Dal governo

Cronicità e malattie reumatologiche: il Piano nazionale non può più aspettare

di Antonella Celano*

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24 Esclusivo per Sanità24

Sono oltre 150 le malattie reumatologiche. Diverse e semi-sconosciute, tratteggiano la quotidianità di oltre 5,5 milioni di persone in Italia, toccando il 10% della popolazione, confinandola nella nebulosa della cronicità anche già a partire da un'età pediatrica, e andando a costituire la seconda causa di invalidità, con un'incidenza sul totale della spesa pensionistica che si attesta al 27% ed una su quella sanitaria che, dati ISTAT alla mano, supera i 4 miliardi di Euro annui, a fronte di un'aspettativa di vita sempre più alta.
E' un dato forte, che impone una riflessione attenta ed un esame che parta dall'analisi della situazione effettiva e vada a riconsiderare la gestione della struttura sanitaria e del budget ad essa destinato. E' una sfida politica, istituzionale e sociale che l'emergenza COVID-19 ha reso quanto mai urgente raccogliere e che deve trovare una sintesi in grado di garantire ad ogni individuo il pieno diritto alla salute, inteso nel suo senso più intrinseco ed assoluto di massimo benessere psico-fisico possibile. Solo così l'incremento costante dell'aspettativa di vita assume valore.

L'invalidità conseguente all'insorgenza di una malattia reumatologica non tempestivamente ed adeguatamente curata è un rischio che si concretizza nel 50% dei casi più importanti. Sono patologie che escludono, riducendo pesantemente la capacità attiva della persona con un impatto negativo sulla sua vita sociale, familiare e lavorativa, ed una inevitabile ricaduta economica sul Sistema Sanitario e previdenziale.
Se la pandemia ha moltiplicato le urgenze e amplificato problematiche antiche, le strutture dell'assistenza territoriale hanno però messo in evidenza tutte le loro imperfezioni e reso l'intero sistema incapace di esprimere a pieno il suo pur grande potenziale. La sfida è trasformare questa devastante esperienza in opportunità e considerare concretamente le priorità. Assicurare l'accesso ad una diagnosi precoce, in grado di ridurre l'impatto della malattia sulla dignità della persona, sul valore della sua vita anche nella dimensione collettiva di questa, e sull'intero sistema socio-sanitario è indispensabile. Vanno colmate le differenze qualitative tra regione e regione, e garantito l'accesso alle cure cancellando selezioni inique per le quali tempestività, precisione, disponibilità ed efficacia delle cure siano direttamente proporzionali al livello economico dell'individuo.

Qualora il Piano nazionale della Cronicità fosse stato effettivamente applicato, avrebbe consentito, anche in emergenza COVID-19, continuità di assistenza e di cura e valorizzazione della medicina del territorio, con riverberi virtuosi in termini di riduzione della sofferenza, di insorgenza di comorbidità evitabili e di ottimizzazione delle risorse. Ancora una volta, con la stesura stessa del Piano Nazionale della Cronicità, il nostro Paese ha dimostrato tutta la sua lungimiranza qualitativa in termini di ideazione, programmazione e capacità di previsione gestionale della problematicità sanitaria comune. Resta tuttavia, nella sua integra gravità, la non nuova deleteria carenza rispetto ad una capacità attuativa che poco esprime più di un confuso miraggio ancorato agli incongruenti labirinti applicativi e ai divari sperequati dei ventuno micro-sistemi sanitari regionali.
Ciò che appare quindi imperativo adesso è ripartire dalla necessaria applicazione del Piano Nazionale della Cronicità in modo da rendere uniformi qualità, tempestività e certezza della cura su tutto il territorio e a beneficio di ogni singolo individuo e dell'intero sistema paese.

Presidente APMARR - Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare


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