Lavoro e professione

Pubblicità sanitaria, così Fnomceo rimette mano al Codice deontologico

di Silvia Stefanelli (Avvocato Studio legale Stefanelli&Stefanelli)

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24 Esclusivo per Sanità24

Maggiore liberalizzazione alla pubblicità ed apertura alle ipotesi di pubblicità comparativa in ambito sanitario. Così può riassumersi il nuovo art. 56 del Codice di Deontologia Medica pubblicato il 16 giugno sul sito della Fnomceo. La nuova formulazione è il frutto di un ampio contenzioso che ha visto lo scontro tra Agcm e Fnomceo.
Come si ricorderà con provvedimento Acgm 2507/2014 l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato stabiliva che il Codice deontologico medico nella parte relativa alla pubblicità restringeva in maniera ingiustificata la libera concorrenza tra i professionisti, comminando una sanzione alla Fnomceo di circa 800.000 euro .
Tale provvedimento veniva impugnato davanti al Tar Lazio che con sentenza 1° aprile 2015 n. 4943 confermava l’impianto normativo dell'AGCM, precisando che le attuali discipline intervenute in materia di pubblicità professionale (Ln. 248/2006, ln. 148/2011, DRP 137/2012) disciplinano e liberalizzano l'intera materia della pubblicità sanitaria e non ammettono limitazioni deontologiche ulteriori rispetto a quelle stabilita dalla legge.
La successiva sentenza del Consiglio di Stato 167/2016 chiudeva la vicenda con una sentenza di contenuto solo processuale, stabilendo che il procedimento di accertamento dell'intesa posto in essere dall'Agcm e culminato con il provvedimento del 4 settembre 2014 era viziato da prescrizione .
Preso atto comunque di quanto emerso nel provvedimento dell'AGCM e nella sentenza Tar Lazio 4943/2015, la Fnomceo decideva di mettere di nuovo mano alla materia della pubblicità sanitaria, accogliendo per buona parte le indicazioni emerse nel corso della vicenda giudiziaria.
Da qui la nuova formulazione dell'art. 56 del Codice di deontologia medica sulla pubblicità.
In primo luogo, in linea con la disciplina generale in materia, si chiede che la pubblicità sia «veritiera, corretta e funzionale all'oggetto dell'informazione, mai equivoca, ingannevole e denigratoria»: sono quindi scomparsi gli aggettivi “prudente” e “pertinente” (che permanevano nella precedente versione). Si solleva qualche dubbio sulla locuzione «funzionale all'oggetto dell'informazione» che nella sua vaghezza può consentire agli ordini professionali (chiamati a controllare la pubblicità) applicazioni molto restrittive dei contenuti o delle forme che si reputano di adottare per la promozione della propria attività professionale.
Ma la vera novità è la pubblicità comparativa. Così infatti la nuova formulazione dell’art. 56: «È consentita la pubblicità sanitaria comparativa delle prestazioni mediche e odontoiatriche solo in presenza di indicatori clinici misurabili, certi e condivisi dalla comunità scientifica che ne consentano confronto non ingannevole». Si tratta senza dubbio di una rivoluzione in materia, che apre la strada ad una nuova epoca in ambito di strumenti per la promozione delle prestazioni sanitarie.
Solo due considerazioni: molto corretto sancire che il confronto è legittimo a patto che non sia ingannevole: si tratta peraltro di un principio sancito da sempre da tutta la giurisprudenza in ambito di comparativa; molti dubbi invece sul richiamo ad indicatori di natura clinica che devono essere «misurabili, certi e condivisi dalla comunità scientifica».
Ma quali sono gli indicatori “certi” e che possano qualificarsi “condivisi” dalla comunità scientifica (che come noto ha molte difficoltà a trovare punti di accordo)?
Non era meglio richiamare in generale i criteri della pubblicità comparative di cui all'art. 22 e 23 del codice del Consumo, che recepisce la disciplina comunitaria valida anche nel rapporto tra professionisti e pazienti?


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