Medicina e ricerca

Parkinson e Covid: la centralità delle complicanze non motorie e il ruolo della telemedicina

di Angelo Antonini

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24 Esclusivo per Sanità24

Un corretto approccio terapeutico alla cura del Parkinson, patologia che si stima in Italia colpisca oltre 200.000 persone tra i 30 ed gli 80 anni, deve avere come obiettivo centrale la qualità della vita dei pazienti. Su questa incidono sia le note complicanze motorie, sia quelle non motorie, che purtroppo sono generalmente sottostimate durante l'esame clinico. È su quest'ultimi aspetti che mi sono soffermato nel mio intervento al Simposio promosso da Zambon al International Congress of Parkinson's Disease and Movement Disorders 2020 tenutosi in modalità virtuale nei giorni scorsi a cui hanno partecipato oltre 20.000 neurologi da tutto il mondo.

Molti studi hanno dimostrato che i sintomi non motori sono il fattore determinante di una scarsa qualità della vita dei pazienti affetti da Parkinson. Lo spettro dei sintomi non motori è molto ampio, spazia dagli effetti sul tono dell'umore (depressione e ansia), deficit cognitivi diffusi, al dolore cronico, i disturbi del sonno, la stipsi, l'eccessiva sudorazione. A ciò si aggiungono anche disturbi della deglutizione, salivazione eccessiva e problemi respiratori. Tra le prime 5 disabilità che contribuiscono maggiormente al peggioramento della qualità della vita dei pazienti (pesando per circa il 50% del totale), 4 sono di tipo non motorio: depressione, apatia e disturbi cognitivi, dolore ed eccessiva faticabilità.

I sintomi non motori sono diventati cruciali nell'approccio alla cura durante la crisi del COVID-19. L'inattività, lo stress e la solitudine hanno aggravato i disturbi della malattia e comportato la comparsa di molteplici complicanze. Alcuni pazienti hanno lamentato un significativo peggioramento delle loro condizioni proprio perché impossibilitati a muoversi, uscire per una passeggiata, fare esercizio fisico. L'impatto della condizione di isolamento conseguente al lockdown si è manifestato anche sull'efficacia stessa delle cure. Tra marzo e aprile, diversi pazienti che non avevano mai mostrato oscillazioni motorie/non motorie significative hanno riferito di soffrire di gravi periodi di off (blocco motorio), interruzioni del sonno, dolore cronico e persino problemi cardiaci e peggioramento dei sintomi gastrointestinali.

Un ulteriore aspetto poco valutato nella gestione di questa patologia è l'effetto della stessa sui caregiver, di quanti cioè si prendono cura a domicilio dei pazienti e che in Italia sono molto spesso costituiti dai famigliari. La presa in carico dei pazienti espone il caregiver ad un notevole carico emotivo e fisico che col peggioramento della malattia determina un aumento del tempo dedicato giornalmente alla cura e di quello notturno e che può innescare fenomeni gravi di stress (il cosiddetto "burden"), ridurre le relazioni interpersonali e causare costi sociali importanti che ricadono esclusivamente sulle famiglie.

Proprio la complessità del Parkinson rende imprescindibile elaborare un approccio di gestione multidisciplinare che coinvolga accanto al neurologo anche geriatra, psicologo, psichiatra, medico di famiglia, nutrizionista, urologo, fisioterapisti, assistenti sociali e infermieri. Tale struttura dovrebbe supportare caregiver e può giovarsi di un miglior utilizzo delle piattaforme e dei tool digitali. La validità della telemedicina nel valutare i pazienti affetti da MP è stata ben documentata in molti studi, è una strada percorribile perché la maggior parte degli esami fisici può essere visualizzata.

L'epidemia ha già accelerato l'innovazione e applicazione di tali sistemi digitali per poter fornire assistenza sanitaria urgente e costante. Le tecnologie hanno consentito di attenuare il deterioramento della qualità di vita dei pazienti permettendo loro di sentirsi meno soli e di svolgere attività fisiche anche nel loro domicilio. Anche il personale medico può giovarsi di questi strumenti che permettono un monitoraggio continuo delle condizioni di salute e degli effetti delle cure anche quando non è possibile raggiungere le strutture sanitarie.

* Professore di neurologia e Direttore dell'Unità Parkinson e disturbi del movimento del Dipartimento di Neuroscienze all'Università di Padova


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