Medicina e ricerca

Sanità digitale: la spesa cresce a 2,2 miliardi (+22%), per il 52% dei pazienti porterà più benefici che rischi

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24 Esclusivo per Sanità24

Continua la crescita della spesa per sanità digitale in Italia che nel 2023 è stata pari a 2,2 miliardi di euro (+ 22% rispetto al 2022). La cybersecurity si conferma, come l’anno scorso, al primo posto tra le priorità per le aziende sanitarie coinvolte nella ricerca svolta in collaborazione con FIASO. Fondamentali anche la Cartella Clinica Elettronica (CCE) e i sistemi di integrazione con sistemi regionali e/o nazionali. Stabili i tassi di utilizzo della Telemedicina. Sono alcuni risultati della ricerca dell’Osservatorio Sanità Digitale della School of Management del Politecnico di Milano, presentata oggi durante il convegno “Sanità Digitale: Trasformare il presente per un futuro sostenibile”.

Nell’ultimo anno il 35% dei medici specialisti e il 48% dei MMG hanno fatto accesso al Fascicolo Sanitario Elettronico, strumento considerato utile dal professionista: riduce il tempo necessario per reperire le informazioni (per il 70% degli specialisti e il 65% dei MMG) e semplifica la lettura dei documenti scambiati (70% degli specialisti e il 60% dei MMG). Inoltre, fornisce informazioni critiche per la gestione del paziente in situazioni di emergenza (68% degli specialisti e 60% dei MMG) e permette di prendere decisioni più personalizzate e basate sull’intera storia clinica del paziente (68% e 53%).

Aumenta l’interesse per l’intelligenza artificiale. Per una gran parte del personale sanitario l’AI potrà essere un valido supporto per le proprie attività. Secondo il 72% degli specialisti e il 70% dei MMG potrà rafforzare le capacità di accuratezza e personalizzazione delle cure. Per il 55% degli specialisti e il 66% dei MMG potrà rendere più sostenibili le attività di monitoraggio di un elevato numero di pazienti cronici. Sei pazienti su dieci (62%), coinvolti nella ricerca svolta in collaborazione con Alleanza Malattie Rare, APMARR, FAND, FederASMA e Onconauti, dichiarano che, se usata con prudenza, l’AI possa portare più benefici che rischi e che possa aiutare il medico nel prendere decisioni più precise e rapide (58%). Tra le preoccupazioni dei medici, invece, emerge il rischio che l’automatizzazione di alcune attività possa condurre a errori (55% degli specialisti e 59% dei MMG) e che l’introduzione dell’AI nella pratica clinica possa diminuire il valore del giudizio clinico basato sull’esperienza professionale (53% e 56%).

Il 29% degli specialisti, il 34% degli infermieri (coinvolti nella ricerca in collaborazione con FNOPI) e ben due terzi dei MMG ha poi utilizzato soluzioni di AI generativa (GenAI) per ricercare informazioni scientifiche. Il 22% degli italiani ha utilizzato ChatGPT almeno una volta nell’ultimo anno. Il 23% di questi l’ha usato per cercare informazioni su prevenzione e stili di vita, il 19% su problemi di salute e il 15% su farmaci e terapie. Nel 40% dei casi l’utente che si è rivolto a ChatGPT in cerca di informazioni sulla salute afferma che le informazioni trovate hanno consentito di ridurre le comunicazioni con il medico.

“Il nostro Paese è ormai entrato nel cuore dell’attuazione degli interventi previsti per la Sanità digitale nel PNRR - afferma Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio Sanità Digitale -. Il suo impatto sulla spesa per la Sanità digitale deve però ancora manifestarsi appieno: se per alcune azioni, come quelle relative alla digitalizzazione delle strutture ospedaliere si è già avuta una forte accelerazione dei progetti, gran parte delle risorse deve ancora essere “messa a terra”. Il 63% delle strutture sanitarie, nonostante l’aumento nella spesa complessiva, vede ancora la disponibilità di risorse economiche come la barriera più significativa all’innovazione digitale. Tra gli altri ostacoli maggiormente percepiti troviamo anche quest’anno la limitata cultura per il digitale (43%) e la mancanza di competenze per l’utilizzo degli strumenti (40%), oltre all’integrazione dei nuovi strumenti con i sistemi informatici già presenti nelle strutture (41%).”

