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BEST PRACTICE/ Quelle mamme troppo giovani. Il modello di presa in carico di Forlì

di Antonella Liverani (Dipartimento salute mentale e dipendenze patologiche); Teresa I. Ercolanese, Enrico Valletta (Dipartimento materno-infantile, Ausl Romagna, Forlì); Maria Teresa Amante (Servizio sociale, Area tutela minori, Comune di Forlì)

Attraverso le difficili storie di alcune giovani donne che sono state accompagnate nel loro percorso di gravidanza dal Consultorio fino al parto in ospedale, e poi al reinserimento nella comunità, descriviamo una modalità integrata di presa in carico socio-sanitaria che cerca di trovare risposta e soluzione progettuale a situazioni personali e familiari talora altamente problematiche. Confrontarsi con il tema della gravidanza e della maternità in adolescenza è compito di grande complessità. Così come è complicato per l’adolescente porsi in una prospettiva di maternità “precoce” rispetto ai tempi fisiologici, eppure così individualmente variabili, della propria maturazione fisica e personologica. La letteratura su questo argomento è vasta e proviene da aree diverse delle scienze mediche e umane, a testimoniare la molteplicità delle problematiche che sono sollecitate ed emergono di fronte a un evento di questa natura. Problematiche che riguardano la giovane donna ma non possono non considerare il versante paterno (caratterizzato spesso da altrettanto giovane età) e successivamente il benessere fisico e mentale del neonato-bambino. Nel quotidiano è necessario affrontare le molte facce del problema, facendole convergere in un agire coordinato che coinvolge le risorse e i servizi che la comunità è in grado di attivare. È su questo aspetto organizzativo che ci proponiamo di riflettere muovendo da alcune nostre recenti esperienze.

In Italia, il dato epidemiologico delle gravidanze in adolescenti è desumibile dai dati Istat e da un recente rapporto Unicef. Nel 2012 le nascite da madri minorenni (<18 anni) sono state lo 0,4% (2.142) del totale delle nascite (534.186), dato che sale all’1,64% se consideriamo le madri di età inferiore ai 20 anni.

Negli ultimi 15 anni la percentuale delle madri adolescenti si mantiene relativamente stabile, con una lieve tendenza alla diminuzione (figura 1). La frequenza di neonati da madri minorenni o di età inferiore a 20 anni è maggiore nell’Italia meridionale e insulare (figura 2). Infine, la frequenza delle nascite da giovani madri è maggiore nella popolazione straniera rispetto a quella autoctona italiana (<18 anni: 0,48% vs. 0,39%; <20 anni: 3,00% vs. 1,43%), a sottolineare l’influenza che hanno le variabili culturali e sociali nel determinare le dimensioni del fenomeno.

Naturalmente, il numero delle adolescenti che concepiscono è ben più elevato (circa il doppio), per il verificarsi dell’interruzione spontanea o volontaria della gravidanza. Il tasso nazionale di abortività nelle minorenni negli anni 2000-2012 è infatti pari a 0,41-0,5%. In provincia di Trento, negli anni 2001-2005, il 57,4% dei concepimenti delle adolescenti è terminato in una Ivg.

Il rischio di gravidanza e la gravidanza come rischio

Nelle storie che abbiamo descritto sono rinvenibili alcuni dei più comuni contesti personali e sociali che pongono l’adolescente a elevato rischio di avviare una gravidanza. Gravidanza che spesso non è cercata né voluta, ma che, anche quando lo fosse, manterrebbe non di meno elementi di elevata problematicità.

Un primo fattore di rischio va ricercato nelle dinamiche psichiche dell’adolescente che spesso si sviluppano all’interno di un contesto familiare e sociale fragile e svantaggiato. Considerando la dinamica di individuazione-separazione dell’adolescente rispetto alle figure genitoriali, verifichiamo come possano realizzarsi condotte tendenzialmente trasgressive. Se, all’interno di questo processo, la maternità può essere intesa come tentativo di individuazione nei confronti dei propri genitori (soprattutto nei confronti della figura materna), di fatto può assumere il significato di una fuga in avanti che, nell’intento di sottrarsi alle dinamiche complesse della crescita, paradossalmente riporta l’adolescente all’interno di una difficile dipendenza dalle figure genitoriali stesse. Famiglie poco presenti, con scarsa capacità comunicativa e supportiva, faticano a fornire un valido orientamento per i figli rispetto alla loro progettualità futura. Tali condizioni hanno profonde ricadute sul processo di crescita adolescenziale e possono determinare insuccesso scolastico, problemi comportamentali, condotte delinquenziali, abuso di alcool e di sostanze, rapporti precoci con l’altro sesso che colmano vuoti affettivi e concretizzano la possibilità di un concepimento indesiderato. Il basso livello economico e di scolarità, l’esclusione sociale e un’attitudine culturale favorevole alle unioni in giovane età incrementano ulteriormente il rischio.

