Dal governo
Più risorse e alleanza pubblico-privato nel nuovo Sistema italiano di Cooperazione allo sviluppo
di Michelangelo Bartolo (Servizio di telemedicina A.O. S Giovanni Addolorata – Roma)
Ci siamo: dopo quasi due anni dall'approvazione della legge 125 dell'11 agosto 2014, sulla riforma della cooperazione italiana, è stato presentato ieri alla Farnesina il nuovo sistema Italiano di cooperazione allo sviluppo. Si tratta di un adeguamento ai modelli prevalenti nei paesi Ue.
Un sistema composto da tre anime: la definizione delle politiche da parte del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale affidata al Vice Ministro Mario Giro, dalla istituzione di un'Agenzia per la Cooperazione allo Sviluppo guidata da Laura Frigenti e da un braccio economico realizzato anche grazie al supporto di Cassa Depositi e Prestiti, governato da Bernardo Bini Smaghi.
Quali le novità principali? Alcune le ha evidenziate il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni che ha annunciato un aumento delle risorse dedicate alla cooperazione che passeranno da «un'imbarazzante 0.12% del Pil, allo 0,22% nel 2018 per arrivare, si auspica, allo 0,30% nel 2020».
«La cooperazione non è un lusso - ha sottolineato il vice ministro Giro - ma una nuova estroversione del nostro paese che deve tornare ad essere protagonista nello scenario internazionale». In un momento storico in cui la minaccia del terrorismo tenderebbe a far alzare barriere e chiudere le porte, investire con progetti di cooperazione in altri paesi è un segno di lungimiranza e un modo per non lasciarsi prendere dal pessimismo.
Ma la novità principale è forse l'alleanza tra il pubblico e il privato nei progetti di cooperazione: una sinergia per guardare oltre i confini nazionali e per promuovere progetti concreti. A tal scopo è stata creata la Conferenza nazionale, un organo di discussione e di consultazione, con rappresentanti del mondo del profit e del no profit. Organo che si è riunito subito dopo la conferenza stampa.
Altra significativa novità è un importante coinvolgimento dei Comuni e delle Regioni italiane, a cui saranno dedicati fondi, che dovranno promuovere e sostenere nuovi modelli di cooperazione decentrata specie nel campo della sanità e della difesa e la promozione del nostro patrimonio culturale.
Si tratta di una sfida anche per il nostro sistema sanitario che sarà sollecitato ancora di più a dedicare risorse e progetti per la cooperazione nel campo sanitario. Si pensi, ad esempio a tutto il mondo della telemedicina e ad alcune esperienze italiane che già lavorano da anni in questo campo.
Rivista e allargata la lista dei paesi “prioritari” a cui l'Italia deve guardare. L'Africa e i paesi del bacino del Mediterraneo sono le aree sicuramente al centro dell'attenzione del nuovo sistema di cooperazione italiana.
Durante la presentazione, a cui hanno partecipato moltissimi ambasciatori e rappresentanti del mondo delle principali Ong italiane, è stato evidenziato più volte che la cooperazione non deve essere intesa come un intervento di beneficenza a fondo perduto ma un investimento, un volano anche per rilanciare l'economia del nostro paese.
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