Lavoro e professione

Gastroenterologia, Sos appropriatezza: solo il 7,4% dei pazienti è curato nel reparto giusto. E mortalità e costi lievitano

di Antonio Balzano (presidente Associazione Italiana Gastroenterologi ed endoscopisti Ospedalieri - Aigo)

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24 Esclusivo per Sanità24

Essere curati dallo specialista “giusto”: nell'epoca delle autodiagnosi fatte grazie alle informazioni raccolte su internet e delle visite specialistiche autoprescritte sembra una banalità. Eppure non è così. O almeno non lo è per chi soffre di patologie dell'apparato digerente: solo il 7,4% di questi pazienti, infatti, è ricoverato nel reparto d'elezione, la gastroenterologia. Ciò comporta gravi ricadute in termini di durata del ricovero, di appropriatezza delle cure e di mortalità, come emerge da un'analisi che l'Associazione Italiana Gastroenterologi ed endoscopisti Ospedalieri (Aigo) ha condotto in collaborazione con il ministero della Salute.
Non bisogna credere che si tratti di uno dei tanti problemi della sanità italiana. L'incidenza delle malattie digestive lo rende, infatti, centrale: nel 2014 hanno rappresento la seconda causa di ospedalizzazione con 878.729 casi, pari al 10% di tutti i ricoveri in Italia per patologie acute.
Né che si tratti solo un problema per i manager del settore. Interessa prima di tutto i pazienti: la mortalità intraospedaliera, infatti, è pari al 2,2% in gastroenterologia ma raddoppia negli altri reparti, salendo sino a una media del 4,1%.
Fatte le debite proporzioni, risulta che il numero di pazienti seguito al di fuori delle gastroenterologie è molto elevato, pari a oltre 812.000 persone. Ma verso quali reparti è “dirottato” un numero così elevato di pazienti? Il 49,8% in unità di chirurgia, per il 23,9% in medicina, il 5% in pediatria e il 13,6% in altre unità operative ancora.
E' vero che alcune piccole quote di essi, come per esempio i bambini ricoverati in pediatria o le donne in gravidanza seguite in ginecologia, non potrebbero essere curati in unità diverse da queste ultime ma, fatte salve queste giuste eccezioni, si tratta di un numero ancora molto elevato: se si prendono in considerazione solo i pazienti ricoverati in chirurgia o in medicina, stiamo parlando di oltre 641.000 persone.
Non è un azzardo includere anche le chirurgie in questo calcolo, nonostante il tipo di prestazione sia ovviamente radicalmente diverso da quello medico dell'unità di gastroenterologia. Anche nelle chirurgie, infatti, è molto elevato il numero di pazienti con malattie dell'apparato digerente che non dovrebbe esservi ricoverato: se si analizzano i Diagnosis Related Group (Drg) presenti nelle schede di dimissione, il 40% dei pazienti ricoverati in chirurgia per queste patologien (196.000) necessità in realtà di un trattamento medico e non chirurgico. Le chirurgie in questo modo devono prestare terapie mediche che non rientrano nei loro compiti specifici.
Partendo da questo presupposto è facile immaginare come anche la qualità della cura e la durata dell'ospedalizzazione ne risentano.
Il dato sull'appropriatezza dei ricoveri è molto più basso negli altri reparti rispetto a quanto accade in gastroenterologia. Premettendo che nell'ambito delle malattie dell'apparato digerente sono frequenti i casi con un elevato grado di complessità, i ricoveri in gastroenterologia in media sono appropriate nell'81,27% dei casi a fronte di solo il 66,5% negli altri reparti. Nel dettaglio, sono inappropriate le cure del 30,87% dei pazienti curati in chirurgia, il 28,28% in medicina generale, il 46,54% in pediatria e il 28,13% nei restati reparti.
Cure meno appropriate si traducono anche in trattamenti più complessi e ricoveri più lunghi. In media, la durata dell'ospedalizzazione per malattie dell'apparato digerente in medicina è di 9,3 giorni e negli altri reparti di degenza 9,9 giorni. In gastroenterologia, invece, la media è 8,1 giorni.
Partendo da questi dati, AIGO stima che se tutti pazienti con malattie dell'apparato digerente fossero ricoverati in gastroenterologia si registrerebbe un risparmio di circa 360.000 giornate di degenza per anno.
Trovare le cause di questa situazione è un lavoro complesso perché sono molti gli elementi concomitanti. Un ruolo di primo piano lo giocano la disponibilità di posti letto e le politiche regionali da cui questa dipende. Se in media in Italia vi sono 3,4 letti di gastroenterologia ogni 100.000 abitanti, sono ben nove le regioni che sono al di sotto di questo dato: Piemonte (2,9 letti ogni 100.000 abitanti), Lombardia (2,5), Provincia di Trento (1,5), Friuli Venezia Giulia (0,7), Toscana (3,0), Abruzzo (1,3), Molise (0), Calabria (3,0) e Sicilia (1,2).
E' un quadro disomogeneo, che accomuna indifferentemente regioni del Nord, del Centro e del Sud.
Quali soluzioni proporre allora? Prima di tutto, a livello regionale creare reti per le urgenze gastroenterologiche, già in fase di realizzazione in Lombardia e Veneto e di organizzazione in Campania e Toscana, che consentirebbe a tutti i pazienti colpiti ad esempio da emorragia gastrica che arrivano in Pronto Soccorso di essere curati da uno specialista in gastroenterologia. E, in secondo luogo, potenziare l'offerta terapeutica in gastroenterologia, anche attraverso l'inserimento della disciplina tra quelle necessariamente presenti nei Dipartimenti di Emergenza e Accettazione (DEA) di primo e secondo livello. In questo modo si otterrebbe una maggiore appropriatezza dei ricoveri, una diminuzione della mortalità e della degenza e un risparmio di risorse da parte del Servizio Sanitario Nazionale.


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