Medicina e ricerca

Covid: la dose di richiamo del vaccino può migliorare la risposta umorale e dei linfociti

di Alessandra Ferretti

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La maggior parte delle persone fragili e clinicamente vulnerabili al Covid-19 ha ricevuto alti livelli di protezione già dopo due dosi di vaccino con un buon profilo di tollerabilità. Per alcune categorie di pazienti, in particolare quelli con malattie immuno-reumatologiche, la dose booster potenzia notevolmente sia la risposta anticorpale che quella cellulo-mediata. Un lato debole rimane l’immunizzazione dei pazienti onco-ematologici sottoposti a trattamenti ad elevato impatto sul sistema immunitario, dove il connubio tra vaccinazione e prevenzione dell’infezione rappresenta ad oggi la migliore strategia per ridurre le infezioni e complicanze da Sars-CoV2.
Sono questi i principali risultati di due studi pubblicati dal gruppo di ricerca VAX4FRAIL, progetto finanziato dal ministero della Salute che include 13 dei principali Istituti di ricerca e cura a carattere scientifico (Irccs) italiani. Tra gli scienziati che vi hanno lavorato, il prof. Franco Locatelli, dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù e presidente del Consiglio Superiore di Sanità, il prof. Alberto Mantovani, dell’Istituto Clinico Humanitas di Milano, il dott. Giovanni Apolone, dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, il prof. Carlo Salvarani, della S.C Reumatologia di Reggio Emilia e Modena, il prof. Fabio Ciceri, dell’Ospedale San Raffaele di Milano, e la dott.ssa Chiara Agrati, dell’Istituto per le Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani di Roma.
Il primo studio, mRNA-COVID19 Vaccination Can Be Considered Safe and Tolerable for Frail Patients, pubblicato sulla rivista Frontiers in Oncology il 17 marzo 2022 (doi.org/10.3389/fonc.2022.855723) è un trial multicentrico, osservazionale e prospettico che conferma come la vaccinazione anti-Covid-19 a mRNA sia sicura anche nei pazienti fragili e come gli effetti collaterali attesi siano gestibili e abbiano avuto un impatto minimo sul percorso di cura del paziente.
Nei 566 pazienti valutati tra il 3 marzo e il 2 settembre 2021 per l'endpoint di sicurezza (a 105 di loro era stato somministrato il vaccino mRNA-1273 e a 461 il vaccino BNT162b2), gli eventi avversi di grado moderato-grave più frequentemente riportati sono stati dolore al sito di iniezione (60,3% dopo la prima dose, 55,4% dopo la seconda), affaticamento (30,1%–41,7%), dolore osseo (27,4%–27,2%) e mal di testa (11,8%–18,9%).
I fattori di rischio associati all'insorgenza di sintomi gravi dopo la somministrazione del vaccino sono stati identificati attraverso un'analisi di regressione logistica multivariata: l'età era associata a una presentazione di febbre grave (pazienti più giovani rispetto a pazienti di mezza età rispetto a quelli più anziani), le donne presentavano una maggiore probabilità di dolore al sito di iniezione, affaticamento, mal di testa e dolore osseo; inoltre il vaccino mRNA-1237 era associato a una maggiore probabilità di dolore intenso al sito di iniezione e febbre.
Il secondo studio, Humoral and T-cell immune response after three doses of mRNA SARS-CoV-2 vaccines in fragile patients: the Italian VAX4FRAIL study, è stato pubblicato sulla rivista Clinical Infectious Diseases il 24 maggio 2022 (doi: 10.1093/cid/ciac404) e documenta come il livello di risposta immunologica, anticorpale e cellulare (indagato tra marzo e agosto 2021 in oltre 600 pazienti affetti da neoplasie onco-ematologiche e solide, malattie immunoreumatologiche e neurologiche) sia influenzato dal numero di dosi vaccinali, dal tipo di patologia e dal trattamento farmacologico. Dopo sole due dosi, il livello di risposta dei pazienti fragili è stato del 62%, percentuale che nei pazienti onco-ematologici e in quelli con patologie immuno-degenerative si conferma essere inferiore a quella osservata nella popolazione sana (100%).
Nello specifico, la risposta dei linfociti T è stata osservata in tutti i gruppi di malattie, con un livello più alto osservato nel gruppo di pazienti affetti da patologie neurologiche. La dose di richiamo ha migliorato le risposte umorali in tutti i gruppi di malattie, sebbene con una risposta inferiore nei pazienti con neoplasie ematologiche, mentre la risposta dei linfociti T è aumentata allo stesso modo in tutti i gruppi.
La conclusione è che il trattamento immunosoppressivo, più del tipo di malattia di per sé, sia un fattore di rischio per la bassa risposta umorale dopo la vaccinazione. La dose di richiamo può migliorare entrambi risposta umorale e dei linfociti T.
I punti di forza di questi studi sono l’inclusione di patologie differenti, l’utilizzo di un protocollo comune condiviso tra i partecipanti che prevedeva criteri standardizzati e una centralizzazione delle valutazioni immunologiche, condotte all’Irccs Spallanzani di Roma.
Come puntualizza il Direttore Scientifico dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, professor Giovanni Apolone, “dopo cinque mesi di lavoro comune e l’osservazione di oltre 600 pazienti, abbiamo confermato come la terza dose sia necessaria ed essenziale per potenziare la risposta immunologica per ridurre il rischio di infezioni e le complicanze del Covid 19”.
Il Direttore scientifico di Humanitas, professor Alberto Mantovani, aggiunge: “Per i pazienti fragili non responsivi, questa ricerca ha posto il problema di una quarta dose, da valutare in un contesto di ricerca rigorosa ed in relazione al trattamento, poiché alcune terapie interferiscono con una corretta immunizzazione. La
quarta dose è una prassi già in uso per altri vaccini, ad esempio, per l’epatite B”.
“Vax4Frail è la prova di come una rete di istituti di ricerca – sottolinea il coordinatore dello studio, dottor Massimo Costantini – possa organizzare in tempi brevi uno studio che produce risultati scientificamente validi e utili per prendere decisioni in ambito sanitario”.
“Sui pazienti reumatologici abbiamo la conferma – spiega il professor Carlo Salvarani di UniMoRe, Direttore della Struttura Complessa di Reumatologia a Reggio Emilia e Modena – che la bassa prevalenza di Ab anti-Sars-CoV-2 è strettamente correlata all’utilizzo della terapia di deplezione B cellulare con rituximab. Dato positivo è però la presenza in questi pazienti di una risposta T-cellulare stabile indipendente dal trattamento”.


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