Dal governo

Aifa: il valore delle commissioni non dipende dal tempo pieno

di Giuseppe Traversa

Sarebbe bene che le norme mirate a modificare il funzionamento delle istituzioni fossero definite dopo aver promosso una discussione pubblica, a partire anche da una esplicita messa a fuoco, da parte dei proponenti, delle ragioni alla base della richiesta di modifica. Si farebbero probabilmente meno errori e, accettando un confronto aperto, la politica darebbe un segnale di fiducia ai cittadini.

Non sembra andare così per la proposta di modifica della composizione e funzionamento delle due commissioni dell'Aifa – la Commissione tecnico scientifica (Cts) e il Comitato prezzi e rimborsi (Cpr). Voci sempre più insistenti anticipano che la proposta che verrà inserita in un provvedimento legislativo introduce due cambiamenti di rilievo: l'unificazione delle due commissioni in una nuova commissione di 13-15 componenti; l'impiego a tempo pieno dei componenti delle commissioni stesse.

Sul primo aspetto l'intento è chiaro. Che Cts e Cpr dovessero lavorare più strettamente in sintonia non c'erano dubbi. Se si fosse voluto, si sarebbe potuto perseguire questo risultato negli anni passati, indipendentemente da qualunque legge. Le due commissioni, infatti, avrebbero potuto operare almeno per una parte del tempo in maniera congiunta e coordinarsi meglio attraverso la partecipazione incrociata di alcuni componenti (o dei due presidenti).

Nuova Commissione a tempo pieno?
Suscita invece parecchie perplessità prevedere che i componenti della nuova commissione siano impiegati a tempo pieno. In primo luogo, per quale tipo di funzione si pensa di coinvolgere la commissione? In una istituzione che funziona bene, l'attività ordinaria di una commissione non richiede che gli esperti esterni lavorino a tempo pieno. Al contrario, il ruolo degli esperti esterni dovrebbe riguardare compiti di consulenza e/o decisionali su materie controverse, e di supervisione su quelle che non destano problemi.

Si sa che uno dei requisiti per un buon funzionamento delle commissioni è rappresentato dal lavoro di segreteria che c'è alle spalle. Se questo è il problema, aumentare la quantità di lavoro dei componenti delle commissioni potrebbe essere poco utile. Appare cioè poco plausibile che se un'istituzione come l'Aifa, con oltre 400 persone che lavorano a tempo pieno, non riesce a garantire un'adeguata attività di segreteria alle commissioni, questa sia risolta “assumendo” 13-15 persone aggiuntive. Per quanto bravi possano essere gli esperti che lavoreranno a tempo pieno in questa nuova commissione, non potranno modificare sostanzialmente le capacità di lavoro di un'intera istituzione.

Quali esperti? In secondo luogo, a quali figure di esperti si pensa? Quello che ciascuno di noi si augura è che i componenti di una commissione dell'Aifa siano scelti fra le persone con maggiore qualificazione nel campo del farmaco. Inevitabilmente, queste persone ricoprono quasi sempre ruoli di responsabilità all'interno delle istituzioni di appartenenza. Facciamo un esempio concreto. Quando nel 1993 è stato proposto al professor Garattini di dirigere quella che allora si chiamava Cuf (Commissione unica del farmaco), per ridefinire il nuovo prontuario farmaceutico dopo l'epoca degli scandali di tangentopoli, non gli è stato richiesto – per fortuna nostra – di scegliere fra la direzione dell'Istituto Mario Negri e l'appartenenza alla Cuf. Tutto sommato, condizioni simili riguardano un professore universitario nel pieno della carriera lavorativa o il responsabile di un servizio farmaceutico regionale. Verosimilmente, per trovare persone disponibili, bisognerà rivolgersi a persone con una minore qualificazione, e/o molto giovani o vicine alla pensione. Per evitare questo effetto perverso, in tutto il mondo le commissioni sono di norma costituite da esperti che non devono rinunciare al loro incarico principale.

Un po' di storia
C'è poi un terzo problema. Si rischia di lasciare intendere che alcune serie difficoltà che si osservano nel settore del farmaco dipendano da uno scarso impegno degli esperti che compongono Cts e Cpr anziché da difficoltà interne all'Aifa. Due esempi per tutti. Il primo ci porta al 2012, quando con l'intento di evitare che ogni Regione avviasse gare di acquisto ospedaliero per categorie omogenee di farmaci, una legge ha previsto che fosse l'Aifa a stabilire i casi in cui un gruppo di farmaci può essere considerato terapeuticamente sovrapponibile. Ci sono voluti oltre 3 anni per arrivare, a marzo 2016, a varare una linea guida con i criteri da adottare. Dopo solo un mese e mezzo il provvedimento è stato sospeso dalla stessa Aifa e al momento non ci sono informazioni su quando vedrà la luce. Un ritardo clamoroso di questa entità, una mancata attuazione di una legge nazionale che se adottata tempestivamente avrebbe determinato risparmi di parecchie centinaia di milioni per l'Ssn – senza alcun danno ai cittadini - non sono certo dipesi dal fatto che le commissioni Aifa avessero esperti impegnati part time.

Un altro esempio riguarda il fatto che nel 2015 c'è stato uno sfondamento di circa due miliardi nella spesa farmaceutica, senza che venisse proposta alcuna strategia credibile per evitare la creazione di ulteriore debito pubblico. Di nuovo, in che modo un impegno a tempo pieno dei componenti Cts e Cpr avrebbe potuto evitare questo risultato negativo?
Facciamo così dappertutto? Da ultimo, sarebbe utile un test mentale. Se davvero si ritiene che sia vincente il modello degli esperti che accettano di lavorare a tempo pieno nelle commissioni, perché non estenderlo a tutte le commissioni e comitati pubblici. Ad esempio, perché non proporre che i componenti del CdA dell'Aifa – organismo non meno importante delle commissioni tecniche – si dimettano dai rispettivi incarichi per lavorare a tempo pieno per l'Aifa. Cosa ne pensano i due Assessori dell'Emilia Romagna e della Lombardia presenti in CdA?

Una fase di discussione
In conclusione, se ci sono componenti delle attuali commissioni Aifa che sono assenteisti, si deve trovare il modo di sostituirli. Se si ritiene che l'Aifa debba essere potenziata con una quindicina di esperti che – in “comando” da altre istituzioni – diano una mano all'attività di segreteria delle commissioni, anche questo deve essere reso possibile. Se invece si vuole adottare una proposta come quella di ridisegnare ruoli e funzionamento delle commissioni Aifa, perché non aprire una fase di discussione, anche solo di 30-60 giorni? Sarebbe saggio, da parte di chi avanza la proposta di cambiamento, presentare un'analisi documentata delle cause di malfunzionamento e spiegare quali sono in concreto gli aspetti che verrebbero corretti. Ciò consentirebbe di mettere a confronto le diverse opinioni prima di prendere una decisione che potrebbe avere conseguenze rilevanti nella gestione del farmaco e costituire un precedente anche per altri settori. Sarebbe un segno di forza e si eviterebbe di dare l'impressione che si voglia far passare sotto silenzio una proposta che altrimenti non avrebbe molte probabilità di successo.

Le opinioni espresse dall'autore sono personali e non riflettono necessariamente quelle dell'istituzione di appartenenza


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