Medicina e ricerca

Neuroradiologia interventistica endovascolare, le nuove tecnologie nascono dall'intuizione dell'italiano Guglielmi

di Marcello Longo*

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24 Esclusivo per Sanità24

Oltre quaranta anni fa un giovane neurochirurgo romano, Guido Guglielmi, studiando la coagulazione del sangue indotta dalla corrente elettrica, ebbe una prima intuizione: utilizzare un filo di platino introdotto nel lume di un aneurisma cerebrale e, collegandolo ad una fonte di energia elettrica, con questo produrre la elettrotrombosi.
La navigazione endovascolare, tecnica che prevedeva l’uso di cateteri sottili capaci di entrare nelle arterie cerebrali , era in quel periodo nota e utilizzata nel campo delle malformazioni vascolari ove l’operatore, il neuroradiologo interventista, iniettava dei fili di seta o della colla cianoacrilica per chiudere la afferenze vascolari.
Precedentemente si era tentato di approcciare con tecnica simile anche i temibili aneurismi endocranici che rotti , erano causa di morte per emorragia intracranica in una elevatissima percentuale di casi. I primi tentativi furono effettuati da un medico russo di nome Serbinenko, considerato il padre della neuroradiologia endovascolare. Nel 1974 utilizzando un minuscolo palloncino di silicone introdotto nell’aneurisma, gonfiandolo ne provocava la occlusione. Lo stesso poi veniva distaccato e lasciato in situ.
Tale tecnica indubbiamente innovativa per allora, non ebbe i risultati sperati, infatti l’aneurisma , quando si gonfiava il palloncino, spesso si rompeva e il paziente moriva per emorragia.
Gli aneurismi quindi furono ancora operati a cranio aperto con tutte le conseguenze legate a questo tipo di intervento certamente invasivo e pericoloso.
Guglielmi tuttavia era riuscito ad introdurre un filo di platino, avvolto su se stesso a guisa di spirale, dentro il lume di un aneurisma.
Un passo importante ma non decisivo anzi ,quando il sistema veniva collegato alla corrente elettrica, il dispositivo non produceva la elletrombosi sperata e quindi l’aneurisma rimaneva pervio e pericoloso.
Durante il passaggio della corrente inoltre la spirale di platino si staccava accidentalmente a causa della dissoluzione per elettrolisi della saldatura in acciaio che la teneva ancorata al filo guida.
Insomma un insuccesso ma, come tutti i grandi, Guglielmi ebbe una seconda intuizione ancora più importante della prima : la spirale si staccava ma, ostruendo il lume dell’aneurisma nel quale rimaneva allocata, poteva essere usata come agente occludente a distacco controllato.
Nasceva così grazie ad un italiano di talento la moderna Neuroradiologia interventistica.
La Neuroradiologia interventistica endovascolare è quella branca della Neuroradiologia che è volta alla cura degli aneurismi cerebrali e delle malformazioni vascolari (angiomi) e più recentemente al trattamento dei pazienti affetti da ictus ischemico.
Per quanto attiene agli aneurismi va detto che ormai la tecnica endovascolare neuroradiologica ha soppiantato la chirurgia che viene effettuata solo in alcuni casi molto selezionati.
Dopo l’intuizione di Guglielmi ci sono stati dei progressi cosi importanti grazie alle tecnologia , ai nuovi materiali e alle nuove apparecchiature angiografiche di ultima generazione, condizione che ha consentito di utilizzare cateteri sempre più piccoli e flessibili, spirali di platino di molteplici forme e dimensioni e stent, sottili reti metalliche, per la ricostruzione e il rafforzamento delle pareti vascolari.
Proprio grazie all’uso degli stent , simili concettualmente a quelli coronarici di larghissima diffusione, ma più sofisticati e soffici in quanto destinati alle delicate arterie cerebrali, fu proposto l’uso di questi dispositivi anche come una rete per intrappolare un trombo causa di ictus e portarlo fuori.
La trombectomia meccanica che oggi viene effettuata non solo con gli stent ma anche con appositi cateteri che aspirano il trombo, è una realtà dove la neuroradiologia italiana eccelle.
I neuroradiologi interventisti hanno permesso con il loro lavoro , in collaborazione con i neurologi, la creazione di una rete di Stroke Unit, diffusa in tutto il territorio nazionale, che permette la cura in acuto dei pazienti con ischemia cerebrale, in modo simile a quanto fatto per l’infarto del miocardio dai cardiologi interventisti.
Oggi la terapia in molti casi è duplice: con l’enzima trombolitico somministrato dai neurologi e con la trombectomia effettuata dai neuroradiologi.
I centri in italia sono oltre 60 e i numeri che vengono raccolti minuziosamente ogni anno in un apposito registro nazionale ( registro endovasoclare italiano o REI) danno contezza sul valore della Neuroradiologia Interventistica Italiana che si pone certamente a livelli elevatissimi nel mondo.

*Vicepresidente dell’Associazione Italiana Neuroradiologia Diagnostica e Interventistica, già professore di Neuroradiologia all’Università di Messina


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