Gli ambiti prioritari di sviluppo – “In linea con lo scorso anno, la cybersecurity si conferma l’ambito di innovazione con la priorità più alta per i decisori delle strutture sanitarie - afferma Paolo Locatelli, responsabile scientifico dell’Osservatorio Sanità Digitale - anche in conseguenza dell’incremento di attacchi informatici subiti dalle aziende e dalle istituzioni sanitarie negli ultimi mesi. Si confermano fondamentali, inoltre, la Cartella Clinica Elettronica e i sistemi di integrazione con sistemi regionali e/o nazionali, coerentemente con gli obiettivi di digitalizzazione degli ospedali - abilitati anche degli accordi quadro gestiti da CONSIP - e di integrazione - definiti dal PNRR. Per la Cartella Clinica Elettronica, che ancora oggi nel 35% degli ospedali non è una soluzione diffusa in tutti i reparti, emerge una tendenza significativa all’adozione di soluzioni fornite a livello regionale o sovra-aziendale: più della metà delle aziende sanitarie che intendono introdurla nel corso del 2024 seguirà questa strada”.

Telemedicina - L’erogazione di prestazioni di Telemedicina è ancora occasionale: tra coloro che hanno già utilizzato la Televisita, il 62% dei medici specialisti e il 46% dei MMG lo ha fatto poche volte al mese. A questo si aggiunge che la maggior parte dei medici specialisti utilizza ancora strumenti non dedicati all’uso sanitario per erogare tali servizi e che non sono quindi adeguati allo scambio di dati sanitari (46%), dimostrando quindi una limitata maturità dei servizi erogati dal punto di vista tecnologico.

“La maturità dei servizi di Telemedicina non dipende solo da fattori strettamente tecnologici – spiega Deborah De Cesare, direttrice dell’Osservatorio Sanità Digitale -, ma anche da elementi organizzativi, che devono essere sviluppati in modo coerente e organico e che ad oggi presentano lacune rilevanti. Infatti, tra coloro che hanno già utilizzato strumenti di Telemedicina, solo il 10% afferma che nella struttura sanitaria di riferimento sono stati definiti i ruoli che concorrono all’erogazione dei servizi e solo il 24% è stato formato sull’utilizzo di queste soluzioni”.

Nell’ultimo anno solo l’8% dei pazienti ha utilizzato servizi di Televisita con lo specialista e l’11% di Telemonitoraggio dei parametri clinici, ma con un livello di interesse futuro ad utilizzare questi servizi vicina all’80%. “A fronte di un’adozione ancora limitata della Telemedicina da parte dei pazienti occorre identificare e fare leva sui driver che possano promuoverne una maggiore diffusione – afferma Cristina Masella, responsabile scientifico dell’Osservatorio Sanità Digitale -. I pazienti che non hanno utilizzato servizi di Telemedicina sarebbero più propensi a farlo se questi consentissero di migliorare la relazione con il medico (87%), di risparmiare tempo (86%) e se permettessero di evitare di muoversi da casa, in condizioni di difficoltà (88%). Identificare e far leva sui principali driver consentirà di progettare e promuovere servizi in modo appropriato, trasformando la propensione mostrata dai pazienti in effettiva adozione.”