Si discute molto in letteratura se l’età adolescenziale abbia in sé elementi che rappresentino un rischio per il corretto proseguimento di una gravidanza. Emerge una minore regolarità nell’accesso alle visite, ai controlli ecografici e ai corsi di accompagnamento al parto e una maggiore attitudine al fumo in gravidanza, coerente con un atteggiamento personale poco “health oriented”. È stata ripetutamente segnalata una maggiore frequenza di complicanze ostetriche, parto prematuro, basso peso alla nascita e depressione post-partum.

Tuttavia sono dati originati spesso in contesti svantaggiati dal punto di vista socio-economico e sanitario. È verosimile che in Paesi con strutture sanitarie più avanzate gran parte di questi fattori di rischio possano essere fronteggiati efficacemente e annullati.

Resta importante invece l’attenzione al destino della donna e del suo bambino nei mesi e anni successivi al parto: le giovani mamme sono a elevato rischio di interruzione del percorso scolastico (con minori possibilità d’impiego e di indipendenza economica), di relazioni instabili con il proprio partner e con la famiglia di origine. Anche la relazione primaria con il neonato risulta essere più povera, con una minore comunicazione verbale e una scarsa accoglienza emotiva rispetto alle madri in età adulta.

Il perché e il come di una presa in caricosocio-sanitaria

Nel nostro Distretto (nel triennio 2011-2013) sono state seguite presso il “Consultorio Giovani” 80 adolescenti (mediana 18 anni; range 13-21 anni) in gravidanza (figura 3), la metà delle quali (47,5%) di nazionalità straniera. Di queste, 66 (82,5%) hanno partorito nella quasi totalità dei casi (64/66) con parto a termine, mentre in 4 donne non si hanno dettagli sull’esito della gravidanza. Considerando che nello stesso periodo si sono verificati 4.138 parti, l’1,54% dei neonati risultava essere da madre adolescente (0,4% in età inferiore a 18 anni). All’interno del percorso monitorato dal Consultorio si sono registrate solo 6 (7,5%) Ivg e in 4 casi si è verificato un aborto spontaneo. Nella nostra esperienza la frequenza di neonati da giovani madri è quindi sostanzialmente sovrapponibile al dato nazionale.

Il ricorso all’Ivg appare invece decisamente inferiore all’atteso, ma considerata la retrospettività della casistica è ipotizzabile una certa imprecisione del dato.

Evidente è la maggiore frequenza relativa delle gravidanze in giovani donne di origine non italiana. Le adolescenti straniere (15-19 anni) sono circa il 15% del numero totale delle adolescenti nella nostra provincia; i neonati da genitori stranieri sono circa il 30% di tutti i neonati, ma il rapporto tra giovani mamme italiane e straniere è, sostanzialmente 1 a 1. Si tratta di un dato culturale che non stupisce, ma che non deve comunque distogliere da possibili, concomitanti fattori socio-economici e ambientali.

Tre mamme adolescenti
I tre casi descritti propongono una sintesi di alcune problematiche, tutt’altro che insolite, che hanno richiesto articolazioni diversificate degli interventi. La storia di Giada è quella di una minorenne già in carico ai servizi sociali, in condizione di alta vulnerabilità, in mancanza di contesti contenitivi e di sostegno, con un compagno altamente problematico e inserito in un contesto familiare e sociale fortemente a rischio. La collaborazione tra due servizi sociali, la mediazione del legale di fiducia e l’intervento della parte sanitaria, ha consentito di salvaguardare il legame primario, accompagnando i genitori nella lettura dei loro bisogni e nell’accettazione di un intervento progettuale dei servizi sociali fortemente strutturato.

Nel secondo caso spicca la giovanissima età di Eleonora la cui storia è segnata dal precoce abbandono materno. La deprivazione del legame primario e la perdita di un investimento affettivo e progettuale hanno un significato nel realizzarsi di una maternità precoce? Quanto si colloca in termini compensatori, a livello inconscio, la ricerca di un legame di dipendenza primaria?

Individuare significati complessi in agiti non consapevoli e vissuti tra idealizzazione e negazione richiede agli operatori un lavoro molto attento per evitare che quella profonda vulnerabilità possa tradursi in più gravi fratture psichiche. L’accompagnamento ha previsto un approccio fortemente orientato a mediare i vissuti confusi e immaturi di Eleonora con i dati di realtà che incalzavano nel tempo della gravidanza e che la sottoponevano a trasformazioni fisiche, emotive e progettuali. In questa condizione ha avuto grande rilevanza la figura dell’educatrice-tutor che, attraverso una continua rilettura dei vissuti e degli eventi, ha restituito a Eleonora un senso coeso alla sua realtà.

Diversa è invece la storia di Irene, la cui gravidanza si colloca in una fase adolescenziale contrassegnata da gravi perdite sul piano affettivo e della stabilità familiare. Agli esordi della maggiore età, Irene è solida e matura sul piano razionale e si pone di fronte alla propria maternità in modo critico e consapevole. Le sue risorse personali le permettono un processo elaborativo dell’evento mantenendo una difesa altamente strutturata a protezione dell’integrità psichica. Questo processo di negazione le consentirà di arginare l’angoscia dell’abbandono insita nella scelta maturata.

