Medicina e ricerca

Tumore polmone a piccole cellule: la nuova combinazione terapeutica approvata da Aifa arriva a triplicare la sopravvivenza dei pazienti

di Andrea Ardizzoni *, Lorenza Landi **

S
24 Esclusivo per Sanità24

Il tumore del polmone a piccole cellule (microcitoma) colpisce ogni anno, in Italia, oltre 6000 persone, che costituiscono circa il 15% del totale delle nuove diagnosi di carcinoma polmonare. Si tratta di una delle forme più aggressive di questa neoplasia, che per trent’anni ha visto come unico standard di cura la chemioterapia. Da oggi è disponibile per i pazienti del nostro Paese una nuova arma, che consente di migliorare in modo significativo la sopravvivenza a lungo termine fino a triplicarla. L’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha infatti approvato la rimborsabilità di durvalumab, farmaco immunoterapico sviluppato da AstraZeneca, per il trattamento di prima linea del carcinoma polmonare a piccole cellule (Sclc) in stadio esteso in combinazione con la chemioterapia (etoposide associato a cisplatino o carboplatino, a scelta del clinico). Le nuove prospettive e i risvolti nella pratica clinica nella terapia del microcitoma polmonare sono stati approfonditi in una conferenza stampa a Milano.
Il carcinoma del polmone a piccole cellule è una forma tumorale molto aggressiva, che tende inizialmente a rispondere positivamente alla chemioterapia per poi andare incontro a un inevitabile e rapido peggioramento. A differenza di quanto avviene nel tumore del polmone non a piccole cellule, che include anche una percentuale di non fumatori, in quello a piccole cellule la quasi totalità dei pazienti è tabagista. A settembre 2020, la combinazione di durvalumab con la chemioterapia è stata approvata dall’agenzia regolatoria europea (Ema) in base ai risultati dello studio internazionale di fase 3 Caspian, che ha coinvolto circa 800 pazienti con microcitoma del polmone in stadio esteso, arruolati in oltre 200 centri di 23 Paesi.
Pochissimi pazienti con microcitoma polmonare sono candidati al trattamento chirurgico, perché questa neoplasia progredisce molto rapidamente e, nella maggior parte dei casi, è già in stadio metastatico al momento della diagnosi. La durata del beneficio offerto dalla chemioterapia standard di solito è breve. Da qui il forte bisogno clinico di nuove terapie farmacologiche efficaci. Negli ultimi trent’anni, sono stati moltissimi i farmaci studiati per migliorare la sopravvivenza, ma solo l’aggiunta dell’immunoterapia alla chemioterapia si è dimostrata in grado di ottenere questo importante risultato. Lo studio Caspian ha evidenziato che durvalumab in combinazione con la chemioterapia tradizionale non solo riduce del 29% il rischio di morte, ma è in grado di triplicare la probabilità di sopravvivenza a 3 anni rispetto alla sola chemioterapia. Si tratta di un dato significativo, perché quasi una persona su 5 può ottenere un controllo della malattia a lungo termine, mantenendo inalterata la qualità di vita. In particolare, il 17,6% dei pazienti trattati con durvalumab più chemioterapia era vivo a tre anni, rispetto al 5,8% con la sola chemioterapia.
L’approvazione della rimborsabilità da parte di Aifa rende possibile la somministrazione di durvalumab in combinazione con diversi schemi di chemioterapia, etoposide con cisplatino o carboplatino, e rappresenta un’ottima notizia per i pazienti e i clinici, che hanno a disposizione una nuova arma per migliorare la sopravvivenza a lungo termine. Il beneficio della chemio-immunoterapia evidenziato nello studio Caspian è ancora più rilevante, perché il braccio di controllo è costituito dallo standard di trattamento utilizzato finora nella pratica clinica, cioè dalla chemioterapia fino a 6 cicli. Cambia anche la strategia generale di gestione della malattia, perché, in base allo schema tradizionale, dopo i 6 cicli di chemioterapia il paziente restava in follow up per poi riprendere il trattamento chemioterapico in caso di recidiva. Il nuovo protocollo invece non prevede più sospensioni: terminata la chemio-immunoterapia, si prosegue con la terapia di mantenimento con l’immunoterapia. La continuazione delle cure rassicura il paziente anche dal punto di vista psicologico. La programmazione terapeutica nel microcitoma polmonare deve essere estremamente precisa. La scelta migliore è rappresentata dalla combinazione dell’immunoterapia con la chemioterapia in prima linea. Solo così possiamo prolungare la sopravvivenza.
A circa due terzi dei pazienti con microcitoma polmonare viene diagnosticata una malattia in stadio esteso, in cui il tumore si è diffuso al di fuori del polmone, sviluppando metastasi in altri organi. Come ha affermato Silvia Novello (Presidente Walce - Women Against Lung Cancer in Europe -, Ordinario di Oncologia Medica all’Università degli Studi di Torino e Responsabile Oncologia Polmonare all’Ospedale San Luigi Gonzaga di Orbassano), la capacità di riconoscere segni e sintomi e poter così diagnosticare e iniziare una terapia adeguata sono fondamentali per un avvio rapido delle cure, per ottenere una riduzione delle dimensioni del tumore, controllarne la crescita e, di conseguenza, aumentare l’aspettativa di vita. La difficoltà nel riconoscere i segnali del microcitoma può allungare i tempi tra la comparsa dei primi sintomi, il contatto con il medico di famiglia e lo specialista e, quindi, la diagnosi. Questa neoplasia finora ha ricevuto meno attenzione rispetto ad altre, anche a causa dello stigma sociale, riconducibile alla storia di tabagismo nella maggioranza dei pazienti, per cui è importante che oggi possano beneficiare di un’ulteriore opzione terapeutica.

* Professore ordinario di Oncologia medica all’Università di Bologna e Direttore dell’Oncologia Medica dell’Irccs Azienda ospedaliero-universitaria di Bologna Policlinico Sant’Orsola Malpighi
** Responsabile Uosd Sperimentazioni Cliniche: Fase 1 e Medicina di Precisione, Istituto Tumori Regina Elena Irccs, Roma


© RIPRODUZIONE RISERVATA