Aziende e regioni

Il Pnrr e la sfida della riorganizzazione del territorio che chiama i medici all'unità e le Regioni a programmare

di Ettore Jorio *

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24 Esclusivo per Sanità24

Ho letto l’articolo di Livio Garattini e Alessandro Nobili , pubblicato l’8 febbraio scorso, con il quale propongono un modello integrativo, che apprezzo, rispetto ai format in circolazione delle Case di Comunità. L’iniziativa di certo susciterà il confronto che merita, specie nella riconsiderazione che introduce sul futuro ruolo e sullo status lavorativo dei medici convenzionati nonché sul rilancio del servizio della salute pubblica.
Leggerlo attentamente, in particolare nella parte ove approfondisce l’ineludibile passaggio dello «atteggiamento mentale al singolare» dei professionisti impegnati in una siffatta condizione nel Ssn a una modalità di funzionale «erogazione dell’assistenza territoriale» e quindi dei Lea, impone una riflessione seria su quanto accadrà dal buon e intelligente utilizzo delle risorse assicurate dalla Misura 6 del Pnrr.
Un compito delle istituzioni regionali - quello di individuare la corretta allocazione delle Case (CcC) e Ospedali di Comunità (OdC) e delle Centrali Operative Territoriali (Cot) - davvero difficile da esercitarsi con le dovute attenzioni. Ciò in assenza ovunque di una corretta rilevazione ed elaborazione dei fabbisogni epidemiologi messi in relazione con le condizioni viarie, la composizione demografica e gli indici di deprivazione socio-economici e culturali espressi dalle popolazioni destinatarie.
E anche qui entrano in gioco, e come, gli atteggiamenti mentali, non già quelli dei professionisti convenzionali, impegnati nel doveroso passaggio di considerarsi unità di un insieme erogativo dell’assistenza sociosanitaria di prossimità, bensì quelli di approccio istituzionale alla programmazione dell’intero intervento riorganizzativo, cui sono chiamate tutte le Regioni per fine mese.
Non è, infatti, un gioco quello di ridisegnare una tale neo-organizzazione sociosanitaria, funzionale a generare un nuovo modello di erogazione destinata alla società tutta, nella sua prossimità abitativa. Una cura che restituisca la dovuta attenzione alla persona umana mentre - in suo evidente difetto durante il Covid - l’assistenza territoriale è risultata assente con la conseguenza di riversare ogni disagio sugli ospedali e sulle famiglie.
Intorno e all’interno del distretto dovranno essere, infatti, resi attivi:
1) la Casa di Continuità, garante di un’assistenza multidisciplinare primaria, e dunque tra l’altro di servizi di assistenza domiciliare di base, di specialistica ambulatoriale per le patologie prevalenti, di prenotazione esami e visite, di assistenza medica e infermieristica, di continuità assistenziale (guardia medica), servizi sociali, medicina dello sport, esecuzione screening, consistente supporto di telemedicina, eccetera;
2) l’Ospedale di Comunità prevalentemente di assistenza infermieristica, di prestazioni a ricovero breve destinata a pazienti cui necessitano trattamenti sanitari di media e bassa intensità clinica;
3) la Centrale Operativa Territoriale da intendersi lo strumento organizzativo per la corretta distribuzione dell’individuo bisognoso di ricorrere alle cure del sistema della salute, in quanto tale rappresenta la struttura funzionale dedicata alla presa in carico della persona umana, cui assicura l’accesso intelligente e ponderato sia ai servizi territoriali che a quelli ospedalieri esercitando il raccordo tra le relative strutture aziendali disponibili, ivi compreso il Dipartimento di prevenzione.
A ben vedere, tanto da fare e da realizzare al meglio. Tutto ciò non può assolutamente prescindere da una accurata programmazione fondata sui presupposti anzidetti.
Un intervento simile, del tutto diverso da quelli finalizzati a concretizzare infrastrutture fisse che trovano la conclusione nella loro realizzazione e collaudo, fonda la sua utilità nell’erogazione dei servizi sociosanitari, cui è legislativamente destinato, ovverosia di rendere esigibili i Lea alla collettività. Un compito assegnato a un insieme produttivo di prestazioni essenziali, composto dalla struttura, dal personale necessario, dalle migliori tecnologie, dalla specificità erogativa, dalla sostenibilità economica, quest’ultima gravante sulle rispettive aziende.
Non attendere a una tale fondamentale regola sarebbe come voler costruire una casa iniziando ad acquistare il materiale edile senza però avere neppure commissionato il progetto.
Concludendo, il Pnrr impone e la ragionevolezza esige di spendere per ciò che realizza il cambiamento, specie laddove l’esistente – per dirla alla Bartali - «gli è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare»

* Università della Calabria


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