La figura paterna e le famiglie d’origine

La fragilità insita in una gravidanza in adolescenza richiede un contenimento sicuro che garantisca la madre e il bambino sia sul piano affettivo che socio-economico. Spesso all’interno di questa area di profonda fragilità si colloca anche il padre, anch’esso di fronte a un drastico cambiamento di ruolo e di contesto (spesso “da figlio a padre”) che lo costringe a forzare le tappe evolutive necessarie al suo definirsi in termini progettuali, sia sul piano personale che su quello formativo-professionale. Se le condizioni lo permettono, le famiglie di origine, superate le prime resistenze, possono assumere funzione di sostegno, contenimento e accompagnamento. È un processo talora difficile e conflittuale che potrebbe richiedere la vigilanza e la guida dei Servizi socio-sanitari.

La difficoltà nel ridefinire le dinamiche relazionali tra genitori e adolescenti, che fisiologicamente attraversano fasi oppositive e trasgressive, consiste fondamentalmente nel recuperare un rapporto più stretto e più presente, a tutela sia dei figli adolescenti che del neonato. La funzione della famiglia d’origine è critica nella fase iniziale, laddove la gravidanza si dichiara e fluttua nell’ambivalenza di una scelta non ancora consapevole. L’accettazione dell’evento deve fare i conti con i progetti, le aspettative, le disponibilità economiche e, non ultima, la cornice culturale nella quale la gravidanza si colloca. In questo scenario, la possibile scelta di un’interruzione volontaria della gravidanza può assumere significati diversi e l’intervento dei Servizi dovrebbe essere di mediazione tra posizioni contrastanti e spesso in conflitto.

Infine occorre considerare che il cambiamento radicale di status, da genitori a nonni, e per l’ adolescente, da figlia a madre, non avviene all’interno di un processo maturativo e richiede sponde solide che rinforzino e facilitino la neogenitorialità e la graduale assunzione di responsabilità della coppia, mantenendo un ruolo delle famiglie d’origine presente e partecipe senza, tuttavia, sostituirsi alla coppia stessa.

La prospettiva del pediatra

Tenendo conto che il percorso della maternità in adolescenza ha bisogno di un approccio multidisciplinare che accompagni la gravidanza, il parto, l’instaurarsi della relazione primaria madre-bambino e il processo di attaccamento alla figura paterna, compito del pediatra di famiglia è mantenere una continuità di osservazione sul piano della salute del bambino e sugli aspetti relazionali in ambito familiare. Questa osservazione consentirà di apprezzare la percezione che la madre ha del bambino, il modo in cui si pone nei suoi confronti, le manifestazioni di preoccupazione e di difficoltà, le possibili aree ambivalenti e di frustrazione. Attraverso un ascolto attento è possibile percepire che all’interno di queste dinamiche si celano talora bisogni e fragilità che hanno importanti ricadute sulla relazione primaria e che potrebbero richiedere un contenimento e un sostegno più solido e strutturato.

In termini di prevenzione nei confronti di una gravidanza precoce il pediatra può farsi parte attiva nel sensibilizzare l’adolescente (e i suoi genitori) inserendola in percorsi informativi a tutela della sua salute e del suo processo di crescita. La figura del pediatra si colloca pertanto in punti di snodo critici sia rispetto all’età di una ragazza che si affaccia alla sessualità, sia rispetto all’evoluzione di una maternità in età adolescenziale.

Analoga consapevolezza deve esserci riguardo ai possibili rischi per lo sviluppo psico-affettivo del bambino. Il rapporto madre-bambino tende a essere più povero dal punto di vista della relazione e della comunicazione verbale, con valutazioni non sempre appropriate delle capacità cognitive e dei comportamenti del bambino. Oppure, al contrario, possono prevalere atteggiamenti di ipervalutazione e di idealizzazione poco rispondenti al dato di realtà. Questi bambini sono a rischio di minore rendimento scolastico, maggiori difficoltà socio-emozionali, problemi comportamentali e, infine, abbandono scolastico. Su questi aspetti la vigilanza del pediatra avrà l’obiettivo di una precoce rilevazione delle problematiche e di un pronto sostegno personale o specialistico.

Conclusioni

Le storie di queste tre ragazze ci danno modo di riflettere sulla realtà della gravidanza in adolescenza, offrendoci punti di vista e prospettive diversi che, nella loro complessità, richiedono una progettualità individualizzata e il concorso di molteplici competenze. Un’intercettazione precoce da parte dei servizi sanitari permette di organizzare un percorso che si muova trasversalmente in modo condiviso. Il lavoro in Emd permette di vedere il contesto nella sua complessità e di lavorare all’interno di un quadro in cui diverse figure professionali operano e interagiscono definendo insieme obiettivi e interventi aderenti ai bisogni specifici della situazione. La proposta che ne scaturisce costituirà materia di confronto e condivisione per un “lavoro insieme” con la minore, con il compagno e con le famiglie di origine, basato su un senso di fiducia e di scambio con la rete dei servizi che può assumere realmente la funzione di accompagnamento e protezione.

IL SERVIZIO COMPLETO SUL SOLE 24 ORE SANITÀ N. 42/2015


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