Medicina e ricerca

Malattia di Alzheimer: l'identificazione di 75 fattori di rischio genetico porta nuove conoscenze

di Benedetta Nacmias* e Sandro Sorbi**

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24 Esclusivo per Sanità24

L'identificazione dei fattori di rischio genetici per la malattia di Alzheimer è essenziale se vogliamo migliorare la comprensione e il trattamento della malattia. I progressi nell'analisi del genoma umano insieme agli studi di associazione sull'intero genoma (GWAS, studi che consistono nell'analisi dell'intero genoma di migliaia o decine di migliaia di persone, sane o malate, per identificare i fattori di rischio genetici associati a aspetti specifici della malattia) stanno ora portando a importanti progressi nel campo.

I ricercatori in Europa, negli Stati Uniti e in Australia hanno identificato 75 regioni del genoma associate alla malattia di Alzheimer. Quarantadue di queste regioni sono nuove, il che significa che non sono mai state implicate nella malattia. I risultati, pubblicati su Nature Genetics (Bellenguez C et al 2022), portano nuove conoscenze sui meccanismi biologici in gioco e aprono nuove strade per il trattamento e la diagnosi. La malattia di Alzheimer è la forma più comune di demenza, che colpisce circa 1.000.000 persone in Italia. Questa malattia complessa e multifattoriale, che di solito si sviluppa dopo i 65 anni, ha una forte componente genetica. Si ritiene che la maggior parte dei casi sia causata dall'interazione di diversi fattori di predisposizione genetica con fattori ambientali.

Sebbene la nostra comprensione della malattia continui a migliorare, al momento non esiste una cura. I farmaci disponibili mirano principalmente a rallentare il declino cognitivo e ridurre alcuni disturbi comportamentali. Per comprendere meglio le origini della malattia, una delle principali sfide della ricerca è quella di caratterizzare meglio i suoi fattori di rischio genetico identificando i processi fisiopatologici in gioco e quindi proporre nuovi bersagli terapeutici. Nell'ambito di una collaborazione internazionale è stato condotto uno studio di associazione sull'intero genoma (GWAS) sul più grande gruppo di malati di Alzheimer istituito fino ad ora, coordinato da Jean-Charles Lambert direttore dell’Inserm Research.

Qui, i ricercatori hanno studiato i dati genetici di 111.326 persone a cui era stata diagnosticata la malattia di Alzheimer o avevano parenti stretti con la malattia e 677.663 "controlli" sani. Questi dati sono derivati da diverse grandi coorti europee raggruppate all'interno del consorzio European Alzheimer & Dementia BioBank (EADB).Incoraggiati dai progressi nell'analisi del genoma, questi studi consistono nell'analisi dell'intero genoma di decine di migliaia o centinaia di migliaia di individui, sani o malati, con l'obiettivo di identificare i fattori di rischio genetici associati ad aspetti specifici della malattia. Utilizzando questo metodo, gli scienziati sono stati in grado di identificare 75 regioni (loci) del genoma associate all'Alzheimer, 42 delle quali non erano mai state implicate in precedenza nella malattia. Nella malattia di Alzheimer sono già ben documentati due fenomeni patologici cerebrali: ovvero l'accumulo di peptidi beta-amiloide e la modificazione della proteina Tau, i cui aggregati si trovano nei neuroni. Nello studio i ricercatori hanno confermato l'importanza di questi processi patologici. Le loro analisi delle varie regioni del genoma confermano che alcune sono implicate nella produzione di peptidi amiloidi e nella funzione della proteina Tau. Inoltre, queste analisi rivelano anche che nella malattia di Alzheimer è in gioco una disfunzione dell'immunità innata e dell'azione della microglia (cellule immunitarie presenti nel sistema nervoso centrale che svolgono un ruolo di "raccoglitore di rifiuti" eliminando le sostanze tossiche).

Infine, questo studio mostra per la prima volta che la via di segnalazione dipendente dal fattore di necrosi tumorale alfa (TNF-alfa) è coinvolta nella malattia. Il fattore alfa di necrosi tumorale è una citochina: una proteina del sistema immunitario implicata nella cascata infiammatoria, in particolare nei meccanismi di lesione tissutale. Questi risultati confermano e si aggiungono alla nostra conoscenza dei processi patologici coinvolti nella malattia e aprono nuove strade per la ricerca terapeutica. Ad esempio, confermano l'utilità di quanto segue: la conduzione di studi clinici di terapie mirate alla proteina precursore dell'amiloide, il proseguimento della ricerca sulle cellule microgliali iniziata alcuni anni fa e il targeting della via di segnalazione del TNF-alfa. Al fine di convalidare ed espandere i propri risultati, il team vorrebbe ora continuare la sua ricerca in un gruppo ancora più ampio. Oltre a questa esauriente caratterizzazione dei fattori genetici della malattia di Alzheimer, il team sta anche sviluppando numerosi approcci di biologia cellulare e molecolare per determinarne il ruolo nel suo sviluppo. Inoltre, poiché la ricerca genetica è stata condotta principalmente sulle popolazioni caucasiche, una delle considerazioni per il futuro sarà quella di effettuare lo stesso tipo di studi in altri gruppi al fine di determinare se i fattori di rischio sono gli stessi nelle varie popolazioni, il che rafforzerebbe la loro importanza nel processo fisiopatologico.

In attesa di questi dati è fondamentale continuare a finanziare la ricerca. In Italia l’Associazione Italiana Ricerca Alzheimer, (Airalzh, nata nel 2014), è l’unica associazione che promuove a livello nazionale la Ricerca medico-scientifica sulla malattia di Alzheimer ed altre forme di demenza. Gli obiettivi sono concorrere all’identificazione dei fattori di rischio, miglioramento delle tecniche per l’individuazione della malattia di Alzheimer nelle sue prime fasi ed individuare nuovi bersagli per interventi terapeutici, con lo scopo di innalzare i livelli di cura, migliorare la qualità della vita dei pazienti e, infine, sensibilizzare l’opinione pubblica su questa malattia. Airalzh ha finanziato nel bando uscito l’anno scorso progetti di Ricerca legati alla prevenzione della malattia di Alzheimer ed agli stili di vita. Entro la fine del 2022 anno saranno finanziate nuove ricerche sempre su queste tematiche fondamentali.

*Vicepresidente Airalzh (Associazione Italiana Ricerca Alzheimer), Prof Associato Neurologia, Università degli studi di Firenze;

**Past President Airalzh, Prof Ordinario Neurologia, Università degli studi di Firenze


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