Imprese e mercato

Previdenza sanitaria integrativa, una crescita a piccoli passi

di Ernesto Diffidenti

Chi ricorre ad una polizza sanitaria integrativa abita nelle regioni del Nord, ha più di 45 anni ed appartiene ad un ceto sociale medio- alto con un miglior stile di vita e stato di salute. E’ l’identikit tracciato nell’ambito del convegno “La previdenza sanitaria integrativa: configurazione, dimensione, effetti e policy” organizzato dall’Ordine dei medici di Roma presieduto da Giuseppe Lavra con il patrocinio dell’Assemblea capitolina.

«La percentuale di popolazione assicurata è aumentata dal 14% del 2013 al 15,1 del 2015 per un numero pari 9,128 milione di individui - sottolinea Aldo Piperno dell’Università di Napoli che ha stilato un rapporto con numeri e trend della previdenza sanitaria intergrativa - . L’incremento 2013 - 2015 si è registrato in tutte le aree del paese, ma è stato lievemente più alto nelle regioni del Nordovest (20,2 rispetto al 17% del 2013) e nelle Isole (8,8% verso 6,2%). La distribuzione per area, invece, in tutti gli anni è concentrata soprattutto nel nord e a seguire presso le popolazioni del centro Italia».

La maggiore concentrazione di assicurati riguarda la classe di età tra i 45 e i 64 anni (22,4%) e 21,5%, sia nel 2015 che nel 2013. La concentrazione è più evidente se si confronta (per il 2015) la percentuale della popolazione tra i 45 e i 64 anni (3.863.798) sulla popolazione totale della classe d’età (17.217.718) che è pari al 28,5%, con quella degli assicurati di questa classe di età (3.863.798) con tutti gli assicurati (9.128.771) pari al 15,1%. «C’è una eccedenza di assicurati della classe di età superiore di 13,9 punti percentuali - sottolinea Piperno -. La stessa configurazione si registra negli anni precedenti, confermando con ciò che ad essere maggiormente interessata al fenomeno del welfare privato è la popolazione attiva, sommando alla precedente anche la classe d'età tra i 25 e i 44 anni».

La percentuale di uomini (17,8%) è superiore tra gli assicurati a quella delle donne (12,6%)

Lo stato assicurativo e il livello di istruzione della popolazione
«Gli assicurati in possesso di un titolo di studio superiore (diploma di scuola superiore e università) - spiega Piperno - rappresentano mediamente un quarto di tutti coloro che hanno quei titoli di studio (28,5% e 20,2%) e sono allo stesso tempo il 64,6% di tutti gli assicurati, mentre rappresentano il 43,3% della popolazione con quei titoli di studio (il fenomeno risulta lievemente accentuato rispetto al 2013). Emerge, in sostanza, che la diffusione delle coperture assicurative è prevalente negli strati sociali più alti prendendo ad indicatore il livello di istruzione».

La spesa degli italiani per la salute
Il totale della spesa delle famiglie, secondo il rapporto dell’Università di Napoli, è stato pari a 34,6 miliardi, di cui quasi 2,1 miliardi sono stati spesi da famiglie coperte da assicurazione e i restanti 32,5 da famiglie non assicurate. In percentuale, si tratta rispettivamente del 6,1% e del 93,9% della spesa totale. In numeri assoluti, le spese più elevate riguardano i medicinali (13,2 miliardi), il dentista (8,8 miliardi), le visite specialistiche (4,4 miliardi), le analisi cliniche (1,7), infermieri e paramedici (1,2) e gli occhiali da vista (1,9). «Gli assicurati - nota Piperno - sono percentualmente di più (rispetto alla percentuale media del totale pari a 6,1%) nel caso della spesa per gli specialisti (7,6%), i dentisti (6,9%) e le analisi cliniche (7,3%)».

Le prospettive della previdenza sanitaria integrativa
La stima più realistica prende in esame sia l’incremento degli assicurati che la propensione al consumo degli assicurati rispetto ai non assicurati e alla popolazione totale. «Secondo questo tipo di previsione la spesa pubblica si collocherebbe intorno al 71,9% della spesa totale % nel 2025 (oggi, 76,1%) e quella privata intorno al 28,1% (oggi, 23,9%) - spiega Piperno -. La ripartizione all'interno di quella privata sarebbe nel 2025 il 19 % dell’outofpocket e il 9,1% dell’intermediata, rispetto al 20,1% e al 3,7% del 2016».
Insomma, il secondo pilastro della sanità cresce ma non sfonda. Dalla lettura del rapporto, infatti, non sembrano emergere sviluppi “eclatanti” della spesa e della sua composizione. «Non sembrerebbe verificarsi, cioè - dice Piperno - un ribaltamento di grandissime proporzioni rispetto allo stato attuale. In tal senso, le stime sono conservative».

I profili problematici del secondo pilastro
Secondo il rapporto diversamente da quanto in generale viene rappresentato pubblicamente sulla assoluta “bontà” della sanità integrativa da parte di una pluralità di attori (soprattutto da stakeholders e talvolta da policy makers), «la realtà e i fatti accertati attraverso studi, indagini empiriche ed elaborazione di dati anche di organizzazioni internazionali, informano invece sull'esistenza di parecchi profili problematici del secondo pilastro». E’ stato dimostrato, infatti, già a partire dagli anni Novanta che «quando l’assicurazione sanitaria privata assume la forma di un’assicurazione sostitutiva o additiva rispetto a quella pubblica aumentano i consumi e la spesa sanitaria complessiva, quella privata e quella pubblica. Solo l’assicurazione complementare, quella cioè che riguarda beni e servizi non contemplati nella copertura pubblica risulta più efficiente sotto questo profilo». Insomma, uno stato assicurativo doppio aumenta il consumo di prestazioni sanitarie e quindi la spesa sanitaria complessiva, semplicemente per il fatto che più risorse vengono convogliate verso la sanità. Pesano, inoltre, i costi amministrativi dovuti all’attività di marketing, ricerca e sottoscrizione dei contratti, che per l’Ocse si assestano intorno al 10% dei premi e contributi riscossi con vette del 15% circa. E, infine, c’è chi ha verificato la possibilità che la riduzione dei sussidi pubblici erogati attraverso la concessione di incentivi fiscali o sgravi possa determinare un ritorno al pubblico e in generale una riduzione della spesa. «In ogni caso - conclude Piperno - non si esclude che l’affiancamento di una componente privata al Ssn possa essere utile ed auspicabile ma occorre preventivamente definirlo nelle modalità e studiarlo nella sua evoluzione».


© RIPRODUZIONE RISERVATA