Europa e mondo

Il 5% dei migranti arrivati in Europa ha bisogno di cure. Il punto alla Conferenza dell’Oms Europa a Roma

di B.Gob.

Servono dati epidemiologici affidabili, la formazione degli operatori, strategie affidate a un’attenta pianificazione e soprattutto la piena aderenza ai principi di equità, solidarietà e rispetto dei diritti umani. Ed è anche così, offrendo aiuti e sostegno concreto a chi arriva in fuga da Paesi disastrati e perennemente in bilico, che si respinge l’offesa terroristica che da ultimo si è scatenata negli attacchi di Parigi. «Non possiamo rifugiarci in una reazione emotiva - ha avvertito la ministra della Salute Beatrice Lorenzin, che sta ospitando l’incontro -: sono tempi difficili in cui viene chiesto alla leadership che noi rappresentiamo di essere in grado di fronteggiarli, anche utilizzando modelli e strumenti innovativi. Dobbiamo dare risposte epocali». Riuniti oggi e domani a Roma, gli alti rappresentanti del settore sanitario dei 53 paesi della Regione Europea dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e di altre organizzazioni internazionali, stanno dunque facendo il punto sulle priorità d’intervento relative agli spostamenti su larga scala di rifugiati e migranti in Europa. L’obiettivo è concordare un approccio comune per la loro salute, che sarà sintetizzato domani in un documento finale che fungerà da piattaforma per la prossima conferenza dell’Oms Europa, a settembre 2016.

Intanto, oggi sono stati messi in fila i dati e tracciato lo stato dell’arte. I numeri: nel 2015 sono entrati nella regione europea oltre 700mila rifugiati e migranti, in aggiunta ai 2 milioni di rifugiati in Turchia. Moltissimi sono donne e bambini. Per le prime si tratta spesso di vivere un «dramma nel dramma», ha ricordato ancora la ministra, oggetto come sono di violenze, stupri o riduzione in schiavitù. Mentre i minori arrivano in condizioni, se non fisiche, psicologiche terribili. «L’allarme sanitario riguarda sempre i soggetti più deboli». Fino al 5% di queste persone che arrivano alle nostre frontiere richiede assistenza medica, essenzialmente per problematiche conseguenti al lungo viaggio e alle circostanze disagiate in cui si sono trovate. Per lo più presentano lesioni accidentali, ustioni, ipotermia, episodi cardiovascolari, gravidanze e complicanze legate al parto, o malattie croniche come diabete o ipertensione. Molto difficilmente si tratta di patologie gravi d’importazione, come ebola o tubercolosi. Mentre al centro dell’agenda sanitaria, è il tema delle vaccinazioni. A questo proposito, Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), Unicef e Organizzazione mondiale della sanità (Oms), «hanno firmato un joint statement sui principi generali della vaccinazione di rifugiati, richiedenti asilo e migranti nella Regione europea, che prevede di somministrare i vaccini anti-morbillo, parotite, rosolia alle persone che intendano rimanere in qualsiasi Paese della zona per più di una settimana». Ad annunciarlo Zsuzsanna Jakab, direttore Oms Europa. Il documento raccomanda che non ci siano inutili ritardi nella vaccinazione dei migranti secondo i programmi di immunizzazione nazionali di qualsiasi Paese in cui le persone intendano risiedere per più di una settimana. Devono essere i governi, dunque, a dare la priorità alle vaccinazioni contro morbillo, parotite e rosolia e contro la poliomielite. La vaccinazione non è raccomandata ai valichi di frontiera, a meno di focolai di malattie prevenibili con vaccino nel Paese ospitante o di transito.

Intanto in Italia, negli ultimi due anni sono già stati vaccinati 100.000 migranti dei 263mila arrivati via mare. Quanto a presa in carico e assistenza sanitaria, il nostro Paese è una best practice riconosciuta. «Non abbiamo avuto una sola epidemia, eppure abbiamo avuto centinaia di falsi allarmi - ha ricordato ancora Lorenzin - decine e decine rigiardanti ebola. I nostri ospedali hanno accolto migliaia di persone, gestito un numero altissimo di parti e malattie secondarie. Le nostre navi sono le uniche con sale operatorie a bordo. E - è la chiosa rrivolta agli altri Paesi - abbiamo fatto tutto da soli, in piena crisi economica, rispettando il patto di stabilità e i limiti interni»


© RIPRODUZIONE RISERVATA