Medicina e ricerca

Johnny lo zingaro e gli altri: la valutazione della pericolosità sociale dei detenuti

di Maria Elisabetta Ricci, Simona Galasso, Mary Petrillo (Gruppo di Lavoro “violenza nelle relazioni intime”, Ordine degli Psicologi del Lazio)

La vicenda di Giuseppe Mastini detto “Johnny lo zingaro” pone al centro del dibattito pubblico il problema di come proteggere la comunità da soggetti che hanno commesso gravi reati violenti e che potrebbero commetterli di nuovo una volta fuori dal carcere o per avvenuta fine della pena, o per l'adozione di una misura che conceda loro maggiore libertà.

Con il problema della predizione di un comportamento umano violento e della sua gestione fanno i conti tutte le amministrazioni penitenziarie del mondo civile, che debbono conciliare le esigenze punitive della pena con quelle rieducative, volte ad attuare un cambiamento positivo a lungo termine nel reo che possa permettergli, una volta scontata la pena, di condurre il resto della propria esistenza fuori dal circuito penale, proteggendo in questo modo l'intera comunità; o consentendogli, in caso di ergastolo, una vita più dignitosa laddove abbia dimostrato di non essere più un pericolo sociale. Non marginale, inoltre, è la notazione che una lunga detenzione è più economicamente costosa rispetto al reinserimento sociale di successo.

Il cuore del problema, in Italia come nel resto del mondo civile, è spinoso, e riguarda la predizione di un comportamento futuro. L'errore in cui si può incappare non riguarda soltanto il concedere maggiore libertà ad un individuo che invece torna a delinquere, ma anche non concedere libertà ad un individuo che invece ne potrebbe fare un uso positivo, per il bene proprio e di tutta la comunità in cui vive.

Ora, la letteratura scientifica ha inesorabilmente mostrato che il giudizio umano soggettivo è fallace, e lo è decisamente rispetto a procedure strutturate di giudizio sul rischio di recidiva violenta, che permettono inoltre di organizzare attività trattamentali individualizzate, volte cioè a colmare le lacune specifiche di ciascun detenuto. Per questa ragione c'è stata un'impennata, negli ultimi quindici anni, nella produzione scientifica di tali strumenti, che assistono coloro che sono chiamati a realizzare questo compito difficile.

Lascia il tempo che trova puntare il dito contro magistrati e operatori ogni volta che si commette un vistoso errore di valutazione (tra migliaia di casi valutati peraltro) perché a nostro avviso il problema con cui si scontra il nostro paese è l'impianto culturale sulla base del quale l'osservazione e il trattamento vengono concepiti. Le attività valutative e trattamentali previste dal nostro ordinamento utilizzano categorie sociologiche e ideologiche, presupponendo a priori che lavoro, istruzione, famiglia e religione siano i fondamentali valori carenti all'origine di ogni delinquere e che vadano ripristinati in ogni reo per concedergli maggiore libertà, a patto che egli sia pentito e si sia comportato bene durante la detenzione.

Al contrario, la valutazione scientifica strutturata è rigorosamente individualizzata e richiede di conoscere: in che modo alcuni fattori nella storia di vita del soggetto si sono organizzati psicologicamente, in modo unico e specifico tale da condurlo a scegliere di commettere violenza; in quale circostanza e per quale motivo egli potrebbe scegliere di commetterla di nuovo, e come intervenire specificatamente per evitarlo.

La buona condotta è del tutto irrilevante se considerata in astratto, poiché un detenuto potrebbe comportarsi correttamente soltanto a fini manipolatori per ottenere dei benefici.
Non da ultimo si pone il problema dei soggetti psicopatici, irrecuperabili, perché dobbiamo ammettere che ci sono soggetti irrecuperabili, e saperli individuare. Johnny lo zingaro, o Igor, o l'indimenticata, avvilente vicenda di Angelo Izzo. Non per tutti la detenzione è funzionale al reinserimento, ma non per tutti le misure premiali o alternative alla pena sono funzionali a limitare il rischio di recidiva. Dobbiamo muoverci in un'ottica razionale di utilizzo delle risorse a disposizione.


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