Fascicolo sanitario elettronico - Sebbene la disponibilità di informazioni sul FSE sia ancora limitata, aumentano i cittadini, intervistati in collaborazione con Doxa Pharma, che vi hanno fatto accesso (41% vs il 35% rilevato lo scorso anno), anche a fronte di una sempre crescente consapevolezza dei vari attori che entrano in contatto con il paziente e che possono suggerirne l’utilizzo, oltre che a campagne informative mirate. A livello aziendale, invece, una percentuale ancora rilevante di strutture sanitarie non alimenta il FSE con i dati raccolti e spesso, quando queste informazioni sono rese disponibili, sono caricate in formato non strutturato. L’eterogeneità o addirittura la mancanza di soluzioni di supporto digitale dei processi clinici nelle strutture sanitarie, tra cui in primis la Cartella Clinica Elettronica, rimane quindi un ostacolo rilevante per una piena alimentazione del Fascicolo Sanitario Elettronico.

Intelligenza Artificiale - Nei primi mesi del 2023 circa un medico su 10 aveva usato Chatbot basati su AI per ricercare informazioni scientifiche; a un anno di distanza, circa il 29% degli specialisti, il 34% degli infermieri e ben due terzi dei MMG affermano di aver utilizzato GenAI per tale scopo. “Una quota non trascurabile di cittadini che hanno utilizzato ChatGPT ha cercato informazioni su prevenzione e stili di vita (23%) problemi di salute (19%) o su farmaci e terapie (15%): è quindi fondamentale la sicurezza degli utenti nell’utilizzo di questi strumenti – afferma Chiara Sgarbossa, direttrice dell’Osservatorio Sanità Digitale -. Se lo scorso anno il fenomeno di ChatGPT assumeva quasi il carattere di bolla mediatica, oggi è ormai evidente come la sensibilità sul tema sia aumentata tra professionisti sanitari e cittadini. È inoltre molto elevato l’interesse dichiarato dai professionisti a utilizzare in futuro altre applicazioni di questa tecnologia, ad esempio come supporto alle decisioni cliniche e assistenziali o per la produzione di referti e di documentazione clinico-amministrativa”.

Competenze dei cittadini - Sono quattro le aree di competenze che il cittadino-paziente dovrebbe sviluppare per utilizzare in modo efficace gli strumenti di sanità digitale: Digital Literacy, competenze tecniche relative alle funzionalità degli strumenti digitali utilizzati (es. utilizzare lo smartphone, le App di messaggistica, ecc.). Digital Soft Skills, capacità necessarie per comunicare e condividere informazioni efficacemente attraverso canali digitali. Health Literacy, abilità necessarie per ricercare, elaborare e comprendere informazioni basilari per prendere decisioni informate sulla propria salute. eHealth Skills, competenze per utilizzare in modo autonomo e consapevole le tecnologie digitali nella gestione della salute personale. Il 64% dei medici specialisti e il 67% dei MMG e degli infermieri ritengono che per i propri assistiti sia prioritario lo sviluppo della Health Literacy, seguita dall’area delle Digital Soft Skills (circa il 60% dei professionisti). Anche gli stessi cittadini identificano queste come le aree più critiche, per le quali dichiarano ad oggi le lacune più significative.

“Nonostante i gap formativi da colmare, gli italiani sottolineano la volontà di utilizzare sempre di più il digitale come canale preferito per accedere ai servizi sanitari (72%) - afferma Emanuele Lettieri, responsabile scientifico dell’Osservatorio Sanità Digitale -. Insieme al canale online, primeggia anche la farmacia (72%), seguita da altri luoghi vicini al domicilio (es. uffici postali, banche, ecc.) (48%). Avere a disposizione in modo sempre più ricco e completo l’accesso ai servizi sanitari direttamente “a casa propria” o vicino ad essa, risulta una condizione ritenuta sempre più essenziale dai cittadini italiani. È auspicabile che proprio questa spinta, unita a una crescente consapevolezza della improrogabile necessità di andare verso una sanità economicamente e socialmente sostenibile, possa portare il nostro Paese verso un’adozione più decisa e coerente di un modello di Sanità connessa”.


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