocinato dalle associazioni dei pazienti quali Associazione Italiana sindrome, malattia di Behçet e Behçet like (S.I.M.B.A.), l’Associazione Malati Reumatici Emilia Romagna (A.M.R.E.R.) e i Malati Reumatici Pediatrici Reggio Emilia (RE.MA.RE.).

Nella malattia di Behcet l’occhio rappresenta l’organo maggiormente interessato (60% dei pazienti). L’uveite ovvero l’infiammazione della tonaca vascolare dell’occhio può manifestarsi in forma lieve, coinvolgendo solo la parte anteriore dell’occhio oppure in una forma più diffusa con interessamento della retina e dei vasi retinici. Nel 20% dei casi l’uveite può essere la manifestazione iniziale: la visita oculistica di un immunologo oculare esperto può portare ad una diagnosi precoce.

La diagnosi è clinica e prevede un attento esame dei segni e sintomi oculari, per cui potrà essere consigliata l’esecuzione di esami strumentali quali OCT e fluorangiografia. Fondamentale a tal proposito, poi, è l’approccio interdisciplinare tra immunologi oculari, reumatologi dell’adulto e pediatri-reumatologi nella gestione diagnostica e terapeutica dei pazienti adulti e pediatrici con vasculite retinica (uveite) e Malattia di Behcet.

“La collaborazione interdisciplinare con altri specialisti è fondamentale, organizzando visite congiunte per evidenziare altre eventuali manifestazioni della malattia e concordare la terapia”, precisa il professor Carlo Salvarani, Direttore della Struttura Complessa di Reumatologia dell’Ausl-Irccs di Reggio Emilia. “Gli obiettivi principali della terapia sono la rapida soppressione dell’infiammazione e la prevenzione degli attacchi ricorrenti al fine di evitare complicanze ulteriori e quindi preservare la vista. Il trattamento prevede l’utilizzo di steroidi somministrati in collirio, tramite iniezioni perioculari e intravitreali oppure per via sistemica, e farmaci immunosoppressori tradizionali per via orale, endovena o sottocutanea. Vi sono inoltre nuovi farmaci immunosoppressori di più recente introduzione, ad esempio quelli biologici, i quali consentono ulteriori alternative terapeutiche soprattutto per le temute complicanze oculari, cerebrali, vascolari e gastrointestinali”